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Quando è il pubblico a essere esposto

«Uno spazio espositivo è popolato da persone che vanno e vengono, che si fermano, che guardano, che provano a capire. Diventano lo specchio dell’arte, si fanno aura, disegnano geometrie imprevedibili, influenzano lo spazio e, soprattutto, le opere»

Alessandro Martini

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È quanto scrive Roberto Cotroneo nel volume dato alle stampe da Contrasto, che accompagna la mostra in corso fino a inizio giugno presso La Galleria Nazionale di Roma.
 
Il libro, così come la mostra, si intitola Genius Loci. Nel teatro dell’arte (128 pp., € 22,00): un’indagine, attraverso la fotografia, dei comportamenti del pubblico all’interno dello spazio museale, delle interrelazioni tra opera d’arte e soggetto singolo o in gruppo, tra movimento e staticità, tra permanente e transitorio. Un progetto, vale la pena di sottolinearlo, consentito anche dalla legge n. 106 del 2014 (ArtBonus) che finalmente concede la possibilità ai visitatori di scattare fotografie all’interno dei musei statali, come già accadeva quasi ovunque nel mondo.


Nel gran teatro dell’arte (i Musei Vaticani così come la Galleria Borghese o il MaXXI di Roma, l’Egizio di Torino, gli Uffizi di Firenze o il Mart di Rovereto), la scena è occupata dalle opere e, insieme, dal pubblico che le osserva e con cui si mette in relazione, con modalità complesse e sempre diverse.


Cotroneo è romanziere, critico (per vent’anni capo delle pagine culturali di «l’Espresso», oggi a «Sette» del Corriere), poeta, saggista. Qui è anche fotografo, in un progetto che fonde immagini e parole. Parole, commenti, domande e intuizioni accompagnano immagini frutto di un progetto durato più di tre anni, in cui protagonisti sono azioni e relazioni, sguardi ed espressioni ora di ammirazione ora di perplessità, corpi statici ma soprattutto in movimento. Che guardino Hopper o Piero della Francesca, Giacometti, Burri, LaChapelle o Kapoor, «molti si adattano alle opere: scegliendole, esitando, fermandosi più su un’opera che su un’altra.


Molti, ancora, (...) si muovono in gruppo, in massa, come fossero migrazioni. Altri, come soffrissero di una intermittenza della comprensione, si stupiscono di fronte a installazioni che capiscono poco, o che trovano eccentriche». Molti prima di Cotroneo si sono cimentati con gli interni dei grandi musei, spesso vuoti e talvolta con risultati di straordinaria suggestione, da Massimo Listri a Candida Höfer, fino a Thomas Struth. «Ma Struth lavora sul disegno della folla, qui invece, specifica Cotroneo, è la geometria dei movimenti a essere determinante. Il modo in cui il visitatore si espone all’opera, attraverso i piedi, le gambe, i capelli, i vestiti e le geometrie dello spazio».

Alessandro Martini, 09 giugno 2017 | © Riproduzione riservata

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