Nei Girolamini la storia del Seicento napoletano
Una monografia affronta da ogni lato possibile le vicende di uno dei maggiori complessi napoletani

#134470# A trentacinque anni Gianluca Forgione si presenta ormai come uno studioso attrezzatissimo e plurale. Oltre a molto altro, ha alle spalle una monografia sull’ultimo dei seguaci del Caravaggio, Gaspare Traversi, e di recente si è provato, con coraggio, a ripensare all’iconografia del quadro più difficile del mondo, «La Madonna delle Opere di Misericordia».
In più frequenta i territori della natura morta donde è stato poco meno che obbligatorio riguadagnare, con pagine ficcanti, la memoria di uno scrittore storico d’arte come Raffaello Causa. Interamente a colori, la monografia dei Gerolamini è, non solo per l’arte meridionale, un cimento davvero mirabile; meritevole di affiancare il serto di volumi sulla Cappella del Tesoro di San Gennaro con cui, dal 2011 al 2018, io stesso mi provai, con l’aiuto di giovani talenti, tra cui Forgione stesso, a ripensare al racconto delle cose di Napoli da un osservatorio autorevole.
Con dettato pacato, scevro da inutili narcisismi, Forgione affronta da ogni lato possibile le vicende di uno dei maggiori complessi napoletani fino a immaginare, dal più proficuo degli scranni, una possibile storia del Seicento a Napoli (anche negli allacciamenti con la scena fiorentina e romana).
In mani men che esperte un contributo che tenga avvinti mecenati e artisti, istituzioni laicali e ordini religiosi scivolerebbe via come i proverbiali capitoni. Ma Forgione amministra con padronanza un materiale centrifugo di carte e documenti, anche inediti; senza contare le doti di conoscitore che, seppure con discrezione, fanno capolino nella risistemazione delle raccolte oratoriane. Intendiamoci: la definizione dei contesti è l’ennesima filiazione di quello spartiacque che è Mecenati e pittori (1963).
Se esistono forze fresche che possano rendere omaggio al magistero di Francis Haskell a vent’anni dalla scomparsa, è qui che vanno segnalate (ne sarà contento Tomaso Montanari che, oltre a scortare fuori di rada l’affondo sui Gerolamini ha curato, l’anno scorso, la riedizione dell’opus magnum dello storico inglese).
Anche lo strappo virtuosistico che è il capitolo su Domenico Lercari, di mestiere sarto (uno che pagava Guido Reni e altri con abiti eleganti), segnala, nello stile di Forgione, gli aumenti di tono di un romanzo che scorre come un saggio. Giovanni Previtali, che Forgione non ha potuto conoscere se non dagli scritti e dalle voci degli allievi, auspicava l’esistenza di libri fatti perché altri possano continuare a studiare. Ecco, ci siamo.
I Girolamini. Storie di artisti e committenti a Napoli nel Seicento, di Gianluca Forgione, 208 pp., ill. col., Paparo, Roma 2020, € 50