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Le due rivali delle Italian Sales

Mariolina Bassetti e Claudia Dwek presentano le loro aste londinesi. Tra i nuovi, Tano Festa, Giosetta Fioroni e Carol Rama. Fontana quasi una rarità

Michela Moro

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Le Italian Sales di Londra sono ormai uno snodo per l’arte italiana contemporanea, motore, traino e scoperta, o meglio proposta, per artisti meno conosciuti in campo internazionale. Sotheby’s e Christie’s offrono in ottobre un totale di 106 lotti, 47 per Sotheby’s e 59 per Christie’s, che ben fotografano la situazione attuale; le due aste sono la summa di scelte molto meditate e calibrate in base al mercato, che muta rapidamente e del quale bisogna captare i movimenti.

Dopo aver realizzato nel 2015 il miglior risultato di sempre, Christie’s propone un’asta diversa rispetto alle precedenti. «Offriamo uno spaccato della seconda metà del XX secolo, senza opere moderne e guardando al futuro», dice Mariolina Bassetti, presidente di Christie’s Italia e direttore internazionale del Sud Europa, Arte Contemporanea, «includendo artisti come Tano Festa, Giosetta Fioroni e Carol Rama mai presentati nelle Italian Sales. Le loro valutazioni sono forse basse, ma fin dall’inizio questo è stato il ruolo di queste aste: era il sistema per esporre al mercato estero nomi italiani di grandissima qualità. Lo si nota anche dalla copertina del nostro catalogo: una incantevole “Coda di Delfino” di Pino Pascali del ’66 (stime 1,8-2,4 milioni di euro, Ndr).

Chi pensava potesse mai succedere? Evidentemente la promozione funziona». In questo sforzo i galleristi italiani che hanno aperto sedi all’estero precedono o vanno a traino? «Essere sul territorio internazionale permette loro di realizzare un lavoro più capillare e costante, mi auguro che promuovano anche artisti meno conosciuti ma coraggiosi». Se cambiano i mercati e oggi c’è meno offerta, cambiano anche i criteri di ricerca dei lavori? «Ti adegui al mercato con stime conservative per non deludere i venditori; la selezione è ancora più accurata, di maggior qualità, scarseggiano i venditori ma non i compratori, che sono sempre più aggressivi e famelici, e gli acquirenti italiani non competono sui prezzi perché gli stranieri sono economicamente molto più forti di noi. Detto questo offriamo tra le altre opere uno specchio storico di Pistoletto del 1966 (in realtà il gallerista Gian Enzo Sperone di schiena) stimato 1,7-2,1 milioni di euro, un raro Burri nero del 1961 valutato tra 2,2 e 2,9 milioni».

Sulla stessa linea anche Claudia Dwek, presidente di Arte Contemporanea, Sotheby’s Europa: «La contrazione dei venditori è una tendenza mondiale che obbligherà le case d’asta a una revisione del modus operandi, i criteri di ricerca mutano in base alle diminuite offerte. Un esempio ne sono le opere di Fontana: l’anno scorso erano dieci, oggi solo tre». Come si traducono queste riflessioni all’atto pratico? «Siamo riusciti a definire un evidente filo conduttore su due ricerche fondamentali: la materia e la superficie, con artisti come Scarpitta del quale offriamo un lavoro del 1959 stimato 1,2-1,7 milioni, Manzoni con un “Achrome” del 1958, 800mila-1,2 milioni, Rotella, il Fontana di bronzo, e lo strepitoso Burri “Rosso Plastica 5” del 1962 valutato tra 4,6 e 6,9 milioni».

Continuate a proporre anche pezzi storici? «Abbiamo Morandi, sotto i riflettori dopo le mostre a New York, da ammirare accanto al Melotti in gesso stimato 170-290mila euro, e Marino Marini moderno e quasi astratto, 720-900mila euro, purtroppo impossibile da vedere in Italia». Le nuove proposte? «Un lungo elenco: Marina Apollonio, Getulio Alviani, la Pop romana con Franco Angeli e Tano Festa e soprattutto Gianni Piacentino, artista di attualità elevatissima dopo la mostra alla Fondazione Prada e da Michael Werner. Ci siamo detti perché non provarci? E l’abbiamo contestualizzato nel modo migliore».

Michela Moro, 09 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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