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Scena di amplesso su cocchio tratta dal Pornopapiro di Torino (CG 55001). Elaborazione grafica di Francesco Tiradritti dalla copia di Mario Tosi pubblicata in J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. XIII

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Scena di amplesso su cocchio tratta dal Pornopapiro di Torino (CG 55001). Elaborazione grafica di Francesco Tiradritti dalla copia di Mario Tosi pubblicata in J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. XIII

50 sfumature di lapislazzuli | 6.7

Amore e desiderio nell'antico Egitto. Donne e «motori», binomio senza tempo

Francesco Tiradritti

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Una delle scene del Pornopapiro di Torino che ha maggiormente attirato l’attenzione degli studiosi è anche una tra le più frammentarie. Quanto ne rimane ritrae un uomo che indossa una corta parrucca, identificato dalla didascalia soprastante conservatasi in modo parziale, come lo Scriba Thoth[…]. La bocca semiaperta attribuisce al viso un’espressione leggermente ebete che, considerando il contesto caricaturale, appare intenzionale. Nella mano destra l’uomo stringe una fiala, mentre intorno al gomito ha appeso un sistro di grandi dimensioni.

Si tiene in punta di piedi, in una posizione che facilita al fallo spropositato la penetrazione di un paio di terga femminili sporgente da un cocchio. Il resto della scena è perduta e l’attuale ricostruzione è largamente congetturale. Della ragazza sopravvive anche parte di un braccio allungato verso il tralcio di un convolvolo, pianta sovente attestata in scene a soggetto erotico.

Elemento ricorrente in simili figurazioni è ance la scimmietta che si arrampica lungo la stanga del cocchio alla quale sono aggiogate due adolescenti: una rivolta in avanti, l’altra all’indietro verso l’immagine in dimensioni ridotte di un uomo calvo e dall’enorme fallo che stringe nella mano destra una sporta e che nelle scena successive diviene il protagonista di una breve sequenza narrativa, parabola del desiderio maschile.  

Risulta da subito evidente che la scena dell’amplesso sul cocchio possiede un intento giocoso. La critica egittologica ha però cercato di riportarla in ambiti più elevati interpretandola come una satira di alcune scene attestate in monumenti funerari di epoca amarniana. Secondo l’interpretazione corrente tali immagini riprodurrebbero il tragitto che Akhenaton (1350-1333) percorreva ogni giorno sul cocchio dal palazzo reale fino al centro direzionale di Akhetaton, la città da lui fondata a Tell el-Amarna, e viceversa.

La corsa reale, effettuata all’alba e al tramonto, avrebbe avuto il senso di richiamare il percorso del sole in cielo ribadendo così la perfetta identificazione tra monarca e astro. La scena del papiro torinese sarebbe perciò stata una critica satirica di questo rituale. Il personaggio maschile impersonerebbe Akhenaton, la ragazza sul cocchio Nefertiti e le fanciulle aggiogate due delle loro sei figlie.

Questa non è l’unica immagine pornografica interpretata come una sorta di sbeffeggiamento del potere reale. Un esempio ancora più celebre è rappresentato da uno degli schizzi dipinti nella cosiddetta «Grotta degli scribi», una cavità artificiale, forse l’inizio dello scavo di una cappella funeraria, posta a non troppa distanza dal tempio della regina Hatshepsut (1479-1458) a Deir el-Bahri sulla Riva Ovest di Luxor.

La pittura mostra un uomo che possiede da dietro una donna piegata in avanti. Quest’ultima poggia le mani su un elemento di mobilio. La più recente pubblicazione della grotta continua a sostenere, come in passato, che la figura femminile nuda indossi una parrucca e una barba posticcia. Quest’accessorio era considerato simbolo del potere virile e come tale faceva parte dell’abbigliamento dei sovrani. Vederlo indossato da una figura femminile ha indotto a identificare questa con Hatshepsut e, di conseguenza, quella maschile con il suo maggiordomo (titolo che nell’antico Egitto indicava il preposto alla gestione e amministrazione delle proprietà) Senenmut.

Secondo quest’idea l’anonimo autore avrebbe perciò inteso prendersi gioco della regina che si autoproclamò faraone. Che vi fosse una relazione tra Hatshepsut e Senenmut è stato ipotizzato a varie riprese e lo lascerebbero anche supporre le molte statue del funzionario insieme alla figlia della regina Neferura.

Gli studiosi che hanno riconosciuto e riconoscono Hatshepsut e Senemut nella coppia ritratta nella Grotta degli scribi basano la loro conclusione unicamente sul particolare della barba posticcia, dimenticando però che questa è sì uno degli emblemi della regalità, ma non quello determinante per indicare il sovrano. L’unico elemento per stabilire in modo inequivocabile che la persona ritratta sia il monarca è l’ureo, il cobra in posizione eretta posto sulla sua fronte.

La figura femminile della Grotta degli scribi ne è priva. Osservando meglio l’immagine si scopre inoltre che la barba posticcia è in realtà la ciocca di capelli che non manca mai nelle figurazioni femminili con la testa piegata in avanti. Niente barba posticcia, niente sovrano. La pittura perde così il suo valore satirico e se Hatshepsut e Senenmut avessero una torna a essere una semplice illazione.

Anche l’interpretazione della scena con il cocchio sul Pornopapiro in quanto satira del tragitto quotidiano di Akhenaton presenta non pochi problemi. Primo tra tutti l’enorme divario cronologico. Lo sbeffeggiamento si troverebbe a essere rivolto a un evento ormai vecchio di oltre duecento anni che non è detto, tra l’altro, avesse ancora svolgimento. La didascalia ieratica afferma inoltre che l’uomo ritratto è lo scriba Thoth[…], rendendo impossibile che si tratti perciò di Akhenaton.

Trasposta in epoca contemporanea la presenza del cocchio fa venire in mente l’associazione tra donne e motori che appare ormai rappresentare un binomio indissolubile e consolidato nell’immaginario maschile. Nonostante oggigiorno si tenti di liberare l’immagine femminile da certi stereotipi, le fiere di settore (si veda l’Eicma) continuano ad accompagnare la presentazione dei prototipi di auto e moto con ragazze discinte. La loro avvenenza è tale che soltanto i veri appassionati riescono a distogliere lo sguardo e a concentrarsi sui modelli in esposizione.

All’epoca in cui fu realizzato il Pornopapiro di Torino il cocchio era in uso in Egitto da alcuni secoli. In un paese desertico e attraversato da un fiume per tutta la sua lunghezza non era considerato un mezzo di trasporto indispensabile ed era stato introdotto da popolazioni asiatiche nella seconda metà del XVII secolo a.C.

Fu soprattutto l’espansione delle conquiste territoriali verso la regione siro-palestinese che portò alla creazione di una divisione di carri in seno all’esercito. La scena del sovrano che scaglia frecce sul nemico o su animali selvaggi in fuga divenne ben presto una costante del repertorio iconografico reale e in epoca ramesside era consuetudine riprodurla sulle pareti esterne dei templi per sottolineare la potenza del re.

Appannaggio del monarca e dei più alti gradi dell’esercito, il cocchio restò a lungo un bene di lusso alla stregua di una costosa automobile sportiva contemporanea. Lo testimoniano chiaramente le decorazioni delle cappelle funerarie tebane. Celeberrima è la scena della Tomba di Menna (TT 69) dove un cocchio è riprodotto in prossimità di alcuni terreni coltivati. Il proprietario è Scriba dei campi del sovrano e nella figurazione ha inteso racchiudere un compendio figurativo delle attività più significative relative alla sua professione.

Seduto e in dimensioni maggiori rispetto agli altri personaggi della scena, Menna osserva varie fasi dei lavori agricoli. In un registro sono ritratti alcuni personaggi che si chinano in un evidente atteggiamento di sottomissione verso di lui. Alle loro spalle c’è un uomo che si prende cura di un cocchio in prossimità di un’aia dove alcuni scribi registrano le quantità di cereale raccolto.

Il veicolo appare così parcheggiato all’aperto in un contesto assolutamente campagnolo. Si tratta di un ambito che stride con il suo impiego prettamente militare e l’immagine è da considerare più uno sfoggio che la riproduzione della realtà. C’è da chiedersi se Menna avesse mai davvero posseduto un simile mezzo di trasporto. L’immagine fa parte della decorazione della sua cappella funeraria ed è noto come in tali contesti si abbia la tendenza a esagerare attribuendo ai defunti pregi, virtù e ricchezze che in vita non avevano.

Il problema della verisimiglianza si presenta anche per il cocchio sul Pornopapiro di Torino. È chiaro che il coito è impossibile in natura, non tanto per le sovradimensioni del fallo, quanto piuttosto per le sottodimensioni del veicolo. L’adattamento delle proporzioni è però perfettamente spiegabile nel contesto dell’arte egizia dove vi è la tendenza a mostrare quello che è nascosto. La resa realistica della scena prevedrebbe che l’uomo e la donna si trovino entrambi sul pianale. I lati dell’abitacolo occulterebbero però la parte saliente dell’azione.

Riproducendo l’uomo come se si trovasse a terra e sovradimensionandone la figura tutto risulta invece ben visibile.  Quello che toglie davvero verisimiglianza alla scena sono i particolari: la scimmietta, il convolvolo e le due fanciulle aggiogate al posto dei cavalli le attribuiscono una vena allegorica. Il cocchio si trova deprivato del suo valore bellico e trasformato quasi in un carro carnevalesco ante litteram. L’identificazione dell’uomo come lo scriba Thoth […] attraverso la didascalia e la forte caratterizzazione del suo volto contrastano però con un’interpretazione soltanto simbolica della figurazione.

Verrebbe perciò da pensare alla trovata di una cortigiana dalla particolare inventiva che proponeva alla clientela l’emozione di un amplesso su un cocchio in movimento. Tradotto in termini contemporanei equivarrebbe a un’accompagnatrice che offre i propri servigi su una macchina di lusso.

L’amplesso su cocchio del Pornopapiro propone il binomio erotismo e «motori» dal quale continua a trarre fonte di feconda ispirazione la cultura popolare contemporanea. Una recente trasposizione cinematografica del tema è quella compiuta da Ridley Scott ne «Il Procuratore» (2013) in una scena che ha lasciato non poco perplessi pubblico e critica in cui sono coinvolti Cameron Diaz, Javier Bardem e una Ferrari California. Alex Varenne, uno dei più grandi fumettisti erotici francesi recentemente scomparso, ne ha invece tratto spunto per creare il personaggio all’apparenza femminile di Erma Jaguar (nomen omen), protagonista di tre album di enorme successo basati su avventure notturne a sfondo erotico in cui gioca un ruolo fondamentale la vettura sportiva dalla quale l’eroina prende il nome.

CINQUANTA SFUMATURE DI LAPISLAZZULI
Amore e desiderio nell'antico Egitto

1. Parole antiche per aneliti senza tempo
2. Egyptian gods do it better!
3. L'amore cosmico
4.1 L'antica bellezza
4.2 L'antica bellezza
5. il tempo delle tilapie in fiore
6.1 Un documento scottante: il Pornopapiro di Torino
6.2 Un intrattenimento musicale particolare
6.3. Il Pornopapiro e la storia di due fratelli
6.4. Piaceri voyeuristici e fumigazioni terapeutiche
6.5. Eterno femmineo e virilità effimera
6.6. L'omo e la panterona
6.7. Donne e «motori», binomio senza tempo

Scena di amplesso su cocchio tratta dal Pornopapiro di Torino (CG 55001). Elaborazione grafica di Francesco Tiradritti dalla copia di Mario Tosi pubblicata in J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. XIII

Graffito dalla «Grotta degli scribi» a Deir El-Bahri (Luxor) e sua copia. Da Ragazzoli, Chloe. 2017. La Grotte Des Scribes à Deir El-Bahari: La Tombe MMA 504 et ses graffiti. Le Caire : Institut Français d’Archéologie Orientale, p. 166

Il cocchio di Menna dalla figurazione della sua cappella funeraria a Luxor; inizio del XIV secolo a.C. Foto C. de la Fuente; © Associazione Culturale per lo Studio dell’Egitto e del Sudan ONLUS

Reiner (Javier Bardem), Malkina (Cameron Diaz) e la Ferrari California. Fermoimmagine da «The Counselor - Il procuratore» di Ridley Scott (2013)

Copertina di Varenne, Alex. 1991. Erma Jaguar. La nuova Mongolfiera 35. Montepulciano: Editori del Grifo

Francesco Tiradritti, 19 marzo 2021 | © Riproduzione riservata

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