Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image PREMIUM

Una veduta della Basilica di Sant’Ambrogio

Photo: Amir Farzad

Image PREMIUM

Una veduta della Basilica di Sant’Ambrogio

Photo: Amir Farzad

Il meraviglioso Tesoro di Ambrogio si rivela ai milanesi

Il letto, la tazza e altri capolavori racchiusi nel nuovo percorso culturale e spirituale dedicato al santo, sepolto all’interno della Basilica insieme con i martiri Gervaso e Protaso

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Non era nemmeno battezzato Ambrogio, il governatore della provincia di «Liguria et Aemilia», di stanza nella sede imperiale di Milano, quando nel 374, alla morte del vescovo ariano Aussenzio, placò i tumulti che subito si scatenarono e, da semplice catecumeno quale ancora era, il 7 dicembre venne acclamato vescovo da quello stesso popolo milanese che lui governava da quattro anni.

In una sola settimana Aurelius Ambrosius, nato a Treviri nel 340 d.C., studioso di retorica e di diritto, figlio del potente Prefetto del Pretorio delle Gallie, fu battezzato, consacrato sacerdote e ordinato vescovo, e la sua opera di pastore, di predicatore, di difensore della fede contro le molte eresie che circolavano nell’Impero, di autore di conversioni clamorose (come quella del futuro sant’Agostino, il maestro di retorica nato nell’attuale Algeria che lui convertì e battezzò a Milano nel 387 d.C.) ma anche di uomo politico incorruttibile, che non si peritò di proibire l’ingresso in chiesa all’imperatore Teodosio finché non avesse espiato il massacro da lui ordinato a Tessalonica, tutto questo, insieme alla devozione dei milanesi, proseguì fino alla sua morte, nel 397.

Nel frattempo, Ambrogio aveva fatto erigere una corona di basiliche intorno alla città oltre a quella che oggi porta il suo nome, costruita dove aveva rinvenuto i corpi dei primi martiri milanesi, Gervaso e Protaso, e dove chiese di essere sepolto insieme a loro.

Quella che vediamo oggi (dell’XI-XII secolo) non è la stessa che costruì lui ma, se si esclude l’abside, nota Miriam Rita Tessera, responsabile dell’Archivio e della Biblioteca Capitolare della Basilica di Sant’Ambrogio, la pianta è rimasta immutata e il suo corpo è ancora là dove fu sepolto. E dove, come scrisse un poeta del V secolo, «sepolto, vive e governa la sua chiesa».

Scrigno di capolavori millenari ma, più ancora, luogo identitario per i milanesi, la Basilica di Sant’Ambrogio è stata oggetto negli ultimi dieci anni di una serie di restauri (come i meravigliosi mosaici del sacello di San Vittore in Ciel d’oro, VI-VI secolo) e di studi approfonditi su vari temi (tra l’altro, la famosa anatomopatologa e direttrice del Labanof di Milano Cristina Cattaneo ha ricostruito dal teschio e dallo scheletro il ritratto del Santo, con gli occhi asimmetrici e una spalla più bassa dell’altra) che hanno rivelato numerose novità.

E poiché un motto di sant’Ambrogio era «Praeterita recordari, futura considerare» (ricordare il passato, guardare al futuro), monsignor Carlo Faccendini, abate-parroco della Basilica di Sant’Ambrogio, con l’Ufficio Beni culturali della Diocesi di Milano e la Soprintendenza, e grazie al contributo di Fondazione Cariplo, ha chiamato a raccolta studiosi di discipline diverse (con Carlo Capponi, architetto e conservatore della Basilica, sono Silvia Bruni, Cristina Cattaneo, monsignor Marco Navoni, Marco Petoletti, Davide Porta, Marco Rossi, Sabine Schrenk, Luigi Carlo Schiavi, Silvia Lusuardi Siena, Fabrizio Slavazzi, Francesca Tasso, don Giuliano Zanchi, Annalisa Zanni, con il coordinamento della citata Miriam Rita Tessera), riunendoli in un autorevolissimo comitato scientifico, e con loro ha ideato il progetto «Ambrosius. Il Tesoro della Basilica»: «Non un museo, spiega, ma un percorso culturale che preserva la natura di luogo di preghiera della Basilica, valorizzando le storie straordinarie di santità che racchiude e le storie straordinarie di bellezza di cui è colma. Mentre la Basilica rimane sempre liberamente accessibile ai fedeli quale luogo di devozione e di preghiera, nel rispetto delle celebrazioni liturgiche». Gli fa eco Miriam Rita Tessera, che di «Ambrosius» è il curatore scientifico: «Si tratta di un “Tesoro” nel senso medievale della parola, quando la parola aveva un significato eminentemente spirituale, per la presenza dei corpi e delle reliquie dei santi»: un Tesoro, dunque, cui concorrono reliquie appunto, come il letto su cui Ambrogio fu deposto dopo la morte, e la sua tazza e tante magnifiche opere d’arte.

Scodella di Sant’Ambrogio, ultimo quarto del IV secolo. Photo: Mauro Ranzani

Ma come esporre un simile patrimonio, materiale e immateriale? Alla realizzazione pratica del percorso, racchiuso in due ambienti cui si accede dalla navata destra della basilica, all’altezza del superbo «altare d’oro» carolingio con le storie della vita di Cristo e di Ambrogio (IX secolo, opera del «magister phaber» Volvinio), hanno provveduto gli architetti Andrea Perin e Gaetano Arricobene cui è stato affidato il compito di rendere «parlanti» le opere prescelte.

Il percorso, ora incentrato sulla figura di Ambrogio, si articola in due spazi: innanzitutto l’«Aula Ambrosii», nell’antica sacrestia dei monaci, dove trovano posto le testimonianze più antiche e più strettamente legate alla figura del santo, come il letto, la tazza, il frammento di transenna del IV secolo con il Cristogramma (il simbolo del Cristo) e la magnifica tarsia di pasta vitrea e smalti raffigurante un agnello, del IV-VI secolo, quasi certamente risalente alla basilica fondata da Ambrogio, e altri reperti. Accanto si apre il Sacello di San Vittore in Ciel d’oro, dove Ambrogio fece seppellire il fratello Satiro accanto al martire mauritano Vittore, e dove si trova il più antico ritratto musivo di sant’Ambrogio, dai tratti per nulla adulatori, ora confermati dalla ricostruzione del Labanof.

La seconda sala è il «Capitolino», che già ospitava un piccolo, eterogeneo e affollatissimo museo, ora abitato da poche, scelte opere e oggetti di epoche successive, selezionate, sottolinea Laura Paola Gnaccolini (Soprintendenza), fra quelle che portano in sé i maggiori significati storici e spirituali. Ecco allora frammenti lapidei figurati, le fiale-balsamario che contengono terra intrisa dal sangue dei martiri Nabore e Felice, le cassette di avorio di manifattura arabo-sicula che, nate per usi profani, diventarono reliquiari, e poi meravigliosi argenti di età viscontea, l’«Urna degli Innocenti», vero capolavoro delle manifatture orafe lombarde della metà del XV secolo, rimasto però incompiuto per la morte del committente, preziose croci processionali, i dossali del coro dei monaci, i magnifici «Piagnoni» di marmo di Candoglia dipinto, forse opera di Jacopino da Tradate, primo ’400, probabile parte di un corteo funebre che corredava un sepolcro  e, da non perdere (è in un punto un po’ nascosto) la tomba in arcosolio dell’abate Guglielmo Cotta, morto nel 1267, in cui si fondono architettura, pittura e scultura.

Opere straordinarie, che tuttavia poco saprebbero raccontarci se non fosse stata realizzata un’offerta didattica (di Ad Artem, cui già si devono le visite guidate. Prenotazioni obbligatorie: prenotazioni@adartem.it; booking@adartem.it) nell’area firmata da Giorgio Ripa, architetto, e Giuseppe Amato, designer, artista ed ebanista, cui si deve anche il modello-scultura della Basilica: un luogo di trasmissione dei saperi con una sala multimediale sulla vita di Ambrogio e una sala didattica. In quest’ultima saranno i saperi manuali a essere trasmessi, in laboratori per bambini e famiglie in cui ci si potrà esercitare in quelle attività di alto artigianato di cui qui si trovano tanti magnifici esempi e che si vorrebbero nuovamente promuovere. Senza dimenticare i piccoli «orti monastici» con erbe officinali e tintorie, in collaborazione con la Rete degli Orti Botanici della Lombardia.

Dopo l’inaugurazione, venerdì 5 dicembre, seguita dal tradizionale discorso alla città dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, da martedì 9 a mercoledì 24 dicembre «Il Tesoro della Basilica» sarà aperto gratuitamente ogni mattina, mentre da venerdì 26 dicembre sarà accessibile secondo le modalità indicate sul sito ambrosiusiltesorodellabasilica.it.

Tarsia dell’agnello, IV-VI secolo. Photo: Mauro Ranzani

Ada Masoero, 04 dicembre 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Nel Capitolium il nuovo allestimento, firmato Vezzoli e Grau, della figura bronzea in dialogo con la scultura rinvenuta nella città marchigiana anticipa le celebrazioni dei 200 anni del suo ritrovamento con le Teste d’imperatore, tre delle quali in trasferta all’Archeologico di Firenze

Per il 50mo anniversario dell’iniziativa, sono esposte otto vetture firmate da Alexander Calder, Frank Stella, Roy Lichtenstein, Esther Mahlangu, Sandro Chia, Jenny Holzer, Jeff Koons e Julie Mehretu

L’artista, studiosa e docente universitaria presenta il film «The Island», da cui sono derivati un’installazione video, sculture, strutture e videointerviste 

La mostra dossier nasce da uno scambio d’opere tra Casa Museo Zani e Collezione Intesa Sanpaolo e in seguito al restauro di due opere della Chiesa di Sant’Agata a Brescia

Il meraviglioso Tesoro di Ambrogio si rivela ai milanesi | Ada Masoero

Il meraviglioso Tesoro di Ambrogio si rivela ai milanesi | Ada Masoero