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«Madonna del velo», 1635 ca, attribuito a Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato

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«Madonna del velo», 1635 ca, attribuito a Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato

Raffaello copiato dal Sassoferrato «ospite» all’Ospedale Niguarda

Frutto dell’accordo siglato nel 2024 con la Pinacoteca di Brera, «L’Arte che cura» porta opere delle collezioni del museo in un luogo di sofferenza per offrire conforto ai pazienti e a tutto il personale sanitario. La rivisitazione seicentesca della «Madonna del velo» apre le danze

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Chiunque entri nell’Ospedale Niguarda di Milano passando per l’ingresso principale, non può non notare i due gruppi scultorei posti ai suoi lati: quello magnifico di Arturo Martini, raffigurante «i donatori» Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, fondatori dell’antico Ospedale Ca’ Granda da loro commissionato nel secondo Quattrocento all’architetto fiorentino Filarete (di cui il Niguarda è stato l’emanazione novecentesca), e quello di Francesco Messina che raffigura «San Carlo Borromeo e i Deputati ospedalieri». Per di più, nella Chiesa dell’Annunciata, parte del complesso, la vetrata centrale dietro l’altare è un capolavoro di Mario Sironi. Non a caso, come rammenta Alberto Zoli, presidente della Fondazione Ospedale Niguarda e direttore generale Asst Grande Ospedale Niguarda, sin dal 1940, quando fu inaugurato, l’immenso ospedale (una delle eccellenze della Sanità italiana) diventò noto come «La Città dell’Arte». Non stupisce quindi che oggi debutti nei suoi spazi il progetto culturale «L’Arte che cura. L’ospite», frutto dell’accordo siglato nel 2024 con la Pinacoteca di Brera che si propone di portare più opere delle proprie collezioni in questo luogo di sofferenza, per offrire conforto ai pazienti e a tutto il personale sanitario attraverso il messaggio dell’arte.

Primo «ospite» a giungere nel Blocco Sud del Niguarda (dal 22 maggio al 30 giugno) è un dipinto della Pinacoteca sinora conservato nella Quadreria Arcivescovile di Milano: si tratta della copia (1635 ca), attribuita a Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, della «Madonna del velo» dipinta nel 1511-12 da Raffaello per la chiesa romana di Santa Maria del Popolo. Un’opera, nota Angelo Crespi, direttore della Pinacoteca di Brera, che porta in sé un forte «valore simbolico di sollievo e di riflessione sui valori importanti della vita, sugli affetti, sulla famiglia e sull’amore materno, in un ambiente di sofferenza e di cura come quello ospedaliero». In questa tenerissima composizione il Bambino tende le piccole mani verso la Vergine, che solleva su di lui un velo impalpabile: un dettaglio prezioso ma anche il simbolo del sudario che lo avvolgerà dopo la morte. Alle loro spalle la figura di Giuseppe, in penombra sul fondo scurissimo, non entra nell’alone di luce divina che avvolge i due protagonisti, accendendo i colori vividi delle vasti di Maria.

A questo seguiranno altri «ospiti» braidensi, in un percorso pensato per rendere sempre più umana la relazione con i pazienti e fra pazienti e personale sanitario, all’interno di quel rapporto arte-terapia-cura adottato da un paio d’anni al Niguarda con il progetto «One Health», fondato, continua Zoli, sulla consapevolezza che «la salute oggi non è più “solo” curare le persone, ma è anche curare il luogo in cui vivono e lavorano, l’aria che respirano, le interazioni che hanno con le altre specie, così come promuovere la prevenzione e la sostenibilità, con costante attenzione ai luoghi fisici come vero e proprio veicolo di salute: con la loro salubrità, ma anche con la loro bellezza e con l’interconnessione con la pittura, la scultura, la musica». Musica che, annuncia Riccardo Bertollini, segretario della Fondazione Ospedale Niguarda, troverà posto in iniziative con il Teatro alla Scala. Per tutti i dettagli consultare il sito web.

Ada Masoero, 22 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Raffaello copiato dal Sassoferrato «ospite» all’Ospedale Niguarda | Ada Masoero

Raffaello copiato dal Sassoferrato «ospite» all’Ospedale Niguarda | Ada Masoero