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«Adorazione dei magi» (1423) di Gentile da Fabriano (particolare)

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«Adorazione dei magi» (1423) di Gentile da Fabriano (particolare)

Piccole storie dal Medioevo intorno al Natale | Elegantissimi magi

La storia della storia dei magi è complessa e affascinante, strettamente legata alla loro raffigurazione

Virtus Zallot

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Chi, quanti e come fosseroi magi non è deducibile dai Vangeli: solo Matteo li cita, annotando che giunsero da Oriente, che si prostrarono davanti al piccolo Gesù per adorarlo e che, aperti i loro scrigni, gli offrirono oro, incenso e mirra.

Lo scarno resoconto fu progressivamente arricchito di particolari e dai commenti di illustri esegeti, rendendo la storia della storia dei magi (che diventarono tre, re, di età diversa e di diversa provenienza geografica) tanto complessa quanto affascinante. Altrettanto la storia della loro raffigurazione, anche perché le immagini richiesero e veicolarono fin dalle origini informazioni che la narrazione verbale poteva tralasciare, quali la caratterizzazione fisica, i gesti, le relazioni spaziali e gerarchiche reciproche, gli abiti con i loro accessori e non ultimo, il packaging dei doni.

Le vesti, in particolare, registrarono sia significative trasformazioni iconografiche che variegate interpretazioni contestuali, finalizzate comunque a celebrarne esotismo, regalità e ricchezza. Come  presso i greco-romani quelle di Mitra e di altri personaggi di provenienza orientale, nel primo Medioevo erano “alla persiana”: così nelle catacombe e su alcuni sarcofaghi paleocristiani. Risplendono per opulenza, vivacità cromatica ed esibita alterità nei mosaici sull’arco trionfale di Santa Maria Maggiore a Roma e sulla navata di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna (rispettivamente del V e del VI secolo), dove prevedono il berretto frigio rosso (quello che, divenuto simbolo di libertà, comparirà sulla testa di Marianna nella «Libertà che guida il popolo» di Eugène Delacroix), un mantello con collo a scialle, corte tuniche con terminazione a falde e pantaloni aderenti. Similmente abbigliati, i magi compaiono (raffigurazione entro la raffigurazione) sull’abito di Teodora nei mosaici (547 ca.) in San Vitale a Ravenna: e per motivi tutt’altro che decorativi.

Guadagnando in sobrietà ma senza abbassarsi di rango, vestirono poi come grandi aristocratici bizantini e, in Occidente, con la tunica e il mantello dei cavalieri in viaggio: tra i molti esempi, la formella bronzea della porta di San Ranieri (fine XII secolo) a Pisa e la lunetta di Benedetto Antelami per il portale della Vergine (inizi del XIII secolo) del Battistero di Parma. Giotto, nell’«Adorazione dei magi» della Cappella degli Scrovegni (1303-1305), assegnò loro vesti e mantelli semplici nella forma ma bordati con decori dorati.

Dal X secolo furono inoltre raffigurati come re e, quindi, dotati di corona. A garanzia di riconoscibilità non la levano neppure a letto quando, durante il viaggio, condividono il giaciglio come consuetudine nelle locande medievali: lo si osserva sul portale di San Mercuriale a Forlì (secondo quarto del XIII secolo) e su un famosissimo capitello (1125-1145) della cattedrale di Autun.

Nel Tardo Medioevo il loro abbigliamento riacquistò sontuosità e alterità, ispirandosi a un immaginario orientale alimentato da relazioni e scambi anche commerciali. Vesti, accessori e copricapo, non solo dei tre magi ma anche dell’esuberante seguito, risentirono di una «costruzione sincretistica e un po’ sognante di scenari arabo-turco-persiano-mongoli strutturati sui due principi dell’attento esame analitico e della libera affabulazione sintetica» (Franco Cardini). Sulle teste dei magi (pur senza rinunciare alla corona) e dei loro accompagnatori apparvero anche i turbanti.

Tra i numerosissimi esempi spicca la pala (1423) di Gentile da Fabriano per la Cappella Strozzi in Santa Trinità a Firenze, ora agli Uffizi. Fantasiosa sintesi tra moda coeva e sogno d’Oriente, mette in scena non solo straordinari vestiti ma una clamorosa passerella di copricapo sfarzosi nei materiali e variegati nelle forme, confezionati con tessuti e metalli preziosi, con stoffe intrecciate, frastagliate e ingioiellate, con piume d’oro e penne di pavone, persino con inserti ad ala di pipistrello.

Alla fine del Medioevo, nel trittico dell’Adorazione (1494 ca.) ora al Prado di Madrid, Hieronymus Bosch dipinse su vesti, copricapo e manufatti (per esempio sui contenitori dei doni) dei personaggi simboli e storie, a comporre  una complessa esegesi di piccole figure intagliate, cucite, sagomate e applicate. Come i magi ricamati sull’abito di Teodora, la raffigurazione entro la raffigurazione introduce integrazioni e approfondimenti di senso che qui non è possibile indagare: basti intanto (ed è molto) osservare e stupirsi; per poi potersi interrogare.

 

Virtus Zallot, 06 gennaio 2024 | © Riproduzione riservata

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