La prima Photo London di Re Carlo III e la fotografia a Londra

Fino a domenica Somerset House ospita l’ottava edizione di Photo London. 126 gallerie da 56 diverse città che si dividono lo spazio della grande struttura appositamente costruita nel cortile e le due ali laterali del palazzo.

Veduta di una delle passate edizioni di Photo London
Chiara Massimello |

La fiera, fondata da Michael Benson e Fariba Farsha e prodotta da Candlestar, gruppo internazionale che realizza il Prix Pictet, si avvale di un comitato di curatori che seleziona le gallerie e ogni anno propone una retrospettiva dedicata a un grande autore: quest’anno Martin Parr. Inevitabile il confronto con Paris Photo, ospitata ogni novembre nella capitale francese; Parigi, la città del bianco e nero e della tradizione, Londra la città del colore e della foto di moda. Lo si intuisce subito entrando nella struttura del cortile, luogo privilegiato della fiera perché lo spazio degli stand è meno sacrificato e si possono esporre anche stampe di grande formato.

Qui, la Galleri K di Oslo, per la prima volta a Photo London, presenta un’opera di Mcalinden, Hovedoya (2022) di 163x300 cm. Un grande paesaggio coperto di neve, un albero in primo piano e un lago sullo sfondo, la luce di quei luoghi e un senso di pace che la rende molto attraente, tanto che i bollini rossi accanto alla stampa indicano che 4 copie sono già state vendute. Osservando le molte le foto di moda e decorative esposte tra gli stand, viene da pensare che le gallerie decidano di esporre scatti di facile comprensione e vendibili ad un pubblico non per forza di collezionisti esperti.

Mancano tante delle grandi gallerie che si vedono a Parigi, da Gagosian a Howard Greenberg, da Karsten Greve a Robert Koch, ma anche Hamiltons che pure ha sede in città. E così svettano coloro che hanno deciso di partecipare a questa edizione: tra loro David Grob, mercante gallerista con sede a Ginevra che propone una selezione di fotografie in bianco e nero tra cui un bellissimo scatto vintage di William Klein, Cappello e 5 rose del 1956, e un’iconica Front cover of Haskins Posters di Sam Haskins (1972). Poi, colore colore, un po’ di Messico con Alejandro Cartagena, un po’ di Africa con Caleb Kwarteng Prah e Girma Berta, un po’ di Finlandia con le nature morte di Sandra Kantanen. Icone di ogni continente, dai Beatles a Picasso, da Mick Jagger a Mike Tyson.
Tim Walker, Guinevere van Seenus, 20 mattresses and 1 hot water bottle, Fashion: Vivienne Westwood, Glemham Hall, Suffolk, England, 2006, Courtesy Michael Hoppen Gallery
Certo, alcune gallerie che propongono lavori profondi che riaccendono l’attenzione: come l’argentina Rolf Art espone Marcelo Brodsky, 6 immagini che raccontano il movimento delle idee e il desiderio di libertà che attraversava tutto il mondo nel ‘68, oppure la Michael Hoppen di Londra che dedica una bellissima parete al Giappone con diversi autori, ma una stessa atmosfera. L’Italia è rappresentata da 5 gallerie: 29 Arts in Progress, Dioram, e Valeria Bella che espone la giovane Federica Belli accanto ai grandi Luigi Ghirri e Guido Guidi. Podbielski mostra Francesco Jodice, Gabriele Basilico e Augusto Cantamessa, torinese da riscoprire, mentre la galleria Alessia Paladini presenta un interessante lavoro di Carolle Bénitah dove l’artista, partendo da vecchie foto trovate per caso, racconta le incomprensioni all’interno della vita familiare; i volti schermati dalla foglia d’oro, sono quelli di tutti noi. 
Carolle Bénitah, Dejeuner mont blanc, 2023 (serie jamais je ne t'oublierai), stampa digitale su carta baritata, foglia d'oro, courtesy Alessia Paladini Gallery
Sempre a Londra, in questi giorni, presso la sede della Photographers Gallery, è stato assegnato il prestigioso Deutsche Börse Photography Foundation Prize a Samuel Fosso (nato nel 1962 in Cameron), dedicato all’artista che ha dato il contributo più significativo alla fotografia negli ultimi dodici mesi, per la sua mostra alla Maison Européenne de la Phographie e per il suo lavoro sul potenziale trasformativo espresso con l’autoritratto; il V&A, tra i principali musei della città, sta per aprire il più grande spazio dedicato alla fotografia in Gran Bretagna e la National Portrait Gallery, chiusa dal 2020, prepara due mostre di fotografia. Di fronte a questo fermento creativo in città, mi verrebbe da pensare che forse Photo London potrebbe credere un po’ più in se stessa, cercando di mettere in secondo piano quell’attitudine all’estetica decorativa che alla fine la penalizza.

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