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Lascia e raddoppia

Il Santuario della Consolata sarà oggetto di restauri e scavi archeologici grazie al «matching grant» della Fondazione Crt

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Jenny Dogliani

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Il Santuario della Consolata è tra i più antichi luoghi di culto piemontesi. Le sue origini risalgono al V secolo, quando sui resti della cinta muraria romana, ancora visibili, fu costruita una piccola chiesa dedicata a sant’Andrea. Nell’XI secolo l’edificio fu trasformato in abbazia romanica a tre navate e nel secolo successivo elevato allo status di basilica.

Nel Sei-Settecento diventò un’icona del Barocco piemontese. Distrutto nel 1675, fu ricostruito nel 1678-1704 su progetto di Guarino Guarini, cui si devono l’Ovale di Sant’Andrea (grande volume ellittico sorto al posto della navata centrale) e il corpo a pianta esagonale a nord. Nel 1729-40 Filippo Juvarra ridisegnò presbiterio, altare maggiore e cupola. All’aspetto attuale contribuì inoltre l’intervento neobarocco di Carlo Ceppi, che a inizio Novecento ampliò l’abside esagonale con quattro cappelle ellittiche e due coretti e aggiunse il pronao all’ingresso meridionale.

Oggetto di un ciclo di restauri interni conclusi nel 2007 con interventi alla sacrestia maggiore, il Santuario della Consolata presenta varie parti in condizioni di degrado. Opere di consolidamento dei cornicioni delle facciate dell’Ovale di Sant’Andrea, danneggiati dalle infiltrazioni di acqua piovana, sono state compiute tra luglio e novembre scorsi per un costo di circa 140mila euro, di cui 70mila finanziati dal Comune e 82mila dalle donazioni dei fedeli. Il 26 settembre scorso la Fondazione Crt ha inoltre stanziato un milione di euro per completare i lavori di cui necessita il complesso (somma che si aggiunge ai 3 milioni già erogati negli anni precedenti).

Oltre al contributo diretto di 670mila euro per il recupero del chiostro, la Fondazione ha avviato una campagna di fundraising alla quale applicherà il meccanismo del «matching grant» (sovvenzione paritaria), raddoppiando la cifra raccolta sino a un massimo di 150mila euro. È a seguito di un confronto con Arcidiocesi e Soprintendenza che gli interventi prioritari sono stati individuati nelle facciate del chiostro, elemento di raccordo tra il Santuario e il Convitto segnato da ingenti distacchi di intonaco. I lavori si svolgeranno in primavera e comporteranno il ripristino dei sistemi di allontanamento dell’acqua piovana, l’integrazione e la sigillatura delle lastrine lapidee poste a copertura di finestre e cornici del primo ordine e il risanamento degli intonaci e degli stucchi decorativi.

La somma ricavata dalla raccolta fondi coprirà invece i costi del cantiere studio, che consiste in scavi e indagini archeologiche relative alle fasi preguariniane, già parzialmente documentate in uno studio preliminare avviato nel 2008. Fu allora che in un corridoio del Convitto furono intercettati gli archetti della campitura sud-est dell’abside romanica e poi tutta la parte esterna dell’abside fino al muro di fondazione, mentre nel mezzanino si scoprirono tre monofore absidali e parte degli archi presbiteriali ancora dipinti.

Nuovi saggi stratigrafici estenderanno tali studi riportando alla luce elementi figurativi e geometrici dell’XI secolo, drappeggi parietali dipinti a damasco del XV secolo e ghirlande e motivi floreali risalenti (presumibilmente) al periodo di elevazione a santuario; piccole rimozioni permetteranno inoltre di completare le ricostruzioni 3D già in corso. Obiettivo del cantiere è infatti anche la realizzazione di un percorso di visita.

Jenny Dogliani, 12 aprile 2017 | © Riproduzione riservata

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