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Una veduta dell’installazione «Per riconoscerti nel buio», 2021, di Agnese Spolverini all’incrocio tra Via Breda e Via Madonna del Carmine, Piazza Madonna del Carmine, Abbateggio (Pe)

Photo: Andrea Fiordigiglio

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Una veduta dell’installazione «Per riconoscerti nel buio», 2021, di Agnese Spolverini all’incrocio tra Via Breda e Via Madonna del Carmine, Piazza Madonna del Carmine, Abbateggio (Pe)

Photo: Andrea Fiordigiglio

Venti nuovi borghi respirano una «Boccata d’Arte»

Il 28 giugno prenderà avvio la sesta edizione del progetto lanciato dalla Fondazione Elpis nel 2020: a conclusione delle proprie residenze artistiche, venti artisti italiani e internazionali mostreranno le proprie produzioni site specific elaborate a stretto contatto con gli abitanti locali

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Mentre ancora la mostra «Dove non sono mai stato, là sono», in corso fino al 6 luglio nella sede milanese di Fondazione Elpis, festeggia la meta di cento borghi italiani coinvolti nelle prime cinque edizioni del progetto diffuso di arte contemporanea «Una Boccata d’Arte», la Fondazione lancia l’edizione 2025 (la sesta) del progetto, che prenderà il via il 28 giugno e si concluderà il 28 settembre: 20 nuovi borghi (uno per regione) vedono realizzare nelle proprie strade o nei propri dintorni altrettanti progetti di 20 artisti italiani e internazionali provenienti da Pesi e culture diverse, in prevalenza delle nuove generazioni, scelti fra quelli capaci di proporre progetti inclusivi e partecipativi per le comunità e accompagnati da una rete di curatori locali che ben conoscono il territorio, la sua storia, le sue tradizioni, i suoi saperi.

Il progetto, ideato nel 2020 (in piena pandemia) dall’imprenditrice Marina Nissim, presidentessa di Fondazione Elpis, in collaborazione con Maurizio Rigillo di Galleria Continua e Threes, prevede il coinvolgimento di borghi con meno di 5mila abitanti, tutti poco noti, tutti estranei alle rotte praticate dal turismo tradizionale, ma non per questo meno affascinanti o meno ricchi di storia e di cultura. Accolti da ogni comunità, gli artisti vivono a fianco degli abitanti locali in una residenza che consentirà loro di elaborare progetti site specific, che spesso restano poi sul territorio dando vita a un’inedita relazione tra arte, comunità, paesaggio, usanze e patrimonio culturale.

Novità di quest’anno è l’attenzione posta non solo a borghi storici, ma anche a luoghi disadorni e posti «ai margini»: periferie, piccoli centri privi di storia, spazi in disuso. È questo il caso della «cascina di riso», con il vecchio dormitorio delle mondine, a Borgolavezzaro (Novara), dove ha lavorato Bibi Manavi con la curatela di Veronica Botta. Oppure del campo di calcio in disuso di Rocca Cilento, frazione di Lustra (Salerno), diventato meta di un percorso di sculture ideato da Tild Greene e curato da Giulia Pollicita. In altri casi il patrimonio che rischia di perdersi, qui riattivato dall’intervento degli artisti, è quello vocale, come accade a Macchiagodena (Isernia) dove, nel nucleo antico e oggi semi-abbandonato del borgo, Roberto Casti, affiancato da Alessia Delli Rocioli, mette in scena un canto popolare sull’emigrazione, «Lu Molisano in America», interpretato dagli abitanti. Affine il processo ideato dal duo Babau per Cormons (Gorizia), intitolato «MetaSem» e curato da Marta Oliva, in cui lingue, dialetti e simboli locali, fusi in una sorta di «radiodramma» popolare, invitano, in questa terra di confine, a riflettere sulle frontiere come spazio fisico e metafisico, coinvolgendo poeti, artisti e performer locali.

C’è invece chi, come Anna Ill a Simeri Crichi (Catanzaro; con la cura di Ehab Halabi Abo Kher) ha lavorato sul patrimonio archeologico del luogo, riportando all’attenzione della popolazione la «Kouroutropos» («nutrice»), una statuetta acefala del IV secolo a.C., simbolo di cura e maternità, sviluppando una riflessione sul tema dell’accudimento, e c’è chi, come Qeu Meparishvili, con Giovanni Rendina, intreccia memorie della nativa Georgia con l’architettura medievale di Citerna (Perugia). Altri invece indagano l’economia dei luoghi, spesso alterata dal cambiamento climatico o dalle monocolture e chi, come fa a Ollomont (Aosta) Hatty Laycock, con la curatela di Elena Graglia, crea un’opera organica con licheni e cera d’api, che poi fonde nel bronzo, esponendo la scultura agli effetti degli agenti atmosferici. In Sardegna, Emilia Romagna e Liguria, infine, Threes propone tre progetti legati al suono. E poiché quella che proponiamo è una selezione necessariamente incompleta, per conoscere tutti gli artisti, i luoghi e i curatori rinviamo a al sito web del progetto dove, nella sezione dedicata, sono documentati anche gli oltre 40 interventi delle passate edizioni accolti in modo permanente, per acquisizione delle amministrazioni locali o per donazione degli artisti, dai luoghi toccati da «Una Boccata d’Arte».

Ada Masoero, 22 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

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