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Vittorio Bertello
Leggi i suoi articoliA Roma è stato presentato oggi 27 novembre, alla Camera dei Deputati, il VI Rapporto dell’Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato, promosso dall’Associazione Dimore Storiche Italiane (Adsi), insieme alla Fondazione per la Ricerca Economica e Sociale, con il sostegno di Confedilizia, Confagricoltura e Fondazione Pescarabruzzo.
Dai dati raccolti dal Rapporto emerge che il patrimonio culturale privato costituisce un pilastro del sistema economico e sociale italiano. Le 46mila dimore storiche vincolate (palazzi, ville, castelli) presenti in Italia sono distribuite in tutte le regioni e rappresentano una componente essenziale del tessuto territoriale e della identità collettiva nazionale. Quasi il 30% si trova in comuni con meno di 5mila abitanti e, in media, oltre due dimore per comune si concentrano proprio in queste aree, a testimonianza del loro ruolo di presidio identitario e culturale nei piccoli centri e nelle aree interne.
Questi luoghi, oltre a custodire bellezza e memoria, generano valore economico, occupazione e sviluppo locale. Il 60% delle dimore storiche svolge infatti attività economiche, tra turismo, agricoltura, cultura e gestione di eventi: del 20% che opera come impresa strutturata, quasi il 46% si concentra nel settore ricettivo o di gestione immobiliare, il 17% circa nel comparto agroalimentare, il 13% nel settore culturale e poco meno del 10% negli eventi. Il loro impatto è rilevante anche in termini occupazionali e di filiera, coinvolgendo artigiani, agronomi, restauratori, tecnici e professionisti del patrimonio culturale e del turismo.
Il VI Rapporto dell’Osservatorio sottolinea in particolare tre ambiti in cui il contributo delle dimore storiche risulta particolarmente rilevante: turismo, conservazione e agricoltura.
Il turismo esperienziale e culturale trova nelle dimore storiche un punto di forza: luoghi che uniscono ospitalità, cultura e identità locale, contribuendo alla sostenibilità e alla promozione dei territori. Il 35% delle dimore è oggi destinato alla locazione e, tra queste, circa 3.700 offrono formule di ospitalità turistica breve, un segmento in costante crescita (+46% nell’ultimo anno): si tratta di un’attività che valorizza l’esperienza diretta e autentica del patrimonio, genera indotto e contribuisce alla destagionalizzazione dei flussi.
Uno scorcio del parco della Villa Wenner a Pellezzano (Sa). Foto: Adsi
Sul fronte della manutenzione e del restauro, le dimore storiche rappresentano un motore di investimento diretto nel patrimonio architettonico italiano. L’Osservatorio ha mostrato come l’85% degli interventi sia autofinanziato dai proprietari, con una spesa media superiore a 50mila euro annui per singolo bene, mentre solo il 2% ha beneficiato di contributi pubblici. Si tratta di un impegno che si traduce in investimenti costanti per la tutela e la fruizione del patrimonio vincolato. Complessivamente, la spesa per interventi di restauro è cresciuta da 836 milioni di euro nel 2017 a 1,2 miliardi nel 2024 per i soli interventi straordinari. Considerando anche quelli ordinari, il totale supera 1,9 miliardi di euro, un valore pari a oltre il 10% dell’aumento del Pil italiano registrato nel 2023. È segno di una responsabilità civica profonda, ma anche richiamo alla necessità di strumenti di sostegno adeguati. Cresce inoltre l’attenzione alla sostenibilità e all’innovazione tecnologica: molte dimore hanno avviato progetti di efficientamento energetico, digitalizzazione degli archivi e manutenzione preventiva, contribuendo alla salvaguardia del patrimonio e alla riduzione dell’impatto ambientale. Nell’insieme si tratta di interventi che generano un indotto fatto di artigiani, maestranze e professionisti altamente specializzati, contribuendo alla trasmissione del sapere tecnico e alla conservazione dell’identità architettonica italiana.
Infine, il comparto agricolo si conferma una colonna portante per l’economia delle dimore storiche. Il 17% di esse svolge attività agricola (in aumento del 17% rispetto al 2023), con una netta prevalenza della vitivinicoltura (25%), che sale al 36% se si includono anche i soli viticoltori. Seguono la coltivazione di cereali e l’olivicoltura (21% ciascuna). Nel 39% delle dimore agricole, questa attività rappresenta oltre il 75% del reddito annuo, mentre nel 21% dei casi incide tra il 50 e il 75%.
Una sala al piano nobile di Villa Tasca a Palermo. Foto: Adsi
Il legame con il turismo è altrettanto forte: il 100% delle dimore produttrici di vino offre percorsi di degustazione, che nell’86% dei casi hanno generato un aumento delle visite nell’ultimo anno, in un terzo dei casi superiore al 30%. Le esportazioni coprono il 25-30% della produzione agricola, con una prevalenza verso i Paesi europei (80%). A dimostrazione del legame tra patrimonio culturale e produzione enogastronomica, il 34% delle aziende vitivinicole italiane afferisce a una dimora storica.
Gli eventi culturali e le aperture al pubblico restano in questo contesto un volano strategico: nel 2024 oltre 20mila dimore hanno realizzato almeno un evento, accogliendo più di 35 milioni di visitatori, di cui oltre due milioni nelle sole aree interne, e circa 17mila di queste hanno promosso iniziative gratuite o con finalità sociale, a conferma del ruolo delle dimore come leve di turismo culturale diffuso e sostenibile. L’80% dei proprietari rileva inoltre un effetto positivo degli eventi ospitati sullo sviluppo locale, grazie alla creazione di reti con aziende agricole, produttori enogastronomici, guide turistiche e operatori outdoor.
Un ruolo significativo è svolto dalle dimore storiche anche specificamente nell’ambito della formazione scolastica: il 58% delle dimore storiche accoglie, infatti, studenti di ogni ordine e grado, offrendo esperienze formative in ambito storico-artistico, che trasmettono valori di identità, memoria e appartenenza alla cultura italiana ed europea.
In generale, appare evidente come i dati emersi dal Rapporto descrivano un comparto dinamico, con ampi margini di crescita: sono infatti oltre 10mila le dimore storiche che si dichiarano pronte ad avviare o ampliare le proprie attività economiche qualora il contesto burocratico e normativo fosse più favorevole, segno di un potenziale di crescita importante, che potrebbe essere liberato da una politica di maggiore semplificazione e sostegno.
Una sala del Relais Villa Rossi Danielli a Viterbo. Foto: Adsi
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