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Si chiamava Spazio WOW-Museo del Fumetto (sottotitolo: «Museo del fumetto, dell'illustrazione e dell'immagine animata») e dal 2011 si apriva in viale Campania a Milano, negli spazi di proprietà del Comune di Milano un tempo occupati dallo stabilimento Motta. In quell’anno la Fondazione Fossati aveva partecipato, vincendolo, a un bando di gara indetto dal Comune, che prevedeva il pagamento di un canone di concessione annuo di 29.210,49 (35.636,79 euro, Iva inclusa, per una superficie di oltre 1.178 metri quadrati), rivalutabile annualmente secondo l’indice Istat. Aggiudicatasi lo spazio, la Fondazione concordò con il Comune la realizzazione del Museo del Fumetto, realtà poi apprezzata dalla cittadinanza e dal Comune stesso che, tuttavia, a fronte di un debito per i canoni non versati superiore ai 160mila euro e dopo non aver avuto riscontri, per un anno, alle sue proposte per l’estinzione del debito (rateizzazione e fideiussione), non ha potuto rinnovare la concessione.
Molti «wow!» (di disappunto, però) si sono comprensibilmente levati dopo che la Fondazione Fossati ha lanciato sul suo sito un appello di crowdfunding: «Il Comune, padrone del palazzo, chiede tutti i soldi di alcuni affitti rimasti non pagati (causa Covid e post Covid) per rinnovare la concessione dello spazio. Senza beneficiare di alcun contributo comunale da sei anni, la Fondazione non può andare avanti. Aiuta la sopravvivenza e l'indipendenza della Fondazione e del Museo! Fai una donazione attraverso ...». Appello poi rilanciato da vari mezzi d’informazione che lamentavano la mancata sensibilità dell’Amministrazione nei confronti di uno spazio culturale. Lo stesso assessore alla Cultura Tommaso Sacchi si era detto molto addolorato per questa situazione e aveva agevolato l’incontro fra le due parti, mentre la Direzione Cultura e l’Avvocatura del Comune, da parte loro, lanciavano l’ulteriore proposta di consentire alla Fondazione di rimanere nell’immobile di viale Campania fino all’aggiudicazione del nuovo bando per il (prossimo) gestore dello spazio, a condizione che venisse corrisposto il canone pattuito nel 2011, con rivalutazione Istat: «Importo, precisano dal Comune, che potrebbe essere coperto integralmente dagli introiti dell’affitto del bar annesso al museo (oltre 4mila euro al mese, Ndr). Se vincitrice del bando, la Fondazione potrà rimanere a gestire lo spazio e a tenere aperto il Museo».
Alla luce di questi dati, per quanto non si possa non essere sensibili al valore culturale del Museo del Fumetto, non si può nemmeno ignorare che, trattandosi di un bene pubblico, Direzione Cultura e Avvocatura del Comune non possono compiere un illecito, consentendo a un inquilino moroso (cui per altro è stata correttamente applicata l’agevolazione dell’abbattimento del 70 per cento del canone) di continuare a occupare un immobile di proprietà del Comune. Molto rumore per nulla?
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