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Annamaria Maggi con Mauro Staccioli nella sede bergamasca della Galleria Fumagalli nel 2010. © Galleria Fumagalli

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Annamaria Maggi con Mauro Staccioli nella sede bergamasca della Galleria Fumagalli nel 2010. © Galleria Fumagalli

Terzetti per un trentennale

Prima in tandem e ora in solitaria, Annamaria Maggi dal 1991 è alla guida della storica Galleria Fumagalli

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

1971, 1991, 2021: sono le tre date che scandiscono la storia della Galleria Fumagalli, da quando, cinquant’anni fa, fu fondata a Bergamo dall’imprenditore Alberto Fumagalli. Nel 1991 Annamaria Maggi divenne socia e condirettore con Stefano Fumagalli, da poco subentrato al padre, e oggi, nella galleria milanese di via Bonaventura Cavalieri 6, è lei a tirare le somme di un’avventura trentennale che dal 2007, anno della prematura scomparsa di Stefano Fumagalli, la vede da sola al timone della galleria.

In tempi ben più duri: «Se negli anni ’90, spiega a Il Giornale dell’Arte, lavoravamo duramente ma vivevamo un’esperienza entusiasmante, ricca di soddisfazioni, di contatti, di ottimismo, in seguito ho dovuto affrontare da sola la crisi finanziaria globale del 2008, quando tutto si fermò, e quella attuale che, in più, ha azzerato le relazioni e gli scambi tra persone».

Un ostacolo anche più duro, questo, per una galleria che ha sempre puntato sullo stretto rapporto personale con i collezionisti e con gli artisti: «Poi, improvvisamente, mi sono trovata “orfana”, non solo di Stefano Fumagalli ma anche di molti di loro, che sono scomparsi di lì a poco». Indispensabile guardare altrove e, come negli anni ’90 lei aveva dato impulso alla programmazione puntando su Enrico Castellani («mi ero laureata da poco con una tesi su di lui»), artista allora quasi dimenticato (come accadeva anche ad altri italiani della sua generazione, da Bonalumi a Uncini a Giò Pomodoro, tutti entrati a far parte della galleria), dagli anni Duemila la Maggi ha scelto autori di area concettuale (Body, Minimal, Performing art), da Acconci a Oppenheim, Anne&Patrick Poirier, Marinus Boezem, Keith Sonnier.

«Ho sempre mantenuto vivi, però, i rapporti con gli artisti della prima ora, come Griffa, Pardi, Carmengloria Morales, Pinelli, Consagra, Accardi, Nannucci, Kenneth Noland e Lawrence Carroll. Ho poi aggiunto i giovani: Filippo Armellin, Mattia Bosco, Chiara Lecca, Peter Welz, Maria Elisabetta Novello, spingendomi a esplorare realtà nuove». Fra i traguardi raggiunti dalla galleria ci sono l’istituzione di archivi di artisti, da Uncini (di cui ha pubblicato il catalogo ragionato) a Griffa, Bonalumi, Castellani e la realizzazione, grazie al collezionista Volker W. Feierabend, di mostre pubbliche in Germania, oltre alla collaborazione con il Comune di Bergamo (una tappa della mostra «Arte Povera 1967-2011», a cura di Germano Celant) e il Teatro Margherita di Bari, con una personale di Kounellis.

E il futuro? Quest’anno sarà dedicato al trentennale di Annamaria Maggi in galleria, sin dalla mostra attuale, «AA.VV.90. Cataloghi, monografie, edizioni», che presenta fino al 9 aprile i 90 volumi editi dal 1991, inaugurando il progetto «MY30YEARS 1991-2021». Ma cuore delle celebrazioni sarà il programma «Coherency in Diversity. Historical Vision from Personal Perspectives», curato da Lóránd Hegyi: «Saranno mini collettive di tre artisti, che metteranno a confronto maestri e giovani, per coglierne le affinità e le differenze. Di più non posso dire». Se non che si tratta degli autori passati negli ultimi trent’anni per la galleria, ma con un nuovo «innesto»: Thorsten Brinkmann, tedesco, nato nel 1971 e attivo tra Austria e Germania.

Annamaria Maggi con Mauro Staccioli nella sede bergamasca della Galleria Fumagalli nel 2010. © Galleria Fumagalli

Ada Masoero, 31 marzo 2021 | © Riproduzione riservata

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