La scomparsa di Elisabetta II

La monarca più longeva della Gran Bretagna è morta a Balmoral, in Scozia, all’età di 96 anni. Era anche una delle più importanti collezioniste del mondo

La regina Elisabetta fotografata da Dorothy Wilding il 26 febbraio 1952. © National Portrait Gallery, London
Martin Bailey |  | Londra

La regina Elisabetta II, monarca del Regno Unito e proprietaria fiduciaria di una delle più grandi collezioni d’arte del mondo, è morta all’età di 96 anni. Sebbene sia apparsa costantemente sui media negli ultimi 70 anni, ha rivelato molto poco sui suoi gusti personali.

Ma da ciò che è emerso, le arti visive non sembravano essere in cima alla lista dei suoi interessi. Eppure, paradossalmente, Elisabetta II ha fatto di più di tutti i suoi illustri predecessori per condividere i suoi tesori reali.

E che collezione ha curato: 7.600 dipinti (più del triplo di quelli conservati alla National Gallery), 2mila miniature (la più grande collezione al mondo) e oltre 500mila stampe e disegni, per non parlare di mobili, ceramiche, orologi, armi e armature, archivi, libri, fotografie e, naturalmente, i gioielli della Corona. Essendo una delle ultime grandi collezioni reali europee rimaste intatte, rappresenta una testimonianza dei gusti personali dei monarchi nel corso di 500 anni di storia.

La Royal Collection ha uno status insolito. Come spiega un portavoce: «È detenuta in via fiduciaria dalla Regina come Sovrana per i suoi successori e per la nazione. Non è di sua proprietà come individuo privato».

Non abbiamo idea di che cosa pensasse davvero la regina di questa stupenda collezione e se preferisse Franz Winterhalter, l’artista venerato da Vittoria, a Andy Warhol. Il protocollo richiede che i giornalisti non pongano mai domande alla monarca e lei si è espressa poco. Parlare dei suoi gusti personali avrebbe indebolito la sua autorità morale che è volta a rappresentare tutti i suoi sudditi.

La giovane principessa Elisabetta non frequentò la scuola e fu istruita a casa. Il sito web reale rivela che tra le sue materie vi erano «l’arte e la musica». È cresciuta in mezzo alla più grande collezione di tesori artistici del mondo al di fuori di un museo. Ma quando si è giovani, circondati da tanta ricchezza, si rimane affascinati o indifferenti.

Al momento della sua ascesa al trono, nel 1952, l’ispettore dei quadri della Regina era nientemeno che Anthony Blunt, che la servì fino al 1972. Fu lui a farle conoscere l’arte. Sei anni dopo il suo pensionamento, fu pubblicamente rivelato che Blunt aveva lavorato anche come spia per l’Unione Sovietica. I successori di Blunt come ispettori sono stati Oliver Millar (1972-88), Christopher Lloyd (1988-2005) e Desmond Shawe-Taylor (2005-20).
«Ritratto di Elisabetta II d’Inghilterra» (1955) di Pietro Annigoni, Londra, Fishmongers’ Hall
La creazione della Galleria della Regina
Blunt organizzò il primo nucleo della Royal Collection aperto al pubblico creando la Queen’s Gallery, costruita accanto a Buckingham Palace, sul sito di una cappella bombardata dalla Luftwaffe nel 1940. Dalla sua apertura nel 1962, la Queen’s Gallery ha programmato una serie continua di 82 mostre a tema che presentano opere della Royal Collection.

La più recente è «Giappone: Corti e Cultura» (fino al 26 febbraio 2023). Ma il cambiamento più importante avvenne dopo il disastroso incendio del Castello di Windsor nel 1992. Fino ad allora la collezione era stata gestita direttamente dalla Casa Reale, ma nel 1993 venne istituita una fondazione benefica, responsabile della cura e della condivisione delle opere d’arte, finanziata con i proventi dell’apertura dei palazzi reali ai visitatori. Inoltre, rompendo con la tradizione, Buckingham Palace rimase aperto in estate, in un periodo in cui la Regina non era normalmente in residenza, fornendo una nuova importante fonte di entrate.

Sebbene la Regina prendesse le decisioni formali (anche per tutte le acquisizioni e le richieste di prestito), la Royal Collection è gestita da un direttore, attualmente Tim Knox, titolare della carica dal 2018. I suoi predecessori sono stati Oliver Millar (1987-88), Geoffrey de Bellaigue (1988-96), Hugh Roberts (1996-2010) e Jonathan Marsden (2010-17).

Il nuovo sistema ha funzionato in modo eccellente, almeno in termini di cura e condivisione della collezione. Dal 1993 il trust ha destinato gran parte dei fondi disponibili a tre progetti principali: la ristrutturazione del Castello di Windsor dopo l’incendio del 1992; l’ampliamento della Queen’s Gallery nel 2002 e la creazione di una nuova galleria a Holyroodhouse, a Edimburgo, sempre nel 2002.

Sotto Elisabetta le principali priorità per la collezione erano l’accesso al pubblico, la conservazione e l’inventario. Molte delle opere più belle possono essere ammirate nelle 15 residenze reali aperte ai visitatori (soprattutto il Castello di Windsor, Buckingham Palace, Holyroodhouse, Hampton Court, la Torre di Londra, Osborne House e il Royal Pavilion di Brighton).

È un privilegio vedere le opere d’arte negli ambienti storici per i quali sono state originariamente commissionate o acquistate, oltre alle mostre temporanee nei palazzi e nella Queen’s Gallery. Vengono organizzate mostre itineranti, sia a livello nazionale che internazionale. Inoltre, singole opere d’arte vengono prestate per mostre organizzate da altri musei e sedi.

Per la Royal Collection tutto è andato bene fino alla pandemia. Ma nell’esercizio finanziario 2020-21 il numero totale di visitatori è crollato da 3.285.000 a 155mila, con la chiusura e la perdita del turismo internazionale. Le entrate sono scese da 72 a 7 milioni di sterline. Sebbene i dati per il 2021-22 non siano ancora stati pubblicati, potrebbero essere quasi altrettanto negativi, dato che il Regno Unito ha iniziato a uscirne solo all’inizio di quest'anno.

Un'inevitabile ristrutturazione ha portato alla perdita di 165 posti di lavoro nella Royal Collection, il 30% del totale. Tra le partenze c’è stata quella di Shawe-Taylor, che ha posto fine almeno temporaneamente alla posizione di Surveyor of the Queen’s Pictures, un titolo che risale a 400 anni fa.

Nei primi 50 anni di regno di Elisabetta, è emerso che sono stati acquistati solo 20 dipinti, un’aggiunta modesta ai 7mila. L’indagine riguardava solo i dipinti (non altre opere d’arte) e tutti erano ritratti: due della regina, due dei suoi funzionari di corte e 16 di personaggi storici. Il costo totale è stato stimato in poche centinaia di migliaia di sterline. Negli ultimi 20 anni le acquisizioni sono proseguite a un livello altrettanto basso.

Oltre alla Royal Collection, alcune delle altre attività della Regina riguardano le arti visive. Da oltre 250 anni la figura del monarca britannico è coinvolta nella Royal Academy of Arts. Ha posato per decine di ritratti, arrivando a conoscere gli artisti, tra cui Pietro Annigoni (1954 e 1969) e Lucian Freud (2001).

Una scarsità di acquisizioni
Anche se il coinvolgimento di Elisabetta nelle arti visive può essere stato limitato, era circondata da membri della famiglia con forti interessi. La Regina Madre fu un’importante collezionista: acquistò quadri di Monet e Sisley. Il marito di Elisabetta, Filippo duca di Edimburgo (morto nell’aprile 2021), era un appassionato acquerellista, sotto la guida di Edward Seago, e lui stesso collezionista. Suo figlio, il principe Carlo, è anch’egli esperto di acquerelli ed è attivamente impegnato a tutela del patrimonio architettonico.

Sebbene la Royal Collection agisca a nome della Regina, quest’ultima ha lasciato in gran parte la supervisione della sua organizzazione a Carlo, che è stato il primo presidente del Royal Collection Trust, rimanendo in carica per 28 anni fino al marzo 2021, quando ha lasciato il posto al banchiere James Leigh-Pemberton. Questo passaggio potrebbe essere stato voluto: Carlo presumibilmente erediterà il trono e sarebbe quindi stato inopportuno che il monarca avesse mantenuto la presidenza.

Una piccola fonte di delusione è stata la scarsità di acquisizioni durante il regno di Elisabetta. In questo caso è difficile ripartire le responsabilità tra la Regina, che prende le decisioni formali, e la Collezione, che fornisce consulenza curatoriale.

A lungo termine, la mancanza di acquisizioni sembrerà una circostanza negativa. Come disse una volta il Principe Carlo: «Ogni monarca ha commissionato ad artisti suoi contemporanei la testimonianza di vari aspetti della propria vita: importanti occasioni familiari, i figli, i cani, i cavalli, gli amici, i grandi statisti e gli eventi nazionali».

Traduzione di Mariaelena Floriani

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