Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Il 2024 si è chiuso, alla Veneranda Biblioteca Ambrosiana (Vba), con un risultato clamoroso: dopo un decennio in cui la media annua era di circa 60mila presenze, lo scorso anno i visitatori della Pinacoteca Ambrosiana sono stati oltre 300 mila, con un incremento del 20 per cento rispetto al 2023. E, dato non meno clamoroso, la Vba ha chiuso il secondo bilancio in attivo della sua storia. Fino a qualche anno fa, infatti, questo faro di bellezza e di cultura, istituito nel 1607 dal cardinale Federico Borromeo, arcivescovo di Milano, con uno spirito di accoglienza e d’inclusività impensabile a quel tempo (inaugurata nel 1609, la Biblioteca fu la prima in Europa aperta a tutti), nel tempo aveva preso a privilegiare l’eccellenza degli studi, per cui è famosa da sempre, a scapito dell’apertura alla collettività.
Dallo stesso spirito di condivisione era nata la Pinacoteca, cui Federico Borromeo nel 1618 conferì la sua magnifica collezione d’arte (dal «Cartone» di Raffaello per la «Scuola d’Atene» delle Stanze Vaticane al «Musico» di Leonardo da Vinci, dalla «Canestra di frutta» di Caravaggio alla raccolta dei fiamminghi, e molto altro ancora): con quel gesto fondava il più antico museo di Milano, poco noto però, nei passati decenni agli stessi milanesi, ignari che in quel severo palazzo si celassero una Biblioteca unica al mondo (qui è conservato il «Codice Atlantico» di Leonardo: 1119 fogli in formato da atlante, tutti di sua mano, e poi codici miniati, manoscritti europei e arabi, incunaboli, cinquecentine e quella «reliquia laica» che è il manoscritto di Dei delitti e delle pene di Cesare Beccaria) e una Pinacoteca tanto ricca di tesori.
A che cosa si debba il successo dell’Ambrosiana, lo spiega a «Il Giornale dell’Arte» Antonello Grimaldi, Segretario generale della Vba dal marzo 2022, che ha applicato a questa realtà le conoscenze affinate negli anni in cui ha lavorato da manager per le più prestigiose amministrazioni pubbliche italiane ed europee.
Dottor Grimaldi, la Vba è un’istituzione gloriosa ma è stata lungamente poco nota al pubblico. Lo scorso anno, invece, la sola Pinacoteca ha avuto oltre 300 mila visitatori. Come si è arrivati a un cambiamento così radicale?
Vorrei premettere che da «manager prestato alla cultura», come amo definirmi, ho una visione della cultura che si differenzia da buona parte dei miei colleghi. Per me, occuparsi di cultura significa trasmettere conoscenza a chi ignora: quindi il mio modello è fortemente inclusivo, non elitario e soprattutto non autoreferenziale. L’Ambrosiana deve aprirsi a tutti. Penso di essere stato scelto proprio per scardinare certi meccanismi e anche per far sì che questo luogo andasse in pareggio (da un pesante passivo, ora siamo in attivo) e incrementasse il numero dei visitatori: lo scorso anno sono stati 30mila, e nei primi mesi del 2025 abbiamo avuto 114mila presenze con un picco, mai registrato prima, di 53mila visitatori nel solo mese di marzo. Il che, lo ammetto, è per me motivo di grande soddisfazione.
Non mi ha detto però come ha fatto.
Ho fatto ciò che sapevo fare: ho razionalizzato i costi e comunicato in tutti i modi possibili il patrimonio culturale dell’Ambrosiana. Molti parlano solo di ricavi, ma se si fanno ricavi giganteschi e si hanno buchi enormi, poi ripagati dallo Stato, dalle Fondazioni o da altri soggetti, è evidente che qualcosa non torna. E poiché nell’ultimo decennio della mia vita professionale mi sono occupato di comunicazione istituzionale, ho comunicato in maniera diversa le bellezze di questo luogo, con tutte le modalità possibili. Mi sono rivolto a chiunque potesse aiutarmi nell’impresa, come Alberto Angela, che è venuto qui e che tornerà ancora, perché penso che saper fare ma non saper comunicare ciò che si fa, equivalga a non saper fare. E poi non dormo mai sonni tranquilli: ogni mattina comunico idee e nuovi progetti ai miei collaboratori.
Per volere del fondatore, la gestione della Vba è duale: quali sono esattamente gli organi di governo? E come si rapporta il suo ruolo con il loro?
C’è il Collegio dei Dottori, la componente ecclesiastica retta da un Prefetto (oggi monsignor Marco Navoni), dal direttore della Pinacoteca, monsignor Alberto Rocca, e dal direttore della Biblioteca, monsignor Federico Gallo. Il Collegio dei Dottori concorre a garantire la custodia e la promozione del patrimonio culturale della Veneranda Biblioteca Ambrosiana in sinergia con la Congregazione dei Conservatori, deputata ad assicurare la stabilità patrimoniale e la vita amministrativa dell’Ambrosiana. Io ho scelto la parola «valorizzare» e l’ho fatta mia: l’anno scorso per l’«Art Week 2024» ho proposto (e il Collegio ha approvato) la mostra del designer Gaetano Pesce e quella di Moleskine («Detour: taccuini d’artista della Fondazione Moleskine», Ndr). Quest’anno avremo una mostra di Nicola Samorì e, a gennaio 2026, un grande progetto con Sidival Fila (frate minore francescano e artista che si serve di tessili di scarto, Ndr), che dialogherà con il «Cartone» di Raffaello. Il mio motto è «preservare per valorizzare» e la valorizzazione è un volano economico che serve a preservare il patrimonio culturale dell’Ambrosiana. L’ospitare eventi deve contribuire al sostentamento dell’ente, il che è tanto più necessario in un ente ecclesiastico come il nostro, che non può usufruire dell’Art Bonus né può partecipare ad alcuni bandi, non possedendo alcune delle caratteristiche richieste.
Lei ha istituito le aperture serali mensili al prezzo di 3 euro. Ha conquistato un nuovo pubblico?
Certamente: queste aperture sono rivolte ai giovani e alle fasce di pubblico che non possono permettersi i 15 euro del biglietto. A maggio ne facciamo tre. Vorrei poi aggiungere che, tranne il giorno di Natale, vorrei poter tenere aperto 365 giorni l’anno, come dovrebbe accadere in tutti i luoghi della cultura.
L’ingresso alla Biblioteca è libero?
Certamente, l’ingresso è libero per la consultazione di tutto il nostro patrimonio librario. Abbiamo anche ripreso il dialogo con le scuole, abbassando il biglietto per le scolaresche, che visitano Pinacoteca e Cripta con un solo biglietto ridotto. A questo proposito, vorrei dire che una delle mie ragioni d’orgoglio è di aver riaperto la Cripta di San Sepolcro, un tesoro millenario pochissimo noto. Ma non solo: quanti milanesi sanno che nell’Ambrosiana si cammina sul lastricato del Foro romano, dove hanno camminato sant’Agostino, sant’Ambrogio, l’imperatore Costantino? Sono pietre che hanno visto la storia. La mia incredulità, quando sono arrivato qui, era che il 70 per cento delle presenze fosse straniero. Ora però si stanno ristabilendo i numeri e siamo circa al 50 per cento.
Avete previsto novità per la didattica di sala?
Ai pannelli di sala e alla segnaletica museale stiamo lavorando in questi giorni e a giugno dovremmo inaugurare un nuovo allestimento della Sala dei Fiamminghi con un apparato multimediale che permetterà per la prima volta ai visitatori di dialogare con le opere. Abbiamo poi lanciato un podcast e stiamo per introdurre dei contenuti sui social network con il linguaggio dei segni, dopo le iniziative per i subvedenti con il progetto «Descrivedendo» e con la tavola audio-tattile collocata da gennaio 2025 nella sala de «La Scuola di Atene», progetto realizzato con l’Associazione Nazionale Subvedenti e il Politecnico di Milano.
E sul fronte dei restauri?
Oltre all’«Adorazione dei Magi» di Andrea Schiavone, abbiamo restaurato, grazie al progetto «Restituzioni» di Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo, il «Compianto» cinquecentesco della Cripta, ma abbiamo anche ripristinato e messo in sicurezza, con i bandi di Fondazione Cariplo, i ballatoi della Sala Federiciana, per raggiungere gli scaffali più alti. Inoltre, sebbene non si tratti di un restauro, con il supporto della Regione Lombardia abbiamo avviato la «Collezione digitale» degli oltre mille manoscritti arabi acquisiti da Federico Borromeo, a riprova della sua apertura ecumenica a tutte le culture, 250 dei quali sono già digitalizzati e consultabili sul sito web.
Quali sono i prossimi progetti?
Il mio sogno è far conoscere ai milanesi che siamo il museo più antico di Milano e che siamo il vero «mezzo» della città, poiché insistiamo sul Foro della città romana: Leonardo stesso l’ha documentato. Che un milanese non conosca queste cose è gravissimo. Quindi la mia politica è e sarà quella di essere sempre più presenti sul territorio partecipando a tutti gli eventi possibili: da «Book City» a «Museo City», a «Orticola» (dove alcuni flower designer si ispireranno per le loro composizioni al nostro celebre «Vaso di fiori» di Bruegel). Infine tengo a dire che con il Comune di Milano e il Comitato Expo abbiamo portato quattro fogli (due prima e due poi, per evitare i danni della luce) del «Codice Atlantico» di Leonardo all’Expo di Osaka, in corso fino al 13 ottobre. Siamo orgogliosi del prestito perché è una formidabile operazione di comunicazione.
Altri articoli dell'autore
Alle Gallerie d’Italia di Milano 30 scatti e due video di Jess T. Dugan, artista statunitense, donna alla nascita, campione della comunità Lgbtq+
Da Arte Invernizzi, a Milano, sono esposte opere in plexiglas dell’artista veneziano che trasforma luce e colore in paesaggi mentali immersivi
Acquistati e restaurati da Banca Ifis sono esposti per un anno nella Pinacoteca di Brera in dialogo con altri capolavori del maestro neoclassico conservati nel museo
Le tele misteriose di Marta Ravasi incontrano le ceramiche evocative di Gaetano Di Gregorio in un’esposizione intima unisce materia, forma e silenzio poetico da Artcurial Milano