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Elena Franzoia
Leggi i suoi articoliCurata da Adam Szymczyk, «Painting as Prop» è la mostra che dal 30 marzo al primo settembre lo Stedelijk Museum dedica all’artista polacco Wilhelm Sasnal (Tarnów, 1972).
Realizzato con la sua diretta collaborazione, il progetto espositivo propone 25 dipinti che ne testimoniano la pratica creativa crossover di pittore e insieme regista. «L’importante nel fatto di occuparmi di cinema, ha affermato Sasnal, è che non mi impedisce di andare ogni giorno in studio a dipingere, né mi impedisce di pensare alla pittura. Non mi piace però ritrovarmi in un vicolo cieco. Sennò inizi a ripeterti; diventi semplicemente il maestro di te stesso e vuoi essere un grande maestro. Non è questo il mio obiettivo. Non voglio annoiarmi di me stesso, dipingendo e basta».
Abbattendo perciò i confini tra cinema e pittura, le opere in mostra, in cui Sasnal reinterpreta capolavori come la Danza di Matisse o le nature morte di Braque, appaiono anche nelle scenografie del suo ultimo film, «The Assistant» (2024), ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore svizzero Robert Walser (1907) in cui Joseph Marti, assistente dell’ingegnere-inventore Carl Tobler, rimane intrappolato nel suo bizzarro mondo.
Film e mostra evidenziano le stringenti analogie tra il mondo narrato da Walser e quello contemporaneo, soprattutto riguardo a temi come la capacità di adattamento e la fruibilità delle risorse umane nell’economia capitalista, o il diretto coinvolgimento dell’arte moderna nei tragici eventi del XX secolo.
Al centro dell’opera di Sasnal appare la follia della vita contemporanea, su cui gli spettatori sono invitati a riflettere attraverso il panorama in continua evoluzione della politica e delle norme sociali. In mostra compaiono infatti anche dipinti tratti da immagini d’archivio e banali istantanee, che hanno per protagonisti esseri umani e oggetti.
«Se dovessi dire che cosa hanno in comune i miei film e i miei dipinti, sarebbero l’ansia e la rabbia verso determinati argomenti, ha precisato Sasnal. Per me la realtà è un puzzle di cui vediamo solo i singoli elementi e cambia costantemente. Non so dove finisce la storia e inizia il presente. È come un liquido, talvolta come il fango. Non ha forma. So che a volte guardando i miei dipinti si prova una sensazione imbarazzante, e forse è per questo che i miei film sono così difficili da guardare, perché sono narrazioni spezzate in cui si perde la trama».
Particolarmente significativa la scelta di allestire la mostra nella Sala d’Onore Imc, situata nel cuore dello Stedelijk, a poca distanza dalle collezioni di arte di avanguardia, i cui canoni furono codificati in Europa occidentale spesso a discapito di altri popoli e culture, secondo processi ora al centro del dibattito internazionale.

«Untitled (After Dance by Henri Matisse)» (2018), di Wilhelm Sasnal. Cortesia dell’artista e della Foksal Gallery Foundation. Foto: Marek Gardulski

«Untitled (After Still Life by Georges Braque)» (2023), di Wilhelm Sasnal. Cortesia dell’artista e della Foksal Gallery Foundation. Foto: Marek Gardulski
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