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«Frühling in Hacking» («Primavera a Hacking») (1883), di Emil Jakob Schindler (particolare)

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«Frühling in Hacking» («Primavera a Hacking») (1883), di Emil Jakob Schindler (particolare)

Per l’Austria le «vendite» durante il nazismo non sono valide

Si promuovono nuovi orientamenti sulla ricerca e raccolta di elementi di prova in tema di restituzione di opere d’arte razziate

Flavia Foradini

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Cambio di rotta per la Commissione austriaca per la restituzione di opere d’arte razziate durante il nazismo. Le raccomandazioni che ha espresso nella sua ultima sessione del 2023 (la 103ma dalla sua istituzione) non s’inscrivono nel classico elenco di capolavori contesi e/o restituiti, ma promuovono nuovi orientamenti sulla ricerca e raccolta di elementi di prova. E suggeriscono confronti con casi celebri recenti, per esempio con il corpus di opere di Egon Schiele dalla collezione di Fritz Grünbaum.

La Commissione austriaca ha raccomandato fra l’altro la restituzione di due disegni dell’Albertina e di un dipinto del Belvedere. Il 28 aprile del 1939 l’Albertina acquistò sul mercato due disegni a matita: «Vendemmia a Vöslau» (1814-20) di Friedrich Philipp Reinhold e «Autoritratto» di Joseph Schönmann. Insieme ad altre, erano state vendute da Heinrich Schwarz per finanziare il proprio espatrio, mentre per il grosso della sua collezione era stata ottenuta una regolare autorizzazione all’esportazione. Schwarz era storico dell’arte e curatore della Österreichische Galerie al Belvedere ed era stato sollevato dal suo incarico nel 1938, poco dopo l’annessione dell’Austria al Reich.

La collezione era in larga misura ereditata dal padre e il corpus esportato venne in parte venduto nel dopoguerra: fra l’altro una sessantina di opere al Metropolitan di New York tra il 1948 e il 1964 e molte altre al Belvedere e al Wien Museum a partire dagli anni ’50. La Commissione ha ritenuto che le transazioni effettuate per finanziare l’espatrio di Schwarz nel marzo 1939 siano da considerare legalmente nulle, in quanto causate dalla necessità di raccogliere il danaro necessario a lasciare l’Austria.

Nel 1945 la Österreichischen Galerie al Belvedere ricevette per disposizione testamentaria un olio di Emil Jakob Schindler, «Frühling in Hacking» (Primavera a Hacking, 1883). Il quadro era appartenuto alla moglie del commerciante Leopold Oppenheimer, Lili, che l’aveva ereditato dal padre, il banchiere Wilhelm Zierer, proprietario del dipinto dal 1901. La famiglia Oppenheimer riuscì a fuggire da Vienna nell’agosto del 1938. Dopo l’annessione l’opera finì a Maria Eberstaller, figlia del pittore e allievo di Schindler, Carl Moll, che indicò il paesaggio come proprietà della figlia in un documento del 1942. Nella Villa Moll, progettata da Josef Hoffmann, la donna si suicidò nel 1945 insieme al marito e al padre, avendo prima destinato il dipinto al Belvedere. Il passaggio di proprietà a Maria Eberstaller, dai contorni incerti, è stato considerato legalmente nullo dalla Commissione per la restituzione e di conseguenza lo è anche la disposizione testamentaria a favore del Belvedere.
 

«Frühling in Hacking» («Primavera a Hacking») (1883), di Emil Jakob Schindler (particolare)

Flavia Foradini, 17 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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