Mucha sedotto da Sarah Bernhardt

Al Museo degli Innocenti oltre 200 opere per la prima mostra fiorentina di uno dei padri dell’Art Nouveau

«Moët & Chandon: Champagne White Star» (1899), di Alphonse Mucha (particolare). © Mucha Trust 2023
Elena Franzoia |  | Firenze

Con oltre 200 opere, «Alphonse Mucha. La seduzione dell’Art Nouveau», allestita dal 27 ottobre al 7 aprile 2024 nel Museo degli Innocenti è la prima mostra fiorentina dedicata all’artista ceco. Prodotta da Arthemisia, la rassegna è realizzata in collaborazione con la Fondazione Mucha e In Your Event by Cristoforo ed è curata da Tomoko Sato con la collaborazione di Francesca Villanti, che ne spiega la struttura: «Abbiamo seguito un filo cronologico, partendo dal fondamentale rapporto di Mucha con Sarah Bernhardt testimoniato da celebri manifesti come Gismonda e Medea e poi con il mondo della pubblicità, cui appartengono le affiche per Nestlé e Moët et Chandon. Mucha infatti inizia a lavorare con la galleria Salon des Cent di Léon Deschamps, fondatore anche della rivista “La Plume”, dove impara a dipingere con pennellate rapide e fluide particolarmente adatte all’impatto immediato richiesto dai manifesti.

Proponiamo qui un confronto fra le foto delle modelle in posa e le opere realizzate, in modo da evidenziare lo straordinario lavoro scientifico eseguito dall’artista sulle proporzioni e le linee del corpo umano. Una sezione è poi dedicata all’Epopea Slava, progetto artistico e politico che caratterizza la vita di Mucha fin da fine ’800 concludendosi con l’omonimo ciclo pittorico realizzato tra 1910 e 1928, oggi conservato nel castello di Moravský Krumlov. Essendo a Firenze, abbiamo infine scelto Galileo Chini per presentare un raffronto tra i due artisti in cui
proponiamo, ad esempio, dei disegni di gioielli di Chini estremamente simili a quelli realizzati anni dopo da Mucha.

Esponiamo ovviamente anche manifesti, come quello di Bistolfi del 1902 per la prima Esposizione Internazionale di Torino che segna l’entrata dell’Italia nell’Europa dell’Art Nouveau, o quelli per la danzatrice Loïe Fuller, che rimandano alle lineee sinuose e fluide tipiche di Mucha. Per quanto riguarda Chini apriamo con una sua opera ancora simbolista che rappresenta un pavone, tra le iconografie più amate dell’Art Nouveau, e chiudiamo con un lavoro sullo stesso tema di Mucha per la gioielleria Fouquet a Parigi. Un altro tema che evidenziamo è il rapporto con Gauguin attraverso la rappresentazione delle donne bretoni. Quando arriva a Parigi nel 1887 Mucha lo incontra e, come testimoniano anche alcune foto, ne sarà molto influenzato
».
«Gismonda» (1894), di Alphonse Mucha. © Mucha Trust 2023
Di grande modernità e fascino il rapporto tra Mucha e la Bernhardt. «Non esiterei a definirla una donna potente per l’impatto che ha avuto sulla cultura e la società del tempo, precisa Villanti. Quando Mucha la incontra, nel 1894, lei è già il “mostro sacro”, come dirà in seguito Cocteau, e può scegliere l’autore dei suoi manifesti. Di fatto, la grande attrice sceglie un artista ceco ancora poco famoso, che sbarcava il lunario facendo il vignettista e costruirà la sua fama proprio grazie a lei. Eppure l’immagine più superficiale evocata dalle opere di Mucha è legata a una femminilità leggiadra e morbida, in apparente contraddizione con la forza e l’autorevolezza emanate dalla Bernhardt. Ecco, forse Mucha è riuscito a rappresentare proprio il dualismo tra forza protagonistica e sensibilità femminile che lei stessa incarnava, restituendole un approccio più morbido, più femminile. Per questo in mostra affianchiamo ai manifesti le foto di scena, facendo capire quanto i due artisti abbiano lavorato insieme alla creazione di un’immagine».

© Riproduzione riservata «Médée» (1898), di Alphonse Mucha. © Mucha Trust 2023
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