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«L’arte dei dormienti»: così Filippo Tommaso Marinetti aveva bollato il Surrealismo. Nondimeno André Breton definiva il Futurismo «l’avanguardia del rumore e della propaganda». Sui due lati della barricata, il fascista (Marinetti) e il comunista (Breton) se la sono data di santa ragione. Ma oggi il vincitore assoluto è uno solo, il papa del Surrealismo che ha portato il suo movimento in vetta e più la crisi imperversa e maggiore è l’attrazione verso gli artisti dell’inconscio. Nel solo 2024 René Magritte ha ottenuto al pubblico incanto 312 milioni di dollari con 175 opere tra cui la più grande versione de «L’empire des lumières» (ne esistono 17 con lo stesso soggetto) aggiudicata per 121 milioni di dollari il 19 novembre da Christie’s a New York. Sull’altro fronte, i ben più rivoluzionari futuristi, i soli a porsi in diretta relazione con la trasformazione tecnologica della società, sono al palo. O almeno alzano la testa solo in presenza dei pochissimi capolavori museali ancora in circolazione. E per poter circolare devono essere fuori dall’Italia, visto che dal suolo patrio è praticamente impossibile uscire, con la tagliola della notifica pronta a scattare all’istante.
Mentre il Surrealismo prosegue la sua marcia trionfale con i 100 milioni di dollari della collezione di Pauline Karpidas tutta venduta capitanata proprio da Magritte («La Statue Volante» del 1958 è stata aggiudicata per 13,7 milioni di dollari) a cui seguiranno una serie di eventi previsti a Parigi in autunno e le consuete aste monografiche nella primavera prossima, il Futurismo perde terreno e si contano sulle punta delle dita di una mano le opere che negli ultimi dieci anni hanno superato la soglia del milione di euro. Di queste, nessuna in Italia.
Fa discutere il Boccioni postumo
A dominare la breve classifica è un record assai chiacchierato che ha coinvolto la celebre scultura di Boccioni «Forme uniche della continuità nello spazio», realizzata in gesso nel 1913 e fusa solo molto tempo dopo la sua morte (una di queste realizzazioni, proveniente dalla Collezione Bilotti, è stata esposta nell’ambito della recente mostra romana «Il Tempo del Futurismo» alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, per poi essere ritirata dallo stesso proprietario). L’esemplare proposto l’11 novembre 2019 da Christie’s a New York, fuso in bronzo nel 1972, aveva fatto storcere il naso a molti aprendo un dibattito sull’annosa questione delle fusioni postume. Nonostante questo, la scultura, contesa da ben sette pretendenti, è stata aggiudicata per 16,1 milioni di dollari rispetto a una stima di 4 milioni, nuovo record per Boccioni e la seconda aggiudicazione più alta mai raggiunta da un’opera futurista superata solamente da «Danseuse» di Gino Severini, capolavoro del 1915 messo in vendita dal Guggenheim Museum, che nel lontano 25 giugno 2008 si era imposto da Sotheby’s a Londra per 15 milioni di sterline. Per trovare un’altra aggiudicazione top di Severini bisogna attendere il 3 febbraio 2015 quando sempre da Sotheby’s a Londra «Ritratto astratto di Madame M.S.», dedicato a Meyer-See, moglie di un noto gallerista londinese (il pastello è conservato al Mart di Rovereto) ha fatto fermare il martello del banditore a 7,1 milioni di sterline. E dieci anni dopo, il 12 maggio 2025 da Christie’s a New York, un’altra poetica «Danseuse» che sembra evocare Paul Klee, giocata sulla scomposizione dei piani e appartenuta già nel 1917 al fotografo Alfred Stieglitz, ha dovuto accontentarsi di un’aggiudicazione pari a 3,2 milioni di dollari. Scartabellando tra i top price non va dimenticato «Testa+luce+ambiente», uno straordinario dipinto realizzato da Boccioni nel 1912 proveniente dalla collezione di Margherita Sarfatti e acquistato nel 1990 da Volker Feierabend (lo vendette nel 1998), che il 28 febbraio 2018 da Sotheby’s a Londra ha raggiunto i 9 milioni di sterline. Quanto a Giacomo Balla, è necessario risalire al 6 novembre 2013 per ritrovare il suo primato messo a segno da «Automobile in corsa» aggiudicato nella vendita di Sotheby’s a New York per 11,5 milioni di dollari. Ma al secondo posto si trova «La scala degli addii» del 1908, un’opera emblematica della relazione tra Divisionismo e Futurismo venduta il 16 maggio 1990 per 4,4 milioni di dollari. Sebbene sembri di risalire alla notte dei tempi, quella fu una data storica per il mercato del Futurismo.
Umberto Boccioni (1882-1916), Forme uniche della continuità nello spazio, creata nel 1913, fusa nel 1972.. La scultura è stata venduta a 16,2 milioni di dollari l'11 novembre 2019 da Christie’s a New York. Foto © Christie’s
La collezione Malbin: un mito insuperato
Il 16 maggio 1990 infatti da Sotheby’s a New York per la prima e unica volta è stata venduta una grande raccolta specializzata nelle avanguardie storiche dove a dare le carte era il movimento di Marinetti. Si trattava del nucleo di opere proveniente da Lydia Winston Malbin, colta e raffinata collezionista che, come racconta Ester Coen nel saggio introduttivo al catalogo, aveva iniziato a occuparsi del Futurismo negli anni Cinquanta seguendo le indicazioni di Benedetta Marinetti, moglie di Filippo Tommaso. L’asta ebbe un successo straordinario con record a pioggia che non coinvolsero solo Balla con cinque capolavori, tra cui il mitico «Pugno di Boccioni» pubblicato in copertina, ma anche Boccioni, Severini, Luigi Russolo, Carlo Carrà e Mario Sironi. Tutti al top con prezzi ancora oggi spesso insuperati.
Peccato che da allora non sia più accaduto nulla di simile e il mercato, nel suo complesso, si sia indebolito pronto a ruggire solo in presenza di opere museali con provenienze e pedigree a prova di bomba. Visto che le occasioni sono così poche, non vale la pena spellarsi le mani, né organizzare iniziative o progetti speciali per promuovere il Futurismo. Ma, come afferma Claudia Dwek, responsabile europea di Sotheby’s per l’arte moderna e contemporanea, non tutto è perduto e «le potenzialità del settore appaiono ancora molto ampie. In Italia nelle collezioni private sono ancora custodite opere degli anni Dieci che se fossero destinate al mercato internazionale potrebbero certamente rilanciare il settore. Con gli attuali limiti all’esportazione tuttavia nessuno le mette a disposizione».
Le fa eco Freddy Battino, responsabile dell’arte contemporanea per Il Ponte, che sottolinea come la notifica rappresenti un ostacolo insormontabile anche per le opere del Secondo Futurismo: «A maggio ho dovuto rinunciare a un’offerta di una fondazione tedesca che in presenza della licenza di esportazione avrebbe acquistato a oltre 300mila euro una scultura di Ram (Ruggero Alfredo Michahelles), non certo il primo della fila. Invece sono stato costretto ad aggiudicarla in Italia per 69mila euro». È evidente come il Futurismo non sia affatto difeso dal mercato che, oltretutto, sconta un cambio generazionale dove i millenial sembrano attratti da altre forme d’investimento. Fortemente ridimensionate sono le opere di passaggio tra Divisionismo e Futurismo e appare piuttosto significativo il caso di «Paesaggio di Civray», una composizione naturalistica di Gino Severini (114,6x195 cm) datata 1908 che il 6 febbraio 2007 da Christie’s a Londra si era imposta per 1 milione di sterline, mentre 17 anni dopo, il 25 giugno 2024 da Sotheby’s a Londra, ha dovuto accontentarsi di un’aggiudicazione pari a 780mila sterline. Ha fatto il passo del gambero anche «Automobile in corsa», tempera di Balla datata 1925 che il 28 maggio 2011 da Farsetti a Prato ha trovato un acquirente disposto a spendere 370mila euro, mentre il 27 maggio 2023 la stessa opera, sempre a casa di Farsetti, non è andata oltre i 272mila euro.
Un falso paravento attribuito a Giacomo Balla (ispirato a un paravento originale conservato al Kröller-Müller Museum di Otterlo, nei Paesi Bassi, autenticato da Elena Gigli nel 2018 come proveniente da Casa Balla e notificato a Torino dalla locale dalla Soprintendenza), previsto in asta da Artcurial Milano, il 3 dicembre 2018, con una valutazione di 400-600mila euro, ma ritirato prima dell’asta. Nel frattempo, ulteriori indagini stilistiche (compresa la consulenza di Giovanni Lista) e analisi tecniche avevano permesso di riconoscerne la falsità
Occhio alle datazioni farlocche
Le problematiche relativa al movimento italiano più importante del Novecento sono molte rispetto a un’eccessiva parcellizzazione dove vengono proposte sul mercato opere di assoluta mediocrità che non fanno altro che deprimere il settore. Nei primi otto mesi del 2025 di Balla (dal 10 ottobre il Palazzo del Governatore di Parma gli dedica una mostra con 60 opere provenienti dalla Gnamc di Roma) sono passati in asta 15 lavori che hanno totalizzato ben cinque invenduti e sola una punta di 46mila euro con quotazioni medie degne di un emergente e non di un gigante dell’arte europea. Lo stesso discorso vale per Fortunato Depero per cui si accumulano invenduti nel mare magnum di un’incontrollata produzione di carte e disegni che spesso si arrestano al di sotto dei 3-4 mila euro. Non c’è dubbio che andrebbe fatta chiarezza stabilendo criteri d’indagine precisi dove, con i giusti pesi e contrappesi, si potrebbe recuperare il Futurismo nella sua completezza sino agli anni Trenta rivalutando figure ingiustamente marginalizzate, in primis Enrico Prampolini (sino all’11 gennaio la collezione di Giancarlo e Danna Olgiati di Lugano propone un confronto con Alberto Burri), ma anche Mino Rosso, Fillia o Gerardo Dottori. È inutile negare che intorno al movimento di Marinetti si sia creata molta confusione anche sotto il profilo storico-critico con attribuzioni azzardate, datazioni inverosimili, inediti fantasiosi e provenienze non verificate. Questo ha sicuramente scoraggiato molti collezionisti timorosi di finire in una palude melmosa da cui non è possibile districarsi. Al di là dell’attendibilità delle autentiche, per i lavori dei grandi maestri rimane fondamentale il curriculum delle opere e una storia espositiva che si sviluppi nel tempo a partire generalmente dagli anni che precedono il secondo conflitto mondiale. Quanto alla bibliografia, il mercato fa affidamento su volumi ormai storicizzati anche se talvolta parziali. Di fondamentale importanza sono gli Archivi del Futurismo a cura di Enrico Crispolti pubblicati in sei volumi (De Luca Editore), una raccolta sistematica di documenti, testi, manifesti, immagini, lettere, articoli e materiali dal 1909 agli anni Quaranta. Per Balla rimane imprescindibile il Catalogo generale di Giovanni Lista pubblicato nel 1982 (Edizioni Galleria Fonte d’Abisso), mentre per Boccioni il riferimento principale è Boccioni. L’opera completa di Maurizio Calvesi e Ester Coen (Electa, 1983). Quanto a Severini, i collezionisti si affidano al Catalogo ragionato di Daniela Fonti (Mondadori, 1988). Insomma, dopo un lungo periodo oscurantista in cui il Futurismo è stato demonizzato a causa della sua vicinanza al fascismo, gli anni Ottanta hanno rappresentato la ripresa degli studi critici con volumi tuttora validi e attuali: «La pubblicistica è stata incrementata negli ultimi decenni ma per il mercato i cataloghi che fanno fede sono ancora quelli prodotto quarant’anni fa. Nell’ambito del Futurismo gli inediti sono pochi e bisogna sempre fare molta attenzione quando spuntano dal nulla opere che non hanno una storia pregressa», ribadisce laconica Mariolina Bassetti, responsabile Christie’s per l’arte del dopoguerra e contemporanea dell’Europa continentale.
Anche sul fronte espositivo e museografico le carenze sono evidenti ed è stato un errore non realizzare a Milano un Museo del Futurismo, più volte suggerito. La città che possiede i nuclei delle maggiori collezioni, dalla Jucker a Jesi sino a Mattioli, poteva fare uno sforzo in più e costituire un luogo di ricerca internazionale espressamente dedicato. Le mostre sul Futurismo poi sono troppe e non sempre di qualità, con una «regionalizzazione» del movimento che ha dato vita a eventi secondari in varie parti d’Italia e talvolta a sotterranei interessi mercantili. Anche in occasione del centenario, a fronte di molte iniziative è mancata un’antologica esauriente in collaborazione con i grandi musei stranieri. E nemmeno la discussa mostra romana «Il Tempo del Futurismo» alla Gnamc poteva rilanciare il settore. Il movimento di Marinetti deve ripartire dall’estero recuperando la visione cosmopolita che lo ha caratterizzato sin dall’inizio. Il ministro Giuli, da vero patriota, ci rifletta.
La «Danseuse» di Gino Severini, capolavoro del 1915 messo in vendita dal Guggenheim Museum e passato in asta nel 2008 da Sotheby’s a Londra per 15 milioni di sterline
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