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Lara Maria Ferrari
Leggi i suoi articoliUn piccolo road film che si svolge in un unico luogo: la città di Luomu, nella provincia del Sichuan (Cina), ai piedi del Monte Emei. Questo è «Gloaming in Luomu» di Zhang Lu, l’opera vincitrice del Busan International Film Festival 2025 (Biff). Una meditazione sul tempo che abbiamo e sulla solitudine, che utilizza la ricerca dell’ex fidanzato da parte di una giovane donna solamente come pretesto per raccontare altro. Ovvero il senso di appartenenza verso qualcuno o qualcosa, ciò che spesso manca a noi tutti, sembra dirci Lu, che attraverso il suo sguardo riprende lo stato di perenne crepuscolo emotivo dei suoi personaggi.
Uscendo dal Busan Cinema Center, la casa dei film, dopo dieci giorni di maratona ininterrotta davanti al grande schermo e con i premi svelati da nemmeno tre ore, un fatto è certo: questa è una manifestazione capace di reinventarsi continuamente. Dove nulla è mai scontato, da un anno all'altro. La 30ma edizione del Biff ha celebrato la sua cerimonia di chiusura introducendo il nuovo premio Busan Award come massimo riconoscimento della sezione competitiva, dettando il passo della nuova cinematografia asiatica e dicendoci altro. Cioè che solamente un concorso giovane come questo si può permettere l’azzardo di cambiare la denominazione del premio principale annunciandolo la sera della premiazione. Il messaggio è chiaro: a Busan non interessa la celebrazione autoreferenziale fine a sé stessa, quanto l'ispirazione, il fiuto nel trovare il buon cinema che verrà. E così, crediamo, è stato.
Ai giurati, dunque, è piaciuto il viaggio interiore che compie Xiaobai a Luomu, la città nel titolo del miglior film, che significa crepuscolo e diventa un personaggio a sé stante, sia meta di pellegrinaggio spirituale sia un limbo dove rifugiarsi in attesa di tempi migliori. Tra gli altri riconoscimenti, la Miglior Regia per Seo Gi (attore passato con questo film dall’altra parte della macchina da presa) che ha diretto «The Girl» (Corea del Sud), un'opera prima che affronta in modo provocatorio il tema della violenza domestica, e il Premio Speciale della Giuria per «Funky Freaky Freaks» del coreano Han Chang-lok, sulla violenza e altre derive dell’emergenza sociale giovanile.
I premi onorari sono andati a Jafar Panahi (cineasta asiatico dell'anno), assegnato in particolare per la sua forza narrativa, a Sylvia Chang (Taiwan), per la sua capacità di espandere il percorso delle donne nel cinema asiatico in diverse generazioni e ruoli, e a Chung Ji-young per la sua rilevanza nel cinema orientale.
Il festival si è confermato vetrina per i nuovi talenti asiatici, e non solo. Cercando una tendenza prevalente nei film visti alla rassegna appena conclusa, la troviamo nell’empatia sociale e nel racconto delle ferite nascoste. I registi asiatici, specie gli emergenti, usano lo schermo come uno specchio critico per esplorare crepe e tensioni della loro società. Valga da esempio, il dramma «The Road to Erase» («En Route to») di Yoo Jae-in con Lee Ji-won premiata come miglior attrice, che entra nelle dinamiche complesse legate a pressioni sociali estreme (un caso della gravidanza adolescenziale).
Il cinema, qui, si concentra sulle ripercussioni emotive e le conseguenze a lungo termine dei traumi, donandosi come riflessione collettiva. Emerge anche la centralità della prospettiva femminile, quanto mai importante, in Corea.

Il poster di «Gloaming in Luomu» di Zhang Lu, vincitore del Gran Premio del 30mo Busan international film festival
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