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Un’estate: ecco la durata dei padiglioni che da 17 anni la Serpentine Gallery commissiona a un’archistar o a un emergente per i Kensington Gardens. Ma qual è il destino, una volta smantellate, di queste straordinarie architetture transitorie?

Alessandro Martini

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Diciassette anni nel segno di Zaha Hadid: dal 2017 a ritroso, fino al 2000, la Serpentine Gallery e la Serpentine Sackler Gallery di Londra, vicinissime nei prati di Hyde Park, riannodano i fili di un lungo percorso tra architettura espositiva, evento mediatico e star system internazionale. La Sackler ospita fino al 12 febbraio una mostra dedicata proprio all’archistar anglo-irachena scomparsa nel 2016, all’interno della tensostruttura fluida da lei stessa progettata nel 2013. Poco lontano, nel prato accanto alla Serpentine Gallery, si è appena chiuso il padiglione temporaneo, che ogni estate porta una firma celebre dell’architettura mondiale a confrontarsi con la sede permanente, il «tea pavilion» costruito nel 1933 da James Grey West. Diciassette anni fa era stata proprio Zaha Hadid a progettare il primo padiglione, un origami zigzagante di tela candida che era anche una delle sue prime opere realizzate. Dopo di lei, una lista di star internazionali (da Nouvel a Zumthor fino a Sanaa) ha progettato strutture effimere che ogni estate, da giugno a ottobre, hanno accolto vip e socialite, art addicted e architetti da tutto il mondo, nel pieno dei Kensington Gardens, a pochi metri dalla fontana dedicata alla principessa Diana.

Via via, si sono visti padiglioni delle più diverse forme e materiali, in un’alternanza di figure storiche e giovani alla moda o di fama prossima ventura. Tutti con una caratteristica comune: quando sono stati coinvolti erano alla loro prima realizzazione sul suolo britannico. Fino alla superstar di oggi, il danese Bjarke Ingels dello studio Big. Il suo padiglione, una torre di vetroresina che ascende e si contorce, si è chiuso, come sempre, a inizio ottobre. Che cosa ne sarà? Molti dei suoi predecessori sono stati riutilizzati in spazi pubblici e privati, venduti a collezionisti grazie alla mediazione dell’agenzia immobiliare Knight Frank, specializzata in residenziale di lusso. La gran parte, negli ultimi anni, è stata addirittura acquistata ancora prima di essere inaugurata, riconosce l’ex direttrice della Serpentine, Julia Peyton-Jones, finanziandone così la realizzazione (per circa il 40% dei costi totali).

Il grande «donut» di Smiljan Radic nel 2014 (un bozzolo di vetroresina appoggiato su massi sparsi) è ora utilizzato dalla galleria Hauser & Wirth nella succursale del Somerset. Ma è uno dei pochi attualmente aperti al pubblico. I pannelli di alluminio di Daniel Libeskind (2001), dopo un breve riutilizzo a Cork (Capitale Europea della Cultura 2005), ora languono in un deposito di periferia. Altri invece sono stati acquistati per usi privati e perlopiù esclusivi. Ben due ex padiglioni si godono oggi il sole del Midi francese: i triangoli e trapezi che scavano il parallelepipedo bianco di Toyo Ito (2002) sono ora il caffè dell’hotel Le Beauvallon, sulla baia di Saint-Tropez. Tra i vigneti di Aix-en-Provence, l’assemblaggio di legno, acciaio e vetro di Frank Gehry (2008), ora sede di concerti ed eventi en plein air, è parte della collezione dell’immobiliarista irlandese Paddy McKillen per i suoi possedimenti biodinamici di Château La Coste, insieme agli edifici firmati da Tadao Ando, Jean Nouvel, Richard Rogers, Renzo Piano e Kengo Kuma.

Almeno quattro degli ex padiglioni sono stati acquistati da un collezionista, rigorosamente anonimo. «Mi sono innamorato del progetto di Oscar Niemeyer del 2003 e ho dovuto assolutamente comprarlo», ha confessato. Per molti milioni di euro ciascuno non ha potuto non avere gli edifici di Alvaro Siza e Souto de Moura (2005), Rem Koolhaas (2006) e Olafur Eliasson (2007). L’opera congiunta di Ai Weiwei con Herzog & de Meuron è invece nelle disponibilità del magnate dell’acciaio indiano Lakshmi Mittal. Il padiglione è destinato alla casa di campagna ad Alderbrook Park, ecosostenibile e con tanto di stupa direttamente dall’India: «Ho pensato che fosse un edificio perfetto per meditare e leggere un libro», ha rivelato la signora Usha Mittal. Che cosa resta invece del primo della serie, il padiglione di Zaha Hadid? Nel 2015, mentre con un cocktail sull’erba si inaugurava il tunnel trasparente dello studio SelgasCano per i 15 anni dell’evento, la candida tensostruttura dell’anno 2000 ospitava, in un parco giochi in Cornovaglia, una festicciola per bambini. È in affitto a 500 sterline per matrimoni e feste danzanti.
 

Alessandro Martini, 08 gennaio 2017 | © Riproduzione riservata

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