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«Le pie donne al sepolcro (Mattino di Pasqua)», di Maurice Denis. Saint-Germain-en-Laye, Musée Maurice Denis

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«Le pie donne al sepolcro (Mattino di Pasqua)», di Maurice Denis. Saint-Germain-en-Laye, Musée Maurice Denis

Gesù è risorto a Saint-Germain-en-Laye

Maurice Denis, a cui spettano i più bei quadri pasquali moderni, contestualizzato tra i suoi contemporanei, tra pittura, musica e letteratura

Stefano Causa

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Le pie donne partirono una mattina di Pasqua: direzione Saint-Germain-en-Laye, meno di trenta chilometri da Parigi. Arrivano al sepolcro e lo trovano vuoto. Sono soffiate in bianco e rosa come se un pittore del Gotico internazionale, Michelino da Besozzo, fosse tornato dalla Lombardia per vestirle nell’Île-de-France. In secondo piano l’incontro tra il Cristo giardiniere e la Maddalena si consuma contro un fondale di alberi in fiore, casette rosse, appezzamenti blu e verdi distesi uniformemente. Siamo nel 1894.

Da un pianeta vicino e lontano Cézanne continua ad alzare l’asticella del salto: per chi intenda tentare e per chi rinunci. L’impressionismo è al capolinea (ma è come il rock che non muore mai). Seurat scompare giovane, Gauguin e Pissarro tirano fino al 1903; mentre a Sisley non sarà concesso toccare il secolo. L’800 finisce e Matisse non è ancora diventato Matisse (Picasso neanche). Da noi cominciano a farsi vedere Giacomo Balla e Pellizza, che getta le basi per il «Quarto stato». E il ventiquattrenne Maurice Denis entra e esce da una chiesa.

Altri spingono sullo stesso pedale. César Franck prepara partiture per organi liturgici ed Ernest Chausson scrive, nel 1891, un’«Ode a santa Cecilia» per coro e orchestra: la perfetta sonorizzazione del Denis religioso. Nel 1895, uno scrittore controcorrente, Huysmans, tira fuori le seicento pagine di En route che nessuno leggerà mai perché impilate, frettolosamente, nello scaffale della letteratura cattolica.

Anche Denis è pittura cattolica? Sicuro. Però non al modo cinematografico in cui funzioni quella, coeva, del napoletano Domenico Morelli o dei suoi omologhi francesi in quota pompier Gérôme o Cabanel. Scomparso nel 1943, a Denis spettano i più bei quadri pasquali moderni. Ricchi di pensieri su Cézanne e di siglature e stilizzazioni che interesseranno legioni di illustratori.

Questa melodia piana e nuda, al contempo aerea e tombale («Cette melodie plaine et nue, toute à la fois aérienne et tombale»), dice Durtal, il protagonista di En route, della musica che ascolta in Saint-Sulpice. Sono le parole più acconce per queste processioni femminili di Denis che i lettori di Adelphi ricorderanno sulla copertina di un libro di Lucia Drudi Demby, La lezione di violinoquindici orfanelle conducono una vita di serena allegria e buona volontà», comincia la sinossi di Calasso di questo romanzo del 1977).

Pittori fantastici e dove trovarli: se, oggi, i passage in cui si infilava Benjamin alla ricerca della Parigi capitale del XIX secolo sono diventati una delle attrazioni tarocche di una città che è un parco a tema, i soli veri sottopassaggi rimastici sono quelli del Musée d’Orsay. E lì, dove da quarant’anni stazionano (è il caso di dire) i quadri più belli dei mondo, incontriamo, ormai a un passo dalle fanciulle in fiore di Marcel Proust, le «Muse» di Maurice Denis (1893). Che non sembrano meno pie e teneramente basite di quelle d’una Pasqua primaverile a Saint-Germain-en-Laye. Auguri a tutti.
 

«Le pie donne al sepolcro (Mattino di Pasqua)», di Maurice Denis. Saint-Germain-en-Laye, Musée Maurice Denis

Stefano Causa, 31 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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