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A giugno si è aperto, nel cuore antico di Brescia, il progetto site specific «Palcoscenici archeologici. Interventi curatoriali di Francesco Vezzoli» (fino al 9 gennaio), vincitore nel 2019 del Bando dell’Italian Council, indetto dal MiC, grazie al quale la scultura «Nike metafisica», 2019, di Francesco Vezzoli (Brescia, 1971) entrerà nelle raccolte del Comune di Brescia-Fondazione Brescia Musei. Questa mostra diffusa rientra nel programma delle celebrazioni per il ritorno in città (più volte ritardato dalla pandemia) della «Vittoria Alata», il bronzo romano restaurato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze per il quale la Fondazione Brescia Musei, presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov, ha promosso nel Capitolium, là dove fu rinvenuto, il nuovo allestimento di Juan Navarro Baldeweg. Di questa impegnativa avventura, e dei progetti futuri della Fondazione, parliamo con Stefano Karadjov.
Direttore, com’è nato il progetto di Francesco Vezzoli?
Il progetto fa parte di un trittico avviato prima del mio arrivo con la mostra diffusa di Mimmo Paladino, del 2017, e si concluderà nel 2022 con un grande intervento di Emilio Isgrò (dopo quello nella Metropolitana). Brescia è una città ricca di archeologia ma non possiede raccolte di arte contemporanea: con gli eventi di «Contemporaneo archeologico» ci proponiamo di dare un senso nuovo al nostro patrimonio antico attraverso l’arte di oggi. L’archeologia mostra, infatti, di essere una realtà fertile per il contemporaneo, che a sua volta stimola sguardi nuovi su di essa. Nel caso di Vezzoli, ci ha stupito scoprire che, prima ancora che noi pensassimo al progetto «Vittoria Alata», l’artista avesse già creato quella sua dechirichiana «Nike Metafisica» (una delle otto sue opere ora esposte, Ndr); ora, grazie a Italian Council (che ha contribuito per l’80 per cento all’intero «progetto Vezzoli») entrerà nelle nostre collezioni.
Qual è stato l’investimento per l’intero progetto «Vittoria Alata»?
Non è facile quantificarlo perché è composto di diverse anime. Posso dire che il costo del restauro e della ricollocazione della «Vittoria Alata» è di 600mila euro, mentre un milione circa è costato il riallestimento, con la dotazione tecnologica e il progetto museografico. Di questi, 600mila euro sono giunti da ArtBonus e altrettanti dal Comune, mentre la Fondazione Brescia Musei ha sostenuto la parte restante. Agli 1,6 milioni vanno poi aggiunti i 250mila euro di valore complessivo degli interventi di numerosi sponsor, primi fra tutti Guzzini e Capoferri.
Quali i progetti per il futuro?
Il mio prossimo obiettivo è puntare attenzione e risorse sulla Pinacoteca Tosio Martinengo, ben restaurata da chi mi ha preceduto ma di cui non si è più parlato dopo l’inaugurazione, che seguiva ben dieci anni di chiusura. Oggi quindi la Pinacoteca difetta di riconoscibilità, sebbene rappresenti un vero tesoro sia per le sue collezioni sia perché è fortemente rappresentativa di questa comunità. Ci lavoreremo da settembre. È poi in corso il riallestimento del Museo del Risorgimento, che prevediamo d’inaugurare alla fine del 2022 nella sua nuova veste, molto interattiva, e che diventerà il museo dell’800 e del ’900 bresciani. Amplierà, infatti, il periodo storico consueto, andando dalla Repubblica Cisalpina fino alla Resistenza, e si connetterà in tal modo con le altre nostre collezioni museali, che si fermano al primo ’800.
Molto importante, infatti, per una città che non gode di «rendite di posizione» come Venezia, Firenze o Milano, armonizzare gli interventi in un disegno strategico di palinsesto, con progetti interrelati tra loro e fondati sui nostri punti salienti della romanità, dei Longobardi, del distretto armiero e così via. Non a caso, sono appena partite le celebrazioni, della durata di un anno, per il decennale del riconoscimento Unesco del sito diffuso «I Longobardi in Italia» (sette i luoghi, da Brescia a Benevento, Ndr), e in città, oltre agli interventi di riqualificazione dei nostri monumenti longobardi, come Santa Maria in Solario, si è avviato il progetto del «Corridoio Unesco», uno spazio pubblico senza barriere e gratuito, che in 500 metri copre un percorso ideale di oltre 2mila anni di storia.

«Lo sguardo di Adriano» (2018) di Francesco Vezzoli. Foto Alessandra Chemollo; © Fondazione Brescia Musei

Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei

Francesco Vezzoli

Una veduta del progetto «Palcoscenici archeologici» di Francesco Vezzoli

Una veduta del progetto «Palcoscenici archeologici» di Francesco Vezzoli

Una veduta del progetto «Palcoscenici archeologici» di Francesco Vezzoli
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