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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliRoma, si sa, è un condensato di storia, arte e civiltà, ma esistono luoghi di Roma dove questo dato è più chiaramente percepibile che in altri. Fino al 28 dicembre sarà visitabile Palazzo San Felice sul Quirinale, che comprende nella propria area monumenti, chiese e conventi con cui è possibile tracciare uno sviluppo del sito dal I sec. a.C. alla contemporaneità.
Edificato nel 1864 in via della Dataria, a 200 metri dalla sommità del Colle, il Palazzo ospiterà, da fine 2026, i 350mila volumi della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, precedentemente ubicata a Palazzo Venezia. È stata la Presidenza della Repubblica, nel 2017, a concedere al Ministero della Cultura l’uso dell’edificio. Ma Palazzo San Felice non nasce ex novo, bensì come esito di una trasformazione parziale di un convento edificato nel XII secolo (permangono tracce di affreschi trecenteschi), ricostruito nel XVI secolo, e riadattato nel 1620-30, per volontà di Urbano VIII, a sede della Famiglia Pontificia (servitù e collaboratori, in stretta pertinenza con il vicino Palazzo del Quirinale, addivenuta sede presidenziale dopo essere stata papalina).
Il nome deriva da san Felice di Cantalice (1515-87), frate cappuccino amato dal popolo e amico di san Filippo Neri, che trascorse nel convento gli ultimi quarant’anni della sua umile vita. Il convento venne edificato lì, per la prossimità con la chiesa medievale di San Nicola de Portiis, ricostruita nel XVI secolo e dedicata a san Bonaventura. La ristrutturazione ottocentesca dell’antico convento in Palazzo permise la scoperta della grande Tomba dei Sempronii. Costituito da poderosi blocchi di travertino, il sepolcro, edificato nella seconda metà del I secolo a.C. da componenti della potente gens Sempronia, si erge su alto podio ed è coronato da un elegante fregio a palmette. L’epigrafe scolpita sopra l’arco d’ingresso ci dice che lì furono sepolti Cneo Sempronio, sua sorella Sempronia e la loro madre Larcia. Tramite l’arco si accede a un corridoio coperto da volta a botte, che originariamente conduceva a una camera sepolcrale in laterizi, ora scomparsa.
Con il progetto di adattamento dello stabile a sede della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte, questo spicchio della Città Eterna si inoltra nella contemporaneità, essendo il progetto architettonico firmato da Mario Botta, che lo ha donato allo Stato e alla Città. Questa è rappresentata per intero in uno dei capolavori della cartografia urbana esposto nel percorso di visita, ovvero il «Disegno per la Nuova Pianta di Roma», eseguito nel 1736-38 da Giovanni Battista Nolli. La traduzione calcografica del grande e particolareggiatissimo foglio fu realizzata da incisori quali Giovan Battista Piranesi e Giovan Battista Vasi, dando vita così all’opus magnum finale terminato nel 1748. Il limpido allestimento, curato dall’Università La Sapienza di Roma sotto la guida del professor Carlo Martino, permette di immergersi nelle vicende di questo sito così tipicamente romano.
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