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Mentre a Mosca il Museo Pushkin celebra Giorgio Morandi con una mostra ricca di rarità, il pittore bolognese (1890-1964) è protagonista fino al 29 luglio di un’importante rassegna monografica da Robilant+Voena, nella sede londinese di Dover Street, la seconda dopo quella tenuta in galleria nel 2011.
Per questa nuova esposizione sono stati selezionati dipinti di paesaggio, nature morte e fiori, tutti degli anni tra i Trenta e i Sessanta, oltre a un acquarello. È possibile perciò seguire, in tutti i «generi» da lui praticati, l’indagine instancabile compiuta da Morandi su pochi temi, in cerca di sottili variazioni cromatiche e di equilibri compositivi sempre più perfetti e, verso la fine del suo percorso, in cerca di un’essenzialità tanto assoluta da portarlo ad anticipare il Minimalismo.
In particolare i quattro i paesaggi in mostra, realizzati tra il 1941 e il 1963, palesano la progressiva semplificazione perseguita da Morandi nel suo ultimo ventennio, in cerca dell’essenza del visibile. Lo stesso accade nelle sue minime, polverose composizioni di fiori, di cui la rassegna esibisce quattro esempi, e nelle celebri nature morte di bottiglie e oggetti. In mostra ce ne sono cinque, cui si aggiunge una «Natura morta» di conchiglie del 1943, dipinta con i colori cupi che Morandi adottò negli anni della guerra, unico riverbero del dramma dei tempi nella sua pittura sempre misurata e controllata, ma solo in apparenza distaccata dal mondo. Non stupisce che tanti artisti contemporanei, da Lawrence Carroll a Tacita Dean a Brigitte Niedermair, gli rendano omaggio nei loro lavori come a un maestro ineludibile.
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