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Giorgio Bonsanti
Leggi i suoi articoliGentile dottoressa Scavezzon, non avrei immaginato che le mie poche righe destassero reazioni e sentimenti così estremi, e me ne rammarico. Mi sembra di capire che lei contesti soprattutto questo passo: «Se qualcuno me lo domandasse, dovrei rispondere che nell’elenco [dei restauratori accreditati] ci stanno anche inevitabilmente persone che non lo meritano; ma non mi sembra rilevante, l’importante era portare a compimento un percorso pluridecennale, e poi è difficile che da situazioni lasciate incancrenire troppo a lungo nascano risultati ineccepibili».
Io di mestiere faccio, più o meno, lo storico e le mie sono valutazioni (che è del tutto legittimo contestare, anche aspramente), non nascono a caso: soltanto, da una prospettiva diversa dalla sua. Se la condizione per avere, finalmente, l’elenco dei restauratori accreditati atteso da decenni era ammettere, sia pure obtorto collo, che nell’elenco potessero intrufolarsi anche «persone che non lo meritano, secondo me il gioco valeva la candela. Non ritengo realistico avere nell’elenco 7.500 restauratori tutti ineccepibili. L’elenco è il risultato dei lavori di una Commissione appositamente costituita, che ha lavorato in maniera che io non mi permetto di sindacare; se le sembra che vi siano stati deficit di trasparenza ed è in grado di indicare casi specifici, potrà intraprendere delle azioni in proposito.
Non credo le manchino gli strumenti, visto che lei oltretutto è «consultant for the restoration of monuments in the Caucasus area presso Ministry of Culture» (da Linkedin), vicepresidente di Ora ed è stata presidente di Confartigianato Restauro; un’Associazione che recentemente, tramite l’attuale presidente Vincenzo Basiglio, «ha sottolineato l’importanza di aver portato a compimento questo lavoro [cioè la procedura di accreditamento] che assume una valenza fondamentale nel formale riconoscimento della professionalità della categoria» [dal comunicato di Confartigianato del 29 maggio 2018].
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Una restauratrice all'opera in un'immagine tratta dal film «Tintoretto, un ribelle a Venezia», il docu film firmato Sky proiettato nei cinema italiani nel febbraio scorso
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