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Come la televisione di Pippo Baudo, anche il mercato è diventato nazional-popolare: i piccoli risparmiatori, guardati con un certo disprezzo prima che scoppiasse la pandemia, vengono ora accolti nei salotti buoni persino con una certa riverenza. Sono loro, i collezionisti proletari, a far girare la ruota in un sistema messo in crisi da mega milionari, finanzieri e palazzinari che a Picasso preferiscono lo yacht, o sostituiscono van Gogh con la speculazione sulle criptovalute. «No tengo dinero», come cantavano i Righeira, appare come uno stato di fatto, un modo di essere, una filosofia di vita per acquistare in libertà, senza patemi d’animo, sapendo che tutto, prima o poi, andrà in sconto. Del resto, solo nel 2024 le vendite top, al di sopra dei 10 milioni di dollari sono scese del 45% e non sembra proprio che il trend sia destinato a modificarsi nel 2025 (il primo semestre ha fatto segnare una riduzione complessiva del 7,6%) dove fino ad ora il più pagato è stato Piet Mondrian con una composizione astratta con quadrati rossi, gialli e blu del 1922 venduta il 12 maggio da Christie’s a New York per 47,5 milioni di dollari al solo compratore disposto a rispettare le garanzie. In attesa dei munifici Paperoni, il mercato si deve accontentare dei Paperini, di quei compratori anonimi per nulla glamour che tutti insieme, fanno volume e fatturato. Nell’ultimo report pubblicato da Art Basel insieme a UBS, è stato proprio il comparto dei prezzi minimi, al di sotto dei 5mila dollari, l’unico a salire del 7% in valore assoluto e del 13% in termini di scambi, evidenziando un andamento che scalfisce le certezze espresse dai tanti soloni del mercato. Le operette sono apparse quantitativamente determinanti, ben 250mila e addirittura il 55% di queste (170mila) è passata di mano per meno di mille dollari, un record nella storia degli incanti rilanciando settori da tempo rottamati come quelli delle stampe e dei multipli.
Sale il low scende il premium
Certo, in Italia l’Iva al 5%, la più bassa d’Europa, è destinata a dare una boccata d’ossigeno all’intero settore scuotendo i dubbiosi e gli esitanti. Ma basta fare un giro per le fiere, comprese le più blasonate, per rendersi conto che per le gallerie chiudere in pareggio dopo essersi pagate lo stand non è affatto scontato di fronte a un collezionismo sparagnino, attratto ben più dai sottovalutati che dalle opere premium. Se un tempo bastava un piccolo taglio di Fontana da un milione di euro per mettere fieno in cascina, oggi, per raggiungere la medesima cifra, è necessario concludere almeno una ventina di trattative. I tempi cambiano, con un mercato che ha finalmente spalancato le porte ai compratori messi di fronte a occasioni straordinarie in tutti i comparti, con la sola eccezione di uno sparuto gruppo di starlette, che senza fare i conti con le aste, veleggiano indisturbate potendo contare su gallerie potenti che si accollano il ruolo di guardaspalle.
Gli incanti nazional-popolari sono tutt’altro che trascurabili e nel Bel Paese il minimum price è all’ordine del giorno.
Basti pensare a Il Ponte che ha chiuso il primo semestre 2025 con un fatturato complessivo di 18,5 milioni e un surplus dell’8,6% rispetto al medesimo periodo dello scorso anno, viaggiando per almeno l’80% al di sotto dei 30mila euro. Anche il moderno e contemporaneo (6,2 milioni di euro, di poco inferiore al 2024) ha conquistato poche volte la vetta, dove il piazzamento migliore l’ha ottenuto Giorgio de Chirico con una «Piazza d’Italia» del 1953 aggiudicata il 27 maggio a Milano per 448mila euro.
Ma questo non ha impedito di fare risultato non trascurando i prezzi piccoli piccoli: il 28 maggio ha sicuramente realizzato un ottimo affare l’acquirente che si è lasciato attrarre da «Motivo per ricamo con linee di velocità e forme rumore» del 1916, un raffinato lavoro di Giacomo Balla con pastelli e acquerelli su carta di 20,8x29,5 cm, venduto per appena 10mila euro. Non male per una composizione proveniente da Casa Balla e pubblicata nel 1962 sugli Archivi del Futurismo.

Mario Mafai, «La strada», 1952, intensa composizione di gusto espressionista, venduta il 28 maggio da Il Ponte a Milano per 11mila euro. Courtesy of Il Ponte
Il Dorazio di Fausto a 7mila euro
Ma basta addentrarsi nei sentieri del Novecento per scoprire come la Scuola romana sia ingiustamente dimenticata e sempre da Il Ponte il 28 maggio «La strada» del 1952, intensa composizione di gusto espressionista firmata Mario Mafai di 69x104 cm non è andata oltre gli 11mila euro.
Anche il sostenitore della classe operaia Fausto Bertinotti ha compreso a proprie spese come il mercato dell’arte abbia una base popolare. La sua piccola collezione realizzata con la moglie Lella il 2 luglio da Finarte a Milano ha visto primeggiare solo i due «Mao» in 250 esemplari di Andy Warhol venduti per 234mila euro, quattro volte al di sopra delle invoglianti stime.
Ma quasi mai i patrioti sono andati oltre i 10mila euro, nemmeno di fronte a dediche struggenti. Così non è bastata la scritta a mano di Piero Dorazio a Lella Bertinotti «leggiadra colonna del suo compagno, custode e promotore delle nostre speranze!» apposta su una piccola «Composizione» del 2003 per risvegliare la fantasia di qualche nostalgico che invece, con cinismo, si è aggiudicato l’opera per soli 2,4mila euro. Non è stato certo strapagata nemmeno un’altra tecnica mista su carta del 1994 (54x68 cm), sempre di Dorazio e proveniente sempre da Bertinotti che si è arrestata a 7mila euro quando in galleria avrebbero chiesto almeno il triplo.
L’ex presidente della Camera ha fatto poi la gioia di chi, senza troppo impegnarsi, si è assicurato per 3,6mila euro un «Cavallo» in bronzo di Mario Ceroli (43x44x14,5 cm) e per 2,5mila un «Vaso fisiognomico» di Luca Maria Patella.
E sul fronte dei maestri storici la vendita di Finarte presentava anche una significativa testimonianza di Mario Sironi del 1961 con la classica frammentazione degli elementi, venduta per 12,1mila euro quando solo una decina d’anni fa avrebbe totalizzato il doppio.
Nella stessa occasione è scivolata via nell’indifferenza generale una rara scultura in legno di Pericle Fazzini del 1938, esposta quell’anno in Biennale, che ha chiuso la gara a 2,5mila euro rendendo soddisfatti solo i nuovi proprietari.
L’arte plastica è in gran parte ancora da setacciare e il primo giugno da Farsetti a Prato, «Giocoliere», storica realizzazione di Marino Marini del 1932 (27x8x8 cm) non è andata oltre i 9,5mila euro rimanendo lontana dalle aspettative del proprietario che sperava d’incassarne 14mila.
Il 3 aprile poi da Capitolium di Brescia una piccola «Crocifissione» in bronzo di Giacomo Manzù (40x27 cm) si è fermata a 2,7mila euro, la metà de «Le tre grazie al bagno», l’opera figurativa realizzata da Fausto Melotti nel 1930 per Richard Ginori offerta il 29 gennaio durante la vendita fiorentina di Pandolfini.
Non solo la storia va in saldo ma anche buona parte degli anni Sessanta e Settanta, con prezzi estremamente favorevoli in un contesto vario che spazia da Giulio Turcato a Aldo Mondino da Achille Perilli a Piero Gilardi. Per un piccolo Tappeto Natura, «Murex bianca» di quest’ultimo, (30x30 cm) sono stati sufficienti 3,8mila euro, come ha confermato il primo luglio Cambi a Milano.

Mario Sironi, «Composizione», 1961, opera caratterizzata dalla classica frammentazione degli elementi, ha cambiato proprietario il 2 luglio da Finarte per 12mila euro. Courtesy of Finarte
Click al di sotto di mille euro
Il vessillo del minimum price tuttavia rimane la fotografia, con le vendite under 1K proposte da Finarte a Milano. Proprio dal click a base d’asta pari o inferiore ai mille euro, parte la nuova stagione con ben 400 lotti pronti per la maratona del 9 settembre a cui tutti sono invitati a partecipare, compresi quelli che non percepiscono più il reddito di cittadinanza.
Ce n’è davvero per tutti i gusti, con sette scatti di Gabriele Basilico e ben 12 di Gianni Berengo Gardin, l’irriducibile maestro dell’analogico scomparso il 6 agosto all’età di 95 anni che attende una tardiva consacrazione. In asta, per esempio, parte da 600 euro una sua poetica fotografia di piazza San Marco innevata con la sola presenza dei piccioni che va acquistata al volo. Insieme a Mario Giacomelli, Franco Fontana e Mario Cresci, ci sono anche Olivo Barbieri, Marina Ballo Charmet e Vincenzo Castella. Ma chi preferisce una formula d’investimento innovativa può anche prevedere l’acquisto frazionato delle opere.
La proposta arriva da Collecto, la startup nata nel 2023 con l’obiettivo di coinvolgere collezionisti e neofiti con quote pari a 50 euro, il prezzo di un gratta e vinci.
In tal modo, ciascuno può prevedere di condividere beni di autori quali Arnaldo Pomodoro, Keith Haring, Emilio Vedova o Michelangelo Pistoletto. Poi, a seconda dell’andamento, può decidere se disinvestire, aumentare il proprio impegno o riscattare il bene. Tutto in nome del crowdfunding.
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