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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliRiprende nel titolo un termine spesso usato dallo stesso artista per definire i suoi dipinti di grande potenza generativa la mostra «Germinal», che dal 23 marzo al 9 agosto Magazzino Italian Art dedica, con la cura del neodirettore Filippo Fossati, a Mario Schifano (Libia, 1934-Roma, 1998). Il progetto sarà affiancato da eventi e attività, come convegni e proiezioni, che coinvolgeranno sia Magazzino sia le istituzioni partner.
«Questa mostra presenta opere “germinali” realizzate nell’arco di un decennio, dal 1960 al 1970, un periodo di grande fermento sociale, economico, politico e artistico, al quale Schifano partecipò attivamente, afferma Fossati. In quegli anni, con il suo forte carisma e la sua effervescenza, Schifano si distinse come uno degli artisti più famosi in Italia e come figura altrettanto apprezzata all’estero. La sua è un’arte concepita per tutti e non soltanto per una ristretta élite». La mostra è realizzata in collaborazione con l’Archivio Mario Schifano e la Fondazione Maurizio Calvesi, critico e storico dell’arte alla cui memoria, insieme a quella della moglie Augusta Monferini, l’esposizione è dedicata, in quanto furono i primi a fare conoscere negli Stati Uniti l’artista italiano grazie a un’importante mostra.
La rassegna attuale rilegge, attraverso uno sguardo critico orientato alla ricostruzione dei rapporti tra arte contemporanea italiana e internazionale, parte delle 80 opere già presentate a Magazzino nella mostra da poco terminata «Mario Schifano: The Rise of the ’60s», curata da Alberto Salvadori.
Il primo periodo della parabola creativa dell’artista, che fu pittore e regista interessato ad ambiti di assoluta modernità come la comunicazione pubblicitaria e la musica jazz, viene proposto partendo dai monocromi a smalto del 1960, caratterizzati da titoli ad alto quoziente evocativo come «Musica di Ornette», «Piazza del Popolo», «Venere di Milo», ai quali sono affiancate altri dipinti coevi in cui iniziano a comparire marchi e loghi come quello celeberrimo della Coca Cola, criticamente visto dall’artista come emblema delle molte forme assunte dal colonialismo culturale e consumistico statunitense.
Il raggiungimento della celebrità, avvenuto per Schifano tra 1965 e il 1970, è documentato dalla serie «Futurismo rivisitato», in cui l’artista si interroga sulla possibilità di rappresentare la vita come un caleidoscopio trovando una struttura intrinseca nella sua apparente caoticità. Una ricerca per la quale trae ispirazione proprio dagli artisti futuristi, in cui ravvisava dei «pionieri nel catturare il silenzio, il rumore o l’essenza di uno stato d’animo».
Leggi anche:
I volti di Schifano da ABC Arte

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