Patrimonio industriale dismesso: occasione per la cultura

Il presidente di Aipai (Associazione Italiana per il Patrimonio Industriale) Edoardo Currà racconta qual è il quadro italiano tra casi virtuosi e opportunità da cogliere

All'interno della Centrale Montemartini di Roma sono ospitate sculture antiche provenienti dai Musei Capitolini
Stefano Miliani |

Dalla Centrale Montemartini a Ostiense a Roma, dove convivono felicemente sculture classiche e pesanti macchinari, alle rimesse per aerei di Pier Luigi Nervi a Marsala, il panorama delle strutture industriali dismesse in Italia conta eccellenze riconvertite alle arti o che andrebbero recuperate. Lo sostiene Edoardo Currà, presidente della Associazione Italiana per il Patrimonio Industriale – Aipai, per i secondi «Stati generali del patrimonio industriale» tenuti dal 9 all’11 giugno nella sede di San Pietro in Vincoli nella facoltà di ingegneria dell’Università La Sapienza a Roma, e nel Santuario di Ercole Vincitore a Tivoli. Hanno collaborato al congresso il Dipartimento di ingegneria civile edile e ambientale dell’ateneo e l’Istituto Villa Adriana e Villa d’Este del Ministero della Cultura.

Qual è il quadro del patrimonio industriale italiano riadattato a fini culturali e soprattutto artistici?
È sicuramente incoraggiante. L’uso culturale e ancor di più artistico viene identificato da tempo come un elemento base per riappropriarsi con nuovi significati del passato industriale.

I casi più rappresentativi?
Da un lato sono quelli che si pongono in modo dialettico rispetto all’oggetto d’arte, che seguono il principio degli «spazi alternativi» dove si fa attività performativa. Un altro tipo è dato dai siti dove lo spazio e il luogo instaurano dialoghi con l’arte e con l’archeologia come, a Roma, l’esperienza unica al mondo della Centrale Montemartini: qui le candide sculture dei Musei Capitolini si contrappongono cromaticamente e felicemente ai macchinari cupi e neri.
Le OGR di Torino oggi sono uno spazio culturale polifunzionale che ospita mostre, concerti e convegni. Nella foto una veduta della personale di Pablo Bronstein
Possiamo citare anche siti come le Ogr (Officine Grandi Riparazioni) di Torino, no?
Sì, come possiamo ricordare la Bicocca di Milano, i cantieri culturali della Zisa a Palermo, in cui si trova tutto lo spettro delle arti, oppure l’area del Mattatoio a Roma. Forse il luogo più iconico al mondo resta la Tate Modern nella ex centrale termoelettrica di Londra: dimostra come le grandi dimensioni delle opere d’arte contemporanea lì trovino uno spazio adeguato.

Quali strutture in Italia andrebbero recuperate e salvate?
Ci sono complessi integri e minacciati che conservano ancora le macchine. Per esempio la Snia Viscosa a Roma oppure i gasometri presenti in tutte le città: erano fabbriche in cui il gas veniva prodotto e accumulato, per cui sono anche aree inquinate. È importantissimo il centro aeronautico di Guidonia, in provincia di Roma: si tratta di colossali gallerie del vento dove alla fine degli anni ’30 e negli anni ’40 venivano provati i modelli in scala degli aeroplani. È dove vennero scoperte le leggi che permettono il volo ultrasonoro e che regolano il comportamento degli aerei nella stratosfera. Sempre in ambito aeronautico sono rimaste solo due delle rimesse per aerei di un grande ingegnere come Pierluigi Nervi, a Marsala, e andrebbero salvate.

Perché recuperare le strutture industriali dismesse? E perché destinarle a un uso culturale?
Sono quasi il 3% delle aree disponibili, un patrimonio immenso, in gran parte privato e probabilmente oggi aumentato perché è un dato Istat di dieci anni fa. Comprendono di tutto, dalle fabbriche alle stazioni abbandonate ai porti. Per risponderle servono quattro ragionamenti.
Edoardo Currà, presidente di Aipai
Cominciamo con il primo.
La struttura appartiene a un’azienda ancora attiva e quindi il recupero dovrebbe far parte di un piano aziendale che trae valore dalla sua memoria, facendo tesoro di quanto hanno già fatto tante imprese italiane aprendo musei o archivi. Sono giacimenti di creatività che riposizionano le aziende stesse sul mercato.

Il secondo ragionamento?
In numerose aree urbane diventate di proprietà pubblica o delle banche, spesso a causa di fallimenti, si accumula emarginazione ma hanno bisogno di essere bonificate. Vanno recuperate anzitutto per rigenerare la città. Altre aree hanno potenzialità colossali perché conservano la memoria della popolazione locale per più generazioni: un caso lodevole perchè riuscito sono le aree della Eridania a Parma.

Il terzo ragionamento?
Si parla delle eccellenze e qui entra la questione dei musei. Come Aipai non siamo per musealizzare tutto il patrimonio perché è sconfinato ma casi come la Centrale Montemartini o antiche centrali elettriche hanno un deposito di beni eccezionale.

Il quarto e ultimo punto?
Penso a luoghi come le Ogr di Torino o, da un altro punto di vista, al Maam [il Museo dell’altro e dell’altrove, ndr] sulla Prenestina a Tor Sapienza a Roma: è uno spazio abitato, informale, occupato, la vicenda è complicata ma in qualche modo regge ed è congeniale per vivere e praticare l’arte.

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