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Il fregio e lo sfregio

Il fregio e lo sfregio

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

La mostra «William Kentridge. Triumphs, Laments and other Processions», visibile da Lia Rumma fino al 24 maggio, è, certamente, un magnifico corollario di «Triumphs & Laments: a project for Rome», l’installazione di Kentridge inaugurata il 21 aprile che scorre per 550 metri lungo i muraglioni del Tevere

Ma è anche molto di più: con i disegni e gli inchiostri preparatori, le sculture e gli arazzi realizzati in vista di quell’opera ciclopica, con i cut-out usati per realizzare in negativo (cancellando i depositi di smog dalla muraglia), quel «corteo d’ombre» destinato a svanire in pochi anni, la mostra milanese presenta, infatti, anche la videoinstallazione «More Sweetly Play the Dance», proposta in anteprima nel 2015 all’Eye Film Institute di Amsterdam.

È la sua musica, struggente e gioiosa al tempo stesso, ad accogliere i visitatori, per guidarli al centro del gigantesco fregio in movimento, i cui personaggi scorrono lungo otto grandi schermi, raccontando l’Africa con una sequenza di sagome di ballerini e migranti, donne e musicisti, dimostranti e lavoratori, dolori e feste.

Sudafricano, nato nel 1955, Kentridge conosce davvero, dall’interno, la realtà di quel continente, con le sue innumerevoli tragedie e la sua impensabile capacità di resilienza: ecco perché questo lavoro emozionante e grandioso, epico ma mai retorico, diventa un contributo alla causa africana ben più efficace e persuasivo dei proclami di tanti intellettuali nostrani.

Ai due piani superiori vanno in scena i lavori legati al fregio romano, commoventi soprattutto quando le immagini sono tracciate su registri contabili di antichi poderi, dove scorrono le misere cifre, i grami «dare e avere» dei mezzadri italiani d’inizio Novecento.

 

Ada Masoero, 05 maggio 2016 | © Riproduzione riservata

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Il fregio e lo sfregio | Ada Masoero

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