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Flavia Foradini
Leggi i suoi articoliFritz Wotruba (Vienna, 1907-75) è uno degli artisti austriaci più noti a livello internazionale e nel 50mo anniversario della morte, dal 17 luglio all’11 gennaio 2026 il Belvedere gli dedica la mostra «Wotruba International», curata da Verena Gamper e Gabriele Stöger-Spevak. Che sia il Belvedere a incaricarsi dell’iniziativa deriva dalla disponibilità del corposo lascito dell’artista: nel 2011 venne affidato al museo viennese in prestito permanente e dal 2021 centinaia di sculture in pietra e bronzo; i modelli in gesso; gli oltre 2.500 disegni e i 1.500 lavori grafici, nonché il lascito scritto dell’artista e un vasto archivio fotografico sono entrati definitivamente a far parte delle collezioni della Österreichische Galerie. Abbiamo intervistato le due curatrici.
Disponendo del lascito di Wotruba, è il Belvedere ad aver proposto negli ultimi anni il maggior numero di mostre a lui dedicate. Che cosa distingue questa mostra dalle precedenti?
Finora ci si era concentrati su particolari gruppi di opere o su specifici aspetti della sua produzione. Ora presentiamo per la prima volta Wotruba in un contesto internazionale, ponendo l’accento sulle sue mostre all’estero tra il 1931 e il 1975, la loro ricezione e le sue reti di contatti. Proponiamo una selezione di 25 sue grandi sculture, e le mettiamo in dialogo con 15 opere di scultori di cui era amico o assieme ai quali partecipò ripetutamente a mostre proprio con quelle opere, così da mettere in risalto da un lato il suo linguaggio artistico e dall’altro il contesto di altri esponenti di rilievo nel mondo della scultura del dopoguerra. Stiamo parlando di artisti come Kenneth Armitage, César, Lynn Chadwick, Alberto Giacometti, Barbara Hepworth, Henri Laurens, Jacques Lipchitz, Aristide Maillol, Marino Marini, Henry Moore, Louise Nevelson, Isamu Noguchi, Eduardo Paolozzi, Alicia Penalba e Germaine Richier. Integriamo inoltre il percorso espositivo con cinque importanti modelli per scenografie e per la Chiesa di Wotruba e completiamo la selezione con suoi disegni.
Quale è stata la rilevanza di Wotruba nel contesto del tempo in cui fu attivo?
Wotruba è stato una delle personalità più influenti della vita culturale e artistica austriaca dei primi decenni del dopoguerra. Attraverso la propria produzione e attraverso anche la sua trentennale attività didattica all’Accademia di Belle Arti di Vienna, ciò che gli premeva era connettere la scultura austriaca a quella internazionale del dopoguerra. Né bisogna dimenticare che Wotruba svolse molte funzioni nella ricostruzione culturale dell’Austria dopo il 1945. Era inoltre attivo come pubblicista e dal 1953 al 1964 diresse la galleria viennese Würthle. A riconoscimenti internazionali giunse soprattutto per la sua maestria nel lavorare la pietra e per la sua incrollabile tenacia nel porre la figura umana a fulcro e cardine della propria produzione, nonostante una progressiva astrazione e un crescente influsso dell’architettura. Soprattutto dai tardi anni ’40, con la sua fitta presenza in mostre in Europa e negli Stati Uniti le sue opere riscossero ampi consensi internazionali. Partecipò due volte alla documenta, sette volte alla Biennale di Venezia e nel 1959 partecipò alla leggendaria mostra «New Images of Man» al MoMA di New York. Importanti musei acquisirono sue opere e suoi lavori vennero posti in spazi pubblici.
A distanza di mezzo secolo alla sua scomparsa, qual è la rilevanza di Wotruba per il mondo artistico austriaco?
Viene considerato centrale per la scultura austriaca tra il 1945 e il 1975 e il suo testimone è passato a molti suoi allievi. È anche grazie a lui se la scultura in Austria nella seconda metà del XX secolo ha vissuto un periodo molto positivo.
Di quali istanze centrali nel dibattito artistico stiamo parlando quando ci riferiamo alla scultura dopo il 1945?
Come per altre espressioni artistiche, il dibattito si sviluppò in particolare tra astrazione e figurativo. Wotruba si mosse fra questi due poli senza mai scegliere esclusivamente uno di essi: il suo linguaggio formale restò ancorato al figurativo ma fu improntato allo stesso tempo alla riduzione e all’astrazione, attraverso forme cubiche e cilindriche e all’uso di principi architettonici. Un’ulteriore importante istanza della scultura dopo il 1945 riguarda il rapporto con l’architettura e la tendenza a sfumare i confini, cosicché la loro compenetrazione portò a risultati «archiscultorei». Soprattutto dai tardi anni ’40 le opere di Wotruba presentano una forte componente architettonica, raggiungendo in questo senso un apice alla metà degli anni ’60. La Chiesa della Santa Trinità a Vienna, costruita tra il 1974 e il 1976 su progetto di Wotruba e di Fritz Gerhard Mayr, è considerata un importante esempio europeo di architettura scultorea. Un ulteriore dibattito di quegli anni riguardò i materiali. Le opere in mostra sono create con materiali classici quali pietra, bronzo e altri metalli, e cemento. Wotruba lavorava in «taille directe», cioè direttamente dal blocco di pietra, lasciando poi visibili i colpi di scalpello, non levigando la superficie, ma dai tardi anni ’40 si rivolse sempre più al bronzo come materiale.
Qual è oggi la rilevanza di Wotruba nel contesto internazionale?
La sua presenza all’estero è diminuita dopo la sua morte nel 1975, anche perché a livello internazionale i temi centrali di interesse sono cambiati e con essi anche la scultura. Nuovi interrogativi e nuovi formati hanno ampliato il concetto stesso di scultura e il processo creativo, la temporalità e la partecipazione sono diventati nuovi parametri di questo mezzo espressivo. Negli ultimi trent’anni la sua produzione è stata presentata soprattutto in esposizioni monografiche, in particolare in Europa. Proprio con questa mostra vorremmo sottolineare quanto rilevante sia stato il suo contributo al dibattito attorno alla scultura nel dopoguerra. Dunque è la scultura al centro della mostra, in primo luogo proprio perché essa è stata al centro della sua produzione.

Fritz Wotruba, «Grande figura seduta», 1949