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Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliLa vicenda di Cornelius Gurlitt ha scosso l’opinione pubblica tedesca nel 2010, quando un pensionato, individuato dalla polizia in treno con una cospicua somma in contanti, si è rivelato proprietario di un vero e proprio tesoro d’arte, mancante dal 1945, scomparso durante il tremendo bombardamento incendiario di Dresda. Cornelius Gurlitt è morto a maggio 2014, lasciando in eredità al Kunstmuseum di Berna la sua collezione.
Dietro alla storia ricostruita da Meike Hoffmann (berlinese, specialista in ricerche sulla provenienza e coordinatrice del progetto di ricerca sull' Arte degenerata della Freie Universität di Berlino, Degenerate Art Research Centre, dopo il ritrovamente della collezione Gurlitt a Monaco era stata incaricata dal pubblico ministero di Amburgo di risalire alla paternità delle opere, Ndr), c’è la figura ambigua e sfuggente del padre dell’uomo, Hildebrand (1895-1956) figura di spicco nelle arti degli anni Venti in Germania, legato alla produzione contemporanea, anche per via della sorella Cornelia, pittrice, amica di Chagall, poi divenuto agente di fiducia per le acquisizioni artistiche del Führer. Collezionista, curatore di mostre, direttore di musei (a Zwickau, e al prestigioso Kunstverein di Amburgo), a lungo sostenitore della ricerca contemporanea, di cui promosse la rapida musealizzazione, dopo gli attacchi all'«arte degenerata», seppe cambiare ruolo.
Di fatto, come dimostrano i molti documenti inediti nel libro, egli divenne coordinatore dei furti agli ebrei e agli oppositori del regime, e accantonò una fortuna, mentre nel frattempo raccoglieva per sé lavori, e con altri esperti definiva canali per la vendita all’estero delle opere che il regime condannava. Suo il compito di raccogliere opere «classiche» germaniche, per l’incompiuto progetto hitleriano del museo di Linz, mentre accantonava una collezione stellare. Dopo la guerra dichiarò di aver perduto quasi tutto nei bombardamenti, e riuscì anche a recuperare dagli americani un gruppo di opere sequestrate, dichiarando di averle acquistate in modo legale.
Meike Hoffmann e Nicola Kuhn raccontano come in un thriller il profilo complesso di un protagonista della ricerca estetica del suo tempo, che ha vissuto con una identità doppia per tutta la sua esistenza, lasciando dietro di sé segreti, misteri e una strepitosa collezione.
Il mercante d’arte di Hitler, di Meike Hoffmann (con Nicola Kuhn), traduzione di Matteo Anastasio, 382 pp., Newton Compton, Roma 2016, € 12,00
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