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Nell’anno della XXII Esposizione internazionale, la Triennale di Milano apre il 9 aprile il nuovo Museo del Design Italiano, la cui direzione è stata affidata dal presidente Stefano Boeri a Joseph Grima (1977). Britannico per studi (in architettura) ma vero globetrotter, Grima è il curatore di Design, moda e artigianato della Triennale e direttore creativo della Design Academy Eindhoven e di Matera Capitale Europea della Cultura 2019, oltre ad aver diretto la rivista «Domus» dal 2011 al 2013.
Frutto di un progetto condiviso con figure di primo piano del design italiano (Paola Antonelli, Andrea Branzi, Mario Bellini, Antonio Citterio, Michele De Lucchi, Piero Lissoni, Claudio Luti, Fabio Novembre, Patricia Urquiola), riunite nel comitato scientifico, il nuovo museo si pone l’obiettivo di esporre una scelta della collezione permanente della Triennale, oggi formata da 1.600 pezzi, e di arricchirla, di qui al 2022, grazie a nuove collaborazioni con archivi e aziende, selezionati da un comitato preposto alle acquisizioni.
Ecco perché il museo ha trovato una sede più ampia nella grande curva al piano terra, dove le opere sono esposte cronologicamente, lungo una timeline, sulle pareti, che segnala gli eventi coevi: storici, politici, sociali e di costume, italiani e internazionali. Non solo: la storia di ogni pezzo è narrata anche attraverso materiali, in gran parte inediti, tratti dagli Archivi della Triennale (fotografie, campagne pubblicitarie, packaging originali) e, ogni volta che sia possibile, attraverso i modelli di legno, opera di Giovanni Sacchi, in deposito da Regione Lombardia, grazie ai quali si può seguire il percorso di ogni progetto dalla prima idea fino alla messa in produzione.
E poiché, come spiega Joseph Grima, «spesso il veicolo delle ispirazioni più intense e formative non sono gli oggetti inanimati, ma le voci delle persone che li hanno creati e la narrazione di dettagli apparentemente banali, che hanno determinato scelte d’importanza fondamentale per la storia del design, abbiamo deciso di includere nel percorso alcune voci degli autori degli oggetti esposti», che raccontano in modo semplice la genesi delle loro creazioni: voci che sono state raccolte in interviste telefoniche, in omaggio all’affermazione di Vico Magistretti (Milano, 1920-2006): «a me piace il concept design, quello che è talmente chiaro che puoi anche non disegnarlo. Molti dei miei progetti li ho trasmessi al telefono».
De Pas, D’Urbino, Lomazzi, «Joe», 1970, di Poltronova
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