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Franco Fanelli
Leggi i suoi articoliGiorgio Maria Griffa (Biella, 1944), ha viaggiato per mare e conosce i luoghi (ad esempio la Terra del Fuoco cara allo scrittore figlio di un baleniere Francisco Coloane) in cui vivono, si riproducono e muoiono le balene che, insieme ai relitti di navi spiaggiate, indagati nella loro rugginosa metamorfosi, costituiscono il suo filone tematico preferenziale.
Chiara Fasser, titolare della Galleria dell’Incisione di Brescia, non esita a definirla «un’ossessione». Non c’è tuttavia tragedia melvilliana nella nuova serie dedicata ai cetacei che Griffa espone dal 30 maggio al 15 luglio nella galleria lombarda, che riapre le porte dopo il lockdown in una delle città più colpite dal Covid19. Anzi, la grazia e la danza con le quali le megattere dello straordinario acquarellista piemontese solcano profondità marine e cieli (le «Humpback Whale», come vengono chiamate in lingua inglese, sono note per il loro prodigiosi salti) sembrano portatrici, ora, di un messaggio di speranza.
La tecnica pittorica è saldamente ancorata nella grande tradizione del realismo anglosassone (Andrew Wyeth è il più illustre riferimento per questi dipinti su carta) con pigmenti che spesso si rapprendono in concrezioni materiche inaspettate per un procedimento fluido qual è l’acquerello, o in ritmi segnici che esaltano l’armoniosa «grafica» che solca il corpo delle megattere.
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