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L’Abbazia di Santa Maria di Cerrate che è stata al centro di una controversia tra il Fai e la soprintendenza. Foto Filippo Poli © FAI

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L’Abbazia di Santa Maria di Cerrate che è stata al centro di una controversia tra il Fai e la soprintendenza. Foto Filippo Poli © FAI

Dalla parte del paesaggio, fonti di energia comprese

Il presidente del Fai Magnifico ricorda all’ex ministro Cingolani il valore primario del paesaggio. Ma «spesso i funzionari bloccano per mancanza di competenze»: contestati il colore della nave di Piombino e i pannelli sul tetto che si vedono solo dall’elicottero

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Di fronte alla bocciatura, da parte di alcune Soprintendenze, di nuovi impianti per le energie rinnovabili, l’ex ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani (ora consulente per l’Energia del nuovo ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin) ha dichiarato di recente: «Comprendo l’importanza del paesaggio, ma trovo stucchevole dire che il paesaggio è nella Costituzione. In questo momento cos’è prioritario: l’emergenza energetica, la tenuta industriale del Paese o il paesaggio?».

Dichiarazione quanto meno spericolata (che ha infatti innescato un dibattito rovente), riguardo alla quale abbiamo interpellato Marco Magnifico, presidente del Fai, Fondo Ambiente Italiano, da sempre tutore intransigente dell’ambiente ma anche attivo in prima linea sul fronte del risparmio energetico nei beni di proprietà del Fondo (e da molto tempo prima che l’emergenza esplodesse). «Quando ho letto quell’aggettivo, “stucchevole”, ammetto di essermi assai indignato, spiega Magnifico. L'articolo 9, che tutela il paesaggio, fa onore alla nostra Costituzione ed è fondativo della nostra identità nazionale. Non esiste emergenza alcuna che possa mettere in secondo piano un principio sacro come quello della salvaguardia del nostro tesoro più grande: il paesaggio italiano, uno dei più belli e vari del mondo! Tuttavia vorrei fare una premessa».

Quale premessa?
Tutti noi siamo rimasti molto stupiti quando il Ministero dell’Ambiente è sparito, lasciando il posto a quello della Transizione ecologica: si tratta, infatti, di due concetti molto diversi, perché l’ambiente non è solo l’ambiente naturale ma quell’insieme di natura e storia (cioè il frutto del lavoro e del genio di chi quel territorio lo ha abitato per secoli, trasformandolo e migliorandolo) che, nel nostro caso, fa dell’Italia il Paese più bello del mondo. L’ambiente “naturale” non esiste più, occorre invece imparare a conservare l’ambiente in questa sua accezione più ampia. Riguardo alle parole dell’ex ministro, è probabile che, come tutte le persone appassionate del proprio lavoro, sia stato trascinato dall’emozione del momento, ma avrebbe dovuto correggersi. Non l’ha fatto. Tuttavia...

Tuttavia?
Tuttavia, con grande dispiacere, devo ammettere che certi comportamenti inadeguati, certe chiusure incomprensibili (quando non intollerabili) di alcuni funzionari del MiC, possano indurre le persone inavvertite a emettere simili giudizi: è ciò che è accaduto, per esempio, quando la Soprintendenza ha contestato il colore della nave di rigassificazione di Piombino. Il problema è che il personale delle Soprintendenze è non solo numericamente insufficiente per la mole di lavoro che deve svolgere da quando si occupa anche di paesaggio, ma lo è anche per il cursus studiorum dei suoi funzionari: non esistendo in Italia un corso di studi sul paesaggio (mentre in Francia c’è l’École Nationale du Paysage), si tratta di storici dell’arte o di architetti. I funzionari, che pure lavorano allo stremo e rischiano molto (anche sul piano penale), mancano delle competenze necessarie e di criteri condivisi per giudicare correttamente in quest’ambito. Qualcosa va cambiato.

Ci può portare qualche esempio?
Posso citare un episodio a dir poco singolare che riguarda proprio il Fai e la nostra meravigliosa abbazia romanica di Santa Maria di Cerrate, un complesso fuori Lecce, da noi restaurato, che nel tempo, scomparsi i monaci, si era trasformato in un’enorme masseria, con un oleificio, dei mulini e altri edifici: tutti con il tetto piano. Sebbene allora non si parlasse ancora di emergenza energetica, noi intendevamo montare su questi tetti piani dei pannelli solari, che sarebbero stati del tutto invisibili, ma la Soprintendenza ce l’ha impedito. E alle mie obiezioni, il funzionario ha ribattuto che sì, i pannelli non si vedevano dal basso, ma che si sarebbero potuti vedere da un elicottero! Ora rischiamo che lo stesso accada nella nostra sede di Milano della Cavallerizza, l’ex maneggio militare di via Carlo Foldi, che ha un tetto a doppio spiovente. Uno dei due spioventi è esposto a Sud ed è nostra intenzione montare dei pannelli solari, che non si vedranno dalla strada. Non sappiamo però se potremo farlo.

Secondo lei, come si potrebbe porre rimedio a queste storture?
Occorre rimediare a quest’emergenza di competenza, oltre che di organico, nelle Soprintendenze. E sarà ciò che andrò quanto prima a raccomandare al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, perché l’ex ministro Franceschini ha realizzato molte eccellenti riforme ma alcune, come questa, non le ha portate a compimento. Dunque bisogna ovviare innanzitutto all’inadeguatezza delle Soprintendenze per numeri, mezzi economici e strumenti di lavoro, e al tempo stesso dare il via a una pianificazione tra Regioni, Comuni e tutti gli organi competenti sul territorio per installare, ma con cognizione di causa, ciò che serve per le energie rinnovabili, pale eoliche incluse. Se inserite nei posti giusti, le pale non sono, infatti, più fastidiose di un traliccio dell’energia elettrica. Del resto, il paesaggio non è una realtà intoccabile. Bisogna però che si conoscano a priori le sedi possibili, mentre oggi bisogna finanziare e presentare un progetto, con l’alto rischio che, a posteriori, venga bocciato.
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Marco Magnifico, presidente del Fai, Fondo Ambiente Italiano

Ada Masoero, 28 novembre 2022 | © Riproduzione riservata

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