Un sistema a ghigliottina per gli intarsi neoplatonici del Coro ligneo di Lotto e Capoferri

Concluso il restauro della sezione absidale della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo ad opera della Fondazione MIA, discendente dell’antica congregazione di laici lombardi

Gli antichi affreschi del ’300 riscoperti dietro il coro ligneo della Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo
Ada Masoero |  | Bergamo

Era il 1523, esattamente 500 anni fa, quando la Misericordia Maggiore di Bergamo (per tutti, in città, MIA), antica congregazione di laici dediti a opere spirituali e caritative, commissionò al «Maestro Lorenzo Lotto da Venetia, pentore» (nato a Venezia nel 1480, Lotto morì nel 1556, da oblato, nella Santa Casa di Loreto) e al talentuoso maestro intarsiatore Giovan Francesco Capoferri (Lovere, 1487-Bergamo, 1534) le tarsie lignee per il Coro della Basilica di Santa Maria Maggiore, chiesa civica di Bergamo. La Basilica, eretta in Bergamo Alta grazie alle donazioni dei cittadini, nel 1449 era stata affidata a MIA e sottratta, con una Bolla papale, alla giurisdizione del Vescovo.

Un luogo identitario per Bergamo e i suoi cittadini, sempre arricchito, nei secoli, di tesori artistici, di cui il Coro ligneo è il più prezioso e il più noto. Noto sì, ma capace ancora di sorprendere, come ha provato il restauro, in corso dall’aprile 2022, che si è ora concluso per la sezione absidale, detta Coro dei Laici: smontata una tarsia, è infatti comparso alle sue spalle un affresco della fine del XIV secolo raffigurante una «Madonna con il Bambino» di cui si era persa ogni memoria, mentre nella tarsia di «Caino e Abele» è ricomparsa, intatta e perfettamente conservata, la figura di Caino (su disegno del pavese Francesco Rosso) che, non più vista dal ‘500, si credeva perduta, mentre era stata inserita nella struttura portante del Coro.
«Caino e Abele» (1523) di Francesco Rosso. La figura di Caino (sulla destra) è una delle più grandi scoperte di questa campagna di restauro. La tarsia, di forma rettangolare, era inserita in una nicchia di forma quadrata: la figura di Abele è rimasta nascosta per 500 anni e non è mai stata oggetto di restauro
E infine, smontando la sezione del Coro posta nel Presbiterio (Coro dei Religiosi), si è scoperto che le sue tarsie di tema neoplatonico erano state pensate originariamente come «coperti», cioè coperture di quelle di soggetto biblico ora poste nella parte absidale del Coro (detta «dei Laici», poiché ospitava i membri della Misericordia Maggiore). Per ogni seduta del Coro dei Religiosi era stato, infatti, realizzato un astuto sistema a ghigliottina, unico a quanto si sappia, che permetteva ai «coperti» di tema simbolico di sparire, rivelando le scene bibliche. Singolare la giustapposizione di temi religiosi e profani, con immagini enigmatiche legate all’alchimia, al pensiero ermetico, alla mitologia classica, al neoplatonismo. Tutto si spiega, però, se s’inserisce quest’impresa nella cultura dell’umanesimo veneziano del primo ‘500, in cui vide la luce.

I temi religiosi, tradotti in immagine prima da Lotto, poi da altri artisti, e trascritti nel legno da Capoferri e dai suoi figli (i lavori si conclusero nel 1555), furono dettati dal teologo francescano Stefano Terzi, quelli profani dei «coperti» da eruditi membri di MIA, mentre il progetto architettonico del Coro era opera di Bernardo Zenale. Il restauro, che si concluderà nel prossimo autunno con il completamento del Coro dei Religiosi, è curato da Luciano Gritti con la supervisione della Soprintendenza di Bergamo e Brescia, ed è sostenuto da Fondazione Banca Popolare di Bergamo, presieduta da Armando Santus, in collaborazione con Intesa Sanpaolo.
Il restauratore Luciano Gritti durante lo smontaggio del coperto simbolico de «La creazione»
Nel corso dell’intervento, insieme al monitoraggio micro-climatico dell’ambiente, si sono svolte dapprima indagini minuziose sulle tecniche esecutive e sulle antiche vernici. La pulitura è stata realizzata con metodi tradizionali e sistemi laser di ultima generazione, poi si è provveduto al consolidamento e alla disinfestazione dell’opera, alla scansione 3D dell’intero Coro e al rilievo CAD di tutti gli elementi che lo compongono. Il tutto è documentato da un’ampia campagna fotografica e reso visibile al pubblico grazie al progetto «Cantiere Vivo», aperto fino a settembre, che, nell’anno di Bergamo Brescia Capitale della Cultura, ha richiamato sinora ben 500 mila visitatori. Nell’area del Coro sono stati allestiti da Smart Puzzle (diretto da Stefano Marziali) pannelli «parlanti» di plexiglass con testi, immagini e QR code che, mentre consentono di vedere i restauratori all’opera, illustrano le vicende storiche, artistiche e materiali del Coro.

All’intervento di restauro, Fondazione MIA, presieduta da Fabio Bombardieri, ha voluto aggiungere la pubblicazione del volume Lorenzo Lotto. Lettere. Corrispondenze per il coro intarsiato (Officina Libraria, 2023), a cura di Corrado Benigni, presidente Commissione Cultura Fondazione MIA, e Mauro Zanchi, con contributi di Antonella Anedda, Franco Cardini, Marco Carobbio, Enrico Maria Dal Pozzolo, Telmo Pievani: 39 lettere inviate tra il 1524 e il 1532 da Lotto ai reggenti di MIA, relative alle questioni creative e pratiche sorte mentre realizzava i circa 70 cartoni per le tarsie (mai restituiti, a dispetto delle sue ripetute richieste), dalle quali emergono l’indole tormentata dell’artista e il progressivo deteriorarsi dei suoi rapporti tanto con la committenza quanto con il Capoferri, di cui pure all’inizio era tanto amico da aver rappresentato i loro volti, uno accanto all’altro, in una delle tarsie.

Il volume sarà presentato il 13 aprile da Enrico M. Dal Pozzolo in un incontro all’Accademia Carrara di Bergamo, cui seguiranno quelli con Flavio Caroli (20 aprile), Franco Cardini (27 aprile), Telmo Pievani (4 maggio).
Il Coro dei Laici della Basilica di Santa Maria Maggiore di Bergamo al termine dei lavori

© Riproduzione riservata
Altri articoli di Ada Masoero