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Giovanni Pellinghelli del Monticello
Leggi i suoi articoliSilvia Camerini-Maj (1955), eclettica studiosa d’arte contemporanea e musica lirica, collezionista e musicologa melomane, per distrarsi dalla clausura covidiana ha steso una sorta di settecentesca guida critica alle statue per le vie di Bologna: quelle, rigorosamente, che si stagliano fra strade, piazze e giardini all’interno del Centro storico e delle Mura (oggi Viali di Circonvallazione): completate nel 1390 e dissennatamente demolite nell’umbertino sciagurato furore progressista di fine Ottocento e primi Novecento (qui c’erano solo brutte copie del barone Haussmann), esterne a quelle «del Mille» (che racchiudono il Centro storico strictu sensu), ancora oggi contengono, agli occhi dei residenti, il «Centro».
La lettura di quest’agile Baedeker (illustratissima d’immagini ad hoc del giovane fotografo Giacomo Pompanin, «occhio» dell’autrice) è piacevole e succosa, svelta ma d’informazioni accuratissime, sapiente di cultura locale e aneddotica, gustosa dello humour geografico che da sempre distingue Silvia Camerini-Maj (ah, proprio il cardinale Angelo di leopardiana memoria).
Si parte ovviamente da quella che a Bologna è la «statua» per eccellenza: il Nettuno di Giambologna (che è Jean de Boulogne, fiammingo di nascita, 1529-1608, anche se il suo legame con Bologna è, per quella statua, forse perfin più forte di quello con Firenze, dove si trovano la maggioranza delle sue opere), complessa struttura scultorea a fontana in bronzo e marmo a tre ordini sovrapposti, realizzata fra 1563 e 1566 dal Giambologna col fonditore Zanobi Portigiani e il fontaniere (a Bologna da sempre preferito sinonimo di idraulico) e scultore del marmo Tommaso Laureti da Palermo. E che in effetti, sottolinea l’autrice, «non parla il linguaggio scultoreo bolognese ma quello fiorentino postmichelangelo» (e riporta la definizione che ne fece Giulio Carlo Argan: «Soprammobile da piazza») e rimase senza tracce sulla scultura locale o emiliana. Pur definendola «apoteosi dell’esibizionismo» e vantandone l’imponente anatomia «totally nude, fiero e sicuro di sé e del suo ammirabile fisico in posa sinuosa e dinamica», con discrezione elegante l’autrice tace la celebre salace storia sulle imposizioni del bacchettone cardinal legato Carlo Borromeo per le inquietanti dimensioni virili del dio marino e la beffa ottica che ne fece Giambologna. Racconta però, altrettanto divertente, lo scandalo delle lavandaie, che nell’acqua pulitissima (corrente da un acquedotto ad hoc: la Conserva di Valverde, opera dello stesso Laureti) lavavano i panni dei senatori bolognesi, o di chi ne attingeva per preparare l’esclusiva minestra di tortellini in brodo di fagioli, mirabilia se cucinata con quell’acqua.
Racconta poi del dirimpettaio del Nettuno: l’altrettanto bronzeo colosso (h 310 cm , opera del 1574-80 di Alessandro Menganti (lui sì bolognese vero, 1525-1594, «stimatissimo da Agostino Carracci che lo chiamò “Michelangelo incognito”») che ritrae in posa benedicente (e non minacciosa come l’effimero e distrutto non amato Giulio II, di svogliata mano michelangiolesca) il primo dei tre papi locali, Gregorio XIII Boncompagni (1501-85, papa da maggio 1572). Monumento amatissimo dai bolognesi che, per salvarlo dalle possibili nefandezze degli invasori giacobini, nel 1796 lo travestirono da san Petronio (altra «glossa» di Camerini).
E parlando di «glosse», dopo il tour fra la prima statua «civile» a Bologna: Luigi Galvani (1879) dello scultore antiaccademico romano Adalberto Cencetti (1847-1907), le evoluzioni animalier della Fontana dell’Esposizione Emiliana 1888 del positivista Diego Sarti (1859-1914, Giardini della Montagnola), il brutalista Memoriale della Shoah (2016, SET Architects, Roma) e il bronzo-pop per famiglie Lucio Dalla (Antonello Santè Paladino, 2021) sulla panchina di Piazza Cavour (la vera «Piazza Grande» di Dalla), Silvia Camerini concede un fuori tema ma prezioso e pregnante: le Arche dei Glossatori esterne alle Basiliche di San Francesco e San Domenico che, specifica, non sono sculture ma tombe a celebrare i primi altomedioevali docenti di diritto civile o canonico, origine e fortuna dell’Alma Mater Studiorum bolognese (1088).
Statue per le vie di Bologna. Sculture e monumenti del Centro storico, di Silvia Camerini-Maj, fotografie a colori di Giacomo Pompanin e Piero Orlandi, 142 pp., In Riga, Bologna 2025, € 15
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