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Scena con ragazza che si trucca dal Pornopapiro di Torino. Particolare di J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. I.

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Scena con ragazza che si trucca dal Pornopapiro di Torino. Particolare di J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. I.

50 sfumature di lapislazzuli | 6.3

Amore e desiderio nell'antico Egitto. Il Pornopapiro e la storia di due fratelli

Francesco Tiradritti

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Qualunque ne sia la provenienza appare comunque assai verisimile che il Pornopapiro di Torino sia stato eseguito da un artista di talento. Lo rende manifesto soprattutto la libertà compositiva che permea le scene. Nell’eseguirle l’autore si trovò infatti ad affrontare il tema della figura umana operando scelte che all’apparenza violavano le rigide regole imposte dal falso profilo dell’arte egizia. Per consentire di ammirarne il sesso, la già menzionata suonatrice di cetra e la ragazza che si trucca sono infatti riprodotte in piena visione frontale, una prospettiva che risulta di rado utilizzata dall’arte egizia.

Il problema di trasporre nell’ambito della figurazione la figura umana, che in quanto entità vivente si muove in un universo a tre dimensioni, fu risolto dagli egizi adottando un atteggiamento che precorre di millenni quello cubista (opere egizie del Louvre riempiono i taccuini con gli schizzi di Picasso e Braque). Secondo canoni elaborati più di cinquemila anni or sono ogni parte del corpo era riprodotta dal punto di vista più significativo in modo da risultare immediatamente riconoscibile.

Già nelle prime epoche della storia faraonica andò perciò elaborandosi una visione del corpo “al meglio” in cui testa, braccia e mani, bacino, gambe e piedi risultavano riprodotti di profilo, mentre occhi e torace (ma non il seno) lo erano di fronte. Tutto questo nel tentativo di rendere in maniera efficace la capacità di muoversi della figura ritratta. La controprova è che, per rappresentarne l’immobilità, statue e mummie erano di regola riprodotte di profilo. Il compromesso tra piani prospettici diversi portò a un risultato di assoluto equilibrio che, divenuto regola, diede vita a una trasposizione bidimensionale della figura umana rimasta inalterata per più di tremila anni.

Tornando alle immagini delle fanciulle del Pornopapiro, la violazione della norma della rappresentazione “al meglio” è soltanto apparente. La visione frontale di parti del corpo di norma riprodotte di profilo è dettata dalla rotazione del bacino, imposta dal desiderio di mostrare con chiarezza il pube. Il seno e le gambe risultano ruotati di conseguenza. Il rischio corso dall’artista era quello di cadere nell’esagerazione e, mostrando troppo, risultare volgare. Ed è proprio qui che risalta invece la maestria dell’esecutore. Nonostante la loro frammentarietà, le immagini delle due fanciulle risultano ancora oggi soavi e leggere, impressione accresciuta dal trovarsi entrambe libere dal vincolo imposto dalla linea di base che corre sotto la figurazione.

La delicatezza del modellato è maggiormente percepibile nella fanciulla che si trucca. La sua immagine rappresenta una pausa di puro e denso voyeurismo nella sequenza di amplessi che si snoda lungo tutto il papiro. La ragazza è priva di parrucca e questo dettaglio indica che è ritratta in un momento di intimità: nell’antico Egitto ogni donna teneva a mostrarsi in pubblico indossandone una. Lo testimoniano centinaia di immagini femminili e lo confermano anche le altre vignette del documento.

La scena di toletta del Pornopapiro possiede una celeberrima controparte letteraria. È infatti elemento centrale e punto di svolta nella “Storia dei due fratelli”, un racconto la cui redazione si deve allo scriba Inena e che si conserva oggi sul Papiro d’Orbiney (British Museum, EA 10183), datato a un’epoca di poco anteriore a quella del Pornopapiro. Le vicende narrate hanno avuto varie interpretazioni: dal racconto concepito per il puro intrattenimento alla satira politica e all’allegoria mitologica (alcuni degli episodi della storia appaiono essere simili alle vicende che caratterizzano il mito di Osiride).

I protagonisti sono due fratelli di nome Anubi e Bata. Il secondo vive in condizione servile insieme al maggiore e alla di lui sposa. Un giorno, mentre Anubi e Bata stanno arando, terminano la semenza e il primo chiede al secondo di tornare a casa a prenderla. Bata trova la cognata che si sta pettinando. La donna lo invita ad aprire da solo il magazzino perché non ha voglia di interrompere la propria toletta. Prima di tornare ai campi Bata le ripassa di nuovo davanti.

Ha sulle spalle una giara il cui peso corrisponde a quello di cinque sacchi di cereali. La donna, evidentemente colpita da cotanta virilità, indirizza al cognato una proposta indecente. Bata s’infuria perché considera la cognata come una madre. Promette di non raccontare a nessuno l’increscioso episodio e, rimessosi sulle spalle il pesante carico, raggiunge il fratello nei campi. La donna è però assalita da mille paure e teme che, malgrado le assicurazioni, Bata spifferi tutto ad Anubi. Decide così di correre ai ripari.

Quando a sera il marito torna dai campi la casa è al buio e la sposa non gli si fa incontro per lavargli le mani come di consueto. Si è truccata in modo da sembrare che qualcuno l’abbia picchiata e giace nel suo stesso vomito. Anubi le chiede chi l’abbia ridotta in quello stato. La sposa accusa Bata e, come è ovvio, Anubi va su tutte le furie. Senza pensarci un attimo, esce e va a cercare il fratello per ammazzarlo. Una vacca parlante ha però avvertito del pericolo Bata che decide di fuggire. Anubi parte alla sua ricerca. Interviene allora il dio Pra-Horakhty che mette fine all’inseguimento ponendo tra i due fratelli un corso d’acqua infestato dai coccodrilli.

L’invalicabile distanza consente una chiarificazione e Bata spiega come sono andate davvero le cose. Anubi si precipita a casa, uccide la moglie e ne getta il corpo in pasto ai cani. Bata si è intanto evirato e ha deciso di recarsi in esilio in una località del Vicino Oriente. Gli dèi decidono di premiare la sua probità e gli procurano una sposa di straordinaria bellezza.

I due vanno a vivere insieme in una casa a non troppo distanza dal mare. Bata proibisce alla moglie di avvicinarsi alla costa perché la sua avvenenza è tale che le acque potrebbero tentare di rapirla. Come in ogni favola che si rispetti il divieto non viene rispettato e un’onda si avventa sulla ragazza che riesce a stento a sfuggire rifugiandosi in casa.

Il Mare è comunque riuscito a strapparle una treccia e le correnti la trasportano in Egitto. Gli unguenti che impreziosiscono la chioma impregnano la spiaggia sulla quale sono distesi ad asciugare i vestiti del faraone. Quando il sovrano li indossa si invaghisce subito della fanciulla con un così soave profumo e la manda a cercare. Da qui in poi segue una serie di complicate peripezie che prevedono per due volte la morte e la resurrezione di Bata e si concludono infine con la sua ascesa al trono d’Egitto.

Nella Storia dei due fratelli la scena di toletta si pone in un punto nodale della narrazione ed è cagione di tutti gli eventi successivi. Se nel Pornopapiro di Torino costituisce invece un momento di pausa voyeuristica nella sequenza di coiti che caratterizzano la figurazione.

CINQUANTA SFUMATURE DI LAPISLAZZULI
Amore e desiderio nell'antico Egitto

1. Parole antiche per aneliti senza tempo
2. Egyptian gods do it better!
3. L'amore cosmico
4.1 L'antica bellezza
4.2 L'antica bellezza
5. il tempo delle tilapie in fiore
6.1 Un documento scottante: il Pornopapiro di Torino
6.2 Un intrattenimento musicale particolare
6.3. Il Pornopapiro e la storia di due fratelli
6.4. Piaceri voyeuristici e fumigazioni terapeutiche
6.5. Eterno femmineo e virilità effimera
6.6. L'omo e la panterona
6.7. Donne e «motori», binomio senza tempo

Scena con ragazza che si trucca dal Pornopapiro di Torino. Particolare di J. Omlin, Der Papyrus 55001 und seine satirisch-erotischen Zeichnungen und Inschriften, Torino 1973, tav. I.

Pagina del Papiro d’Orbiney con la Storia dei due fratelli (fine del XIII secolo a.C.; British Museum

Esempio di parrucca. Dettaglio della statuina della dama Tiye; prima metà del XIV secolo a.C. New York, Metropolitan Museum of Art, 41.2.10a.

Francesco Tiradritti, 19 febbraio 2021 | © Riproduzione riservata

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