Michela Moro
Leggi i suoi articoliLa Venezia della Biennale è il centro del mondo per molte personalità di rilievo nel mondo dell’arte, che spesso si muovono in maniera silenziosa, ma molto efficace. Una di queste è Andrea Sullivan, International Executive, Head of Social & Environment Group di Bank of America, che in laguna, insieme a venti tra le più importanti istituzioni artistiche internazionali e i loro direttori e a organizzazioni filantropiche internazionali di differenti background, ha riflettuto sul futuro delle arti, sullo scambio reciproco di informazioni e sulle nuove tecnologie in relazione al programma Bank of America Arts Conservation Project, progetto di conservazione delle arti avviato dalla banca statunitense nel 2010. L’iniziativa è partita in Europa per poi spostarsi in America e in Asia, e da allora ha finanziato più di 260 progetti in 40 Paesi: solo nel 2023 sono stati investiti 32 milioni di dollari in progetti di diversa natura, che negli anni hanno spesso incluso l’Italia. Dice Andrea Sullivan: «Ricordo che abbiamo sponsorizzato la mostra “Donatello. Il Rinascimento” a Palazzo Strozzi a Firenze nel 2022 e sostenuto per diversi anni il Laboratorio di Restauro della Pinacoteca di Brera, che è stata oggetto di un completo restyling nel 2018 grazie al nostro contributo. Abbiamo un vasto programma che include sponsorizzazioni di mostre, ma poniamo molta attenzione all’istruzione, e all’accesso per tutti; siamo famosi per il nostro programma di conservazione e restauro e ogni anno riceviamo proposte da parte di istituzioni di tutto il mondo che vorrebbero che un pezzo di importanza storica fosse preservato per le generazioni future».
Con Arts Conservation Project vengono supportate anche istituzioni locali e non profit per aiutare le comunità a prosperare, rendere le arti più inclusive e promuovere la sostenibilità culturale. «Naturalmente le richieste vengono vagliate da una commissione, e c’è un intero processo di governance attorno a esso. C’è una RFP, (una richiesta di offerta in cui l’azienda comunica la disponibilità di risorse disponibili per un particolare progetto o programma, e i fornitori possono presentare offerte per il completamento del progetto. In genere, la RFP lascia tutta o parte della struttura e del formato della risposta a discrezione dei fornitori) poi tutto viene rivisto, e un comitato esamina le opportunità e aiuta le organizzazioni nella costruzione dei programmi. Un esempio: a Londra abbiamo supportato alla National Portrait Gallery la mostra “Time is Always Now”, un importante studio della figura nera e la sua rappresentazione nell’arte contemporanea, con un biglietto da cinque sterline per chi aveva meno di 25 anni. Si sono presentate 21mila persone, che forse non sarebbero mai venute al museo. È proprio questo tipo di partnership che abbiamo costruito nel corso degli anni che ci dà forza e credibilità». L’anno scorso è stato lanciato il programma Bank of America, State of the Arts, per discutere con leader internazionali su come le arti possano diventare sempre più forti in un mondo in cui i modelli di finanziamento stanno cambiando l’adesione locale, e questa rispetto al globale.
Come si progetta la partecipazione di un museo che abbia al suo interno locale e globale? «Spero che si trasformi in opportunità per i leader del settore artistico e per le nuove voci di essere ascoltate riguardo a soluzioni e idee che ci aiutino a creare un business sostenibile al di fuori delle arti. Abbiamo una nuova generazione che assorbe le informazioni in modo diverso. Dobbiamo ascoltarle. E penso che tutti siano d’accordo sulla necessità di avere nuovi modelli di finanziamento. A seconda del Paese in cui ti trovi, il ruolo del governo è importante. Questi gruppi imparano gli uni dagli altri perché hanno modelli di finanziamento molto diversi. Sedersi attorno al tavolo e attingere a nuove fonti richiederà creatività, e la banca ha esperienza in questo. Bisogna di aiutare le organizzazioni artistiche a diventare più consapevoli e focalizzate dal punto di vista finanziario. Non si tratta solo di sovvenzioni, ci sono altre fonti di entrate». Sullivan illustra poi il gran lavoro che svolgono nelle comunità quando sostengono una mostra con un programma educativo. «Abbiamo sponsorizzato la mostra su Leonardo a Parigi, e abbiamo lavorato con moltissime scuole per coinvolgere giovani che sicuramente non erano mai stati al Louvre, e che forse non erano nemmeno venuti in città in centro; l’opportunità è andare al Louvre, vedere la mostra, conoscerla a scuola, collegarla alla storia».
C’è la Galleria Borghese di Roma nella lista delle 24 istituzioni che a cui andranno i contributi del Bank of America Arts Conservation Project per quest’anno, oltre a istituzioni in Brasile, Canada, Inghilterra, Francia, India, Messico, Paesi Bassi, Giappone, Sudafrica e Stati Uniti. La tela più grande della collezione «Orco, Norandino e Lucina» di Giovanni Lanfranco (1582-1647), 267x395 cm, realizzata tra il 1619 e il 1621, fu eseguita su commissione di Scipione Borghese. L’obiettivo principale è quello di migliorare la lettura generale dell’opera, riconquistando la tavolozza originale di Lanfranco. Beneficiò dello stesso programma nel 2018 la «Deposizione Di Cristo» di Raffaello Sanzio, 1507. Ci sono stati inoltre il Castello Sforzesco con il Codice Trivulziano di Leonardo, i Musei Vaticano con l’Apollo Belvedere, la Biblioteca Ambrosiana a Milano con il restauro di manoscritti, Brera con «Napoleone come Marte il pacificatore» 1809-11 di Antonio Canova e «La Madonna del Carmelo e Simone Stock intercedono per le anime del Purgatorio e Santa Teresa d’Avila», 1721-27 ca, di Giovanni Battista Tiepolo, mentre al Museo Novecento di Milano, nel 2013, arrivò la mostra «Stardust» di Andy Warhol. Bank of America Arts Conservation Project parla inglese, ma per nostra fortuna anche l’italiano.
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