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Sergey Ponomarev, «Greece», 2015

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Sergey Ponomarev, «Greece», 2015

Fenix, in cima alla città di Erasmo

È a Rotterdam ed è il primo museo al mondo interamente dedicato alla storia delle migrazioni. A una straordinaria collezione d’arte contemporanea (da Francis Alÿs a Bill Viola) si affianca una programmazione concepita in collaborazione con le comunità locali

Elena Franzoia

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Una nuova icona svetta nel porto di Rotterdam, dal secondo dopoguerra tra le indiscusse capitali dell’architettura contemporanea internazionale. Il fluido e curvilineo volume del Tornado, omaggio al tema del viaggio che tradisce la cifra progettuale del suo ideatore, l’archistar Ma Yansong dello studio pechinese Mad, è infatti incastonato nell’ex magazzino portuale San Francisco Warehouse, la cui trasformazione costituisce il fulcro della rigenerazione della penisola di Katendrecht, ex quartiere a luci rosse e più antica Chinatown dell’Europa continentale.

Installato a un’altezza di 30 metri e lungo 17, lo specchiante elemento rivestito da 297 pannelli di acciaio inox ospita la parte finale di una doppia scala elicoidale di 550 metri che termina con una piattaforma panoramica dalla vista a 360 gradi sullo skyline della città, spettacolare coronamento di un nuovo e ambizioso museo: Fenix, primo nel mondo interamente dedicato al tema delle migrazioni.

Lo skyline di Rotterdam dall’alto del Tornado in cima al museo Fenix. © Mad Architects

Il nuovo centro espositivo, che viene inaugurato il 16 maggio, è stato finanziato dalla Fondazione Droom en Daad, nata nel 2016 e guidata dall’ex direttore del Rijksmuseum Wim Pijbes, che mira a promuovere talenti emergenti e istituzioni artistiche e culturali capaci di rispecchiare l’avanguardistica e complessa realtà di Rotterdam, impostasi nell’Ottocento come più importante porto commerciale europeo e dunque all’origine di un mosaico etnico e culturale cui hanno contribuito gli esponenti di oltre 170 nazionalità.

Proprio le aree di Katendrecht e Rijnhaven subirono infatti dalla fine dell’Ottocento un radicale cambiamento, che le trasformò in punto di riferimento per le spedizioni internazionali. Il San Francisco Warehouse in particolare fu completato nel 1923 dall’architetto Cornelis Nicolaas van Goor come magazzino di ben 16mila metri quadrati della Holland-America Line, compagnia fondata a Rotterdam nel 1873 per assicurare collegamenti navali a vapore tra Paesi Bassi e continente americano. Ne usufruirono milioni di persone, tra cui illustri emigranti come Albert Einstein, Willem de Kooning e Max Beckmann.

Ilvy Njiokiktjien, «Ucraina», 2022. © VII/Redux

Restaurato con la consulenza di Bureau Polderman, l’edificio presenta oggi ampi spazi espositivi distribuiti su due piani dedicati a collezione permanente, mostre temporanee, installazioni e attività per i visitatori, rese possibili da una vasta area al piano terra pensata come una piazza aperta. Il museo è diretto dalla storica dell’arte Anne Kremers, assistita da un team curatoriale composto da Hanneke Mantel (responsabile delle collezioni permanenti e delle mostre temporanee), Rutger Doop (storico delle migrazioni) e dai curatori Abdelkader Benali e Selinay Sucu.

«La storia di Fenix è indissolubilmente legata a Rotterdam e alle sue numerose comunità; ma quella storia è anche quella del mondo, precisa Kremers. Dall’attraversamento del Muro di Berlino alla partenza per gli Stati Uniti su grandi piroscafi, all’arrivo di nuove comunità giunte per costruire, creare, imparare, Fenix è uno specchio dell’esperienza e delle storie di persone provenienti da ogni parte del globo raccontate attraverso la lente dell’arte. Abbiamo quindi esplorato il tema della migrazione lavorando non solo con artisti locali e internazionali, ma anche invitando le molte comunità oggi presenti in città a creare insieme la nostra programmazione».

John Moore, «Yanela Sanchez at border control in Texas», 2018

Intitolata «All Directions: Art That Moves You», la mostra inaugurale presenta 150 opere e oggetti, acquisiti negli ultimi cinque anni per la collezione permanente del museo, che spaziano dall’antico al contemporaneo. Spiccano i nomi di Francis Alÿs, Max Beckmann, Sophie Calle, Honoré Daumier, Jeremy Deller, Rineke Dijkstra, Omar Victor Diop, Shilpa Gupta, Alfredo Jaar, William Kentridge, Kimsooja, Laetitia Ky, Steve McQueen, Adrian Paci, Cornelia Parker, Gordon Parks, Grayson Perry, Ugo Rondinone, Yinka Shonibare, Alfred Stieglitz, Bill Viola e Danh Võ, le cui opere sono affiancate da oggetti privati e personali che ricordano storie individuali di migrazione, oltre a reperti storici come una porzione del Muro di Berlino.

Fenix ha inoltre recentemente acquisito un ritratto finora sconosciuto dell’umanista Erasmo da Rotterdam firmato da Hans Holbein il Giovane, probabilmente incontrato dal pittore in Svizzera durante uno dei tanti viaggi che fecero del filosofo, come egli stesso scrisse, «un cittadino del mondo, a casa ovunque, o meglio, uno straniero per tutti».

Red Grooms, «The Bus», 1995, Rotterdam, Collection Fenix.

È invece dedicata alla fotografia la prima grande mostra temporanea organizzata dal museo. Curata da Hanneke Mantel, «The Family of Migrants» rende omaggio con 194 scatti di 136 fotografi di 55 Paesi alla celeberrima esposizione di Edward Steichen «The Family of Man» organizzata nel 1955 al MoMA di New York. Dalla fine dell’Ottocento ad oggi, la selezione del Fenix impernia intorno ai temi della famiglia, dell’amore, del pericolo e dell’addio un mix di immagini (documentari, ritratti e fotografie giornalistiche tratte da archivi internazionali, collezioni museali, banche immagini e riviste) in cui compaiono icone assolute come «Migrant Mother» (1936) di Dorothea Lange e «Afghan Girl» (1984) di Steve McCurry, accanto a scatti di  fotografi affermati o emergenti come Lewis Hine, Chien-Chi Chang, Abbas, Robert de Hartogh, Éva Besnyö, Fouad Elkoury, Yasuhiro Ogawa, Emin Özmen, Sergey Ponomarev e Ata Kandó

Elena Franzoia, 11 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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