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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliAdriana Polveroni, docente di museologia ed esperta di mercato dell’arte, dal 2017 al 2019 già alla direzione di ArtVerona, è la direttrice artistica della fiera Roma Arte in Nuvola.
 
Che cosa significa progettare una fiera del contemporaneo a Roma?
 Significa accettare una scommessa. Ovvero determinare a Roma un sistema dell’arte maturo, creando una rete, tessendo rapporti per compattare quanto già esiste, ma sfilacciato.
 
 Perché a Roma è così difficile?
 Per il carattere dei romani, scettico, non ci credono fino in fondo. Ci sono molte potenzialità, energie in circolo, ma c’è difficoltà a tesaurizzarle e a fare rete. L’esito è la dispersione. La fiera invece vuole fare da collante, incanalare quanto c’è già.
 Roma può essere una città d’arte contemporanea?
 Assolutamente sì. Dalla vivacità degli spazi non profit alle gallerie che fanno ricerca, a quelle consolidate e anche quelle internazionali. E poi le grandi istituzioni pubbliche e private, dai musei alle fondazioni. Per non parlare della presenza delle tante accademie straniere. Una realtà ricchissima, ma addormentata e dispersa. Ruolo della fiera è anche quello di fungere da scossa per tutto questo.
 
 Ci sono state difficoltà nell’organizzare la fiera?
 Non nello specifico, ma in generale la pandemia ci ha reso la gestione davvero tormentata, con due rinvii. E, sempre, in generale non ci è d’aiuto la non felice collocazione dopo tre fiere italiane e tre grandi fiere estere, e a una settimana da Miami.
 Che cosa consiglierebbe a un giovane collezionista?
 Gli consiglierei di guardare non solo le gallerie nelle fiere, ma di girare per musei, di visitare gli studi, di andare a vedere che cosa succede in Cina, nuova meta del grand tour contemporaneo. In sintesi, gli direi di fare un lavoro a tempo pieno, che comprende la conoscenza di tutti gli artisti e relative quotazioni. Alla fine tutto deve convergere in una consapevolezza del proprio ruolo, che comprende anche una responsabilità civile, cioè quella di sostenere il mercato del proprio Paese. Perché il collezionista italiano troppo spesso compra estero, e all’estero.
 Le fiere rimarranno sempre quello che sono o, come tante realtà di oggi, subiranno mutazioni?
 Le fiere cambieranno, ma come non so dirlo, è un work in progress e siamo in mezzo alla corrente. Siamo in una fase di fluidificazione e anche i musei stanno cambiando, per non parlare del ruolo del curatore messo in crisi.
 Da chi?
 Come da chi? Dall’artista! Da Documenta a tante Biennali, da singole mostre alla Quadriennale, è l’artista che sta prendendo il posto del curatore. È il ripristino della sua centralità.
 Sì, ma da curatore.
 Vedremo dove porterà questa corrente.
 LEGGI ANCHE: L'intervista al patron della fiera Alessandro Nicosia
                        
                    Adriana Polveroni
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