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Little Aloha» (1962), di Roy Lichtenstein (particolare), è tra le opere che saranno esposte a Mantova al Palazzo della Ragione

In prestito dalla Sonnabend Collection Foundation. © Estate of Roy Lichtenstein by Siae 2025

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Little Aloha» (1962), di Roy Lichtenstein (particolare), è tra le opere che saranno esposte a Mantova al Palazzo della Ragione

In prestito dalla Sonnabend Collection Foundation. © Estate of Roy Lichtenstein by Siae 2025

Le signore dell’arte: Ileana come Isabella d’Este

Da Rauschenberg a Jeff Koons, da Schifano a Michelangelo Pistoletto, da Lichtenstein e Warhol ad Anselm Kiefer, i capolavori collezionati da Ileana e Michael Sonnabend sui due lati dell’Atlantico saranno esposti per almeno 12 anni a Palazzo della Ragione

Jasper Johns, Robert Rauschenberg, Mario Schifano, Michelangelo Pistoletto, Roy Lichtenstein, Andy Warhol, Sol LeWitt, Robert Morris, Bruce Nauman, Jannis Kounellis, Gilberto Zorio, Gilbert & George, Bernd e Hilla Becher, Anselm Kiefer, A.R. Penck, Haim Steinbach, Jeff Koons... Sono alcuni degli artisti le cui opere, dal 29 novembre, saranno esposte a Mantova nel rinnovato Palazzo della Ragione, nel cuore della città. Si tratta di un nuovo museo d’arte contemporanea che non solo raccoglie alcuni dei grandi nomi dell’arte recente e attuale, ma espone la collezione di una delle maggiori galleriste del XX secolo, Ileana Sonnabend (1914-2007), capace di cambiare il panorama artistico internazionale unendo America ed Europa, protagonista nel presentare e diffondere l’arte americana in Europa e gli artisti europei in America. Alla guida delle sue gallerie di Parigi e New York, insieme al marito Michael Sonnabend (1900-2001) e al loro figlio adottivo Antonio Homem (oggi presidente della Sonnabend Collection Foundation, da lui costituita insieme a Nina Sundell), con la sua collezione d’arte Ileana Sonnabend ha costituito una delle più significative testimonianze di movimenti artistici fondamentali della seconda metà del Novecento. Il percorso espositivo, con allestimento a cura di unostudio, si svilupperà in 11 ambienti ed esporrà capolavori dell’arte americana (tra tutti, «Figure 8» di Jasper Johns del 1958, «Little Aloha» di Roy Lichtenstein e «Campbell’s Soup» di Andy Warhol, entrambe del 1962, e «Kite» di Robert Rauschenberg del 1964, l’anno in cui l’artista vinse il Leone d’oro alla Biennale, fortemente supportato proprio dai suoi galleristi e collezionisti) accanto a opere seminali della Pop Art e del Minimalismo statunitense, ma anche dell’Arte Povera italiana, della pittura tedesca degli anni Ottanta, della fotografia e della performance. Il progetto di Sonnabend Collection Mantova nasce dal Comune di Mantova in partnership con la Sonnabend Collection Foundation e Marsilio Arte, con il supporto di Bper Banca. Ne parliamo con il direttore artistico Mario Codognato.

Qual è la storia di questa collezione e perché è così significativa, ancora oggi?
Ileana Sonnabend è stata una delle grandi protagoniste dell’arte della seconda metà del XX secolo, per aver fatto scoprire l’arte americana in Europa e viceversa, insieme al suo primo marito, il gallerista Leo Castelli. Oltretutto, l’hanno fatto in un contesto geopolitico molto differente dall’attuale, quello del secondo dopoguerra e della Guerra Fredda, in cui il mercato dell’arte era quello di un mondo polarizzato e quindi limitato agli Stati Uniti e all’Europa occidentale. La collezione è enormemente interessante, perché raccoglie artisti che sono stati protagonisti di quegli anni, ma anche perché le opere stesse sono di qualità museale. Eccelsa. Ciò che sarà esposto a Mantova è anche la storia di un incontro e di un dialogo tra mondi allora lontani, anche se oggi ci paiono vicinissimi. Dal punto di vista della storia collezionistica, poi, queste sono tra le opere che Ileana Sonnabend ha conservato come propria collezione privata durante la sua vita. Era una collezionista sui generis, in effetti. Forse era una collezionista che aveva anche una galleria... E infatti ha sempre tenuto per sé le opere più straordinarie, anche se ha anche desiderato e amato condividerle. Ileana e Michael vivevano in un appartamento piccolissimo, e le opere sono sempre state in giro per il mondo, prestate con grande generosità. Nell’ultima fase della sua vita sono state addirittura esposte prima in una grande mostra che ha girato gli Stati Uniti, e poi in prestito a lungo temine in tre musei italiani: il Madre a Napoli, il Mart a Rovereto e Ca’ Pesaro a Venezia. E ora, infine, in un prestito ancora più a lungo termine a Mantova.

Perché dopo questo lungo peregrinare la collezione si ferma in Italia, e in particolare a Mantova? Qual è stato il rapporto di Ileana e Michael Sonnabend con il nostro Paese?
Credo che come ogni persona che ha avuto profondi interessi artistici e culturali, come erano loro singolarmente e come coppia, era giocoforza essere vicini all’Italia. Michael poi era un grandissimo conoscitore di Dante, di cui ha anche tradotto la Divina Commedia, che sapeva recitare quasi a memoria. E il fatto che la loro collezione sia ora esposta in un edificio del XIII secolo sembra quasi un destino scritto... Entrambi avevano visitato l’Italia in lungo e in largo e la conoscevano da nord a sud meglio di molti italiani, me compreso. È noto poi come negli anni ’60, quando Ileana desiderava aprire una galleria in Europa che facesse da tramite con gli Stati Uniti, aveva pensato di aprila proprio in Italia, a Roma, prima di optare invece per Parigi (forse anche per qualche difficoltà con l’ambiente romano...). Ma l’Italia è rimasta sempre un punto di riferimento, e per decenni Ileana ha avuto un appartamento a Venezia, città in cui il ruolo di Ileana con il primo marito Leo Castelli è stato essenziale a sostegno della vittoria da parte di Rauschenberg del Leone d’oro alla Biennale del 1964. E non dimentichiamo infine il suo ruolo fondamentale nel far conoscere gli artisti dell’Arte Povera negli Stati Uniti, e la grande quantità di collezionisti italiani che negli anni sono stati a loro vicini, come il loro grande amico Francesco Carraro. Anche mio padre (Attilio Codognato, Ndr) è stato un loro affezionato amico, e collezionista degli artisti seguiti da Ileana. 

Anche per ragioni famigliari lei è stato molto vicino a Ileana e Michael Sonnabend. 
Il mio rapporto con lei è stato molto stretto, fin da quando ero bambino. Per me non solo era di famiglia, ma era una specie di seconda nonna. Insieme trascorrevamo sempre le feste di Natale. Ileana era molto riservata, quasi schiva direi, ma dotata di un fascino magnetico. Le poche volte in cui parlava era sempre per pronunciare parole profonde e intelligenti. Michael invece era dotato di un carattere molto espansivo ed estroverso.

«Flower», 1964, di Andy Warhol, è tra le opere che saranno esposte a Mantova al Palazzo della Ragione. In prestito dalla Sonnabend Collection Foundation © The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by Siae 2025

Come si è arrivati all’accordo con Mantova?
Come spesso succede, ci si è arrivati quasi per caso ma in tempi piuttosto rapidi, perché l’intero iter si è svolto e concluso in circa due anni. Il Comune di Mantova possedeva questo bellissimo edificio, Palazzo della Ragione, nel pieno centro della città, a cui voleva dare un’identità stabile, dopo anni di mostre temporanee. Io ero in rapporto con la Città e ho riferito che la Sonnabend Collection stava cercando una sede per esporre la raccolta nella sua interezza. Antonio, il figlio di Ileana, conosceva Mantova molto bene. E insieme abbiamo trovato un parallelo storico suggestivo con Isabella d’Este, che nel ’500 era stata una delle più grandi collezioniste del suo tempo. Due donne straordinarie che possono convivere in questa città. Sono stati tutti entusiasti da subito. Mantova è stata molto lungimirante a cogliere questa occasione. 

Che cosa prevede l’accordo? Con quali tempi e modalità?
La collezione verrà esposta nella sua interezza almeno per i prossimi 12 anni, ma mi auguro che si possa poi proseguire con un rinnovo. L’esposizione si svilupperà in 11 sale secondo un percorso concepito e progettato nel dettaglio da Antonio Homem. Ciascuna sala sarà dedicata a un periodo storico o a un movimento dell’arte del dopoguerra, così da ricostruire una storia precisa.

Oltre all’esposizione della collezione, quali attività sono previste?
Abbiamo concepito questo nuovo spazio come un museo vero e proprio, con una sezione didattica, un bookshop, la presentazione di conferenze inerenti ai temi e agli artisti legati alla collezione. Analogamente, organizzeremo una serie di mostre temporanee nel corso dell’anno. Con l’apertura del nuovo museo inaugureremo anche una mostra su e intorno a Andy Warhol, da me curata. Il mio desiderio è che le attività didattiche siano molto forti e seguite, soprattutto dalle generazioni più giovani, in modo che possano comprendere e fruire dello Zeitgeist degli anni in cui le opere in mostra sono state realizzate e in cui questa collezione è stata concepita e composta. Si tratta di una fase storica ormai relativamente lontana, e da allora molto è cambiato, in termini artistici, culturali, politici, di collezionismo e di mercato. Tutti aspetti importanti da ricostruire e da raccontare.

Quale significato ha, per l’Italia e per una città come Mantova, l’arrivo di una collezione così significativa?
È un fatto molto importante in particolare, ripeto, per le giovani generazioni, che possono così ammirare dal vivo i grandi capolavori prodotti nel recente passato, senza dover andare necessariamente a New York o a Parigi. Penso all’emozione che un ragazzo o una ragazza potrebbero ricavare ammirando le opere di Jasper Johns, di Rauschenberg, di Warhol o degli altri grandi protagonisti che da novembre saranno a Mantova. Il nostro compito è contestualizzare tutto questo, renderlo comunicabile e comprensibile. In mostra ci saranno opere come «Little Aloha» di Roy Lichtenstein, ancora oggi vere icone e immediatamente note al pubblico, accanto ad altre su cui dovremo invece fare un maggior lavoro di comunicazione e mediazione. 

Come si confronterà il nuovo spazio con i musei pubblici e privati italiani, spesso in sofferenza?
Il progetto di Mantova ha una grande originalità rispetto agli altri spazi italiani dedicati al contemporaneo, in primis perché raccoglie una collezione e testimonia le scelte personali dei collezionisti. È l’unica collezione in Italia che unisce l’arte dalle due sponde opposte dell’Atlantico, come hanno potuto fare altri musei internazionali. Il vero problema dei musei del contemporaneo in Italia oggi è di dare continuità alle proprie attività, in modo che possano creare nel pubblico delle aspettative e anche delle consuetudini. C’è poi il tema della formazione del pubblico, e dei suoi interessi. Non so se il pubblico degli altri Paesi sia meglio formato e più educato, forse in Italia il patrimonio del passato è talmente radicato che inevitabilmente la formazione scolastica e il gusto del pubblico sono concentrati sulla nostra arte del passato e non sul contemporaneo e sui musei a questo dedicati, almeno su quei pochi che abbiamo. Anche per questo spero che il progetto di Mantova sappia attrarre un pubblico che, grazie al percorso storico che offriremo e ai capolavori esposti, sia invogliato ad ammirare questa grande arte del passato recente, e magari a voler ulteriormente approfondire.

Little Aloha» (1962), di Roy Lichtenstein, è tra le opere che saranno esposte a Mantova al Palazzo della Ragione. In prestito dalla Sonnabend Collection Foundation. © Estate of Roy Lichtenstein by Siae 2025

Alessandro Martini, 26 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

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