Lo stand di Tang Contemporary Art. Cortesia di Art Basel Hong Hong

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Lo stand di Tang Contemporary Art. Cortesia di Art Basel Hong Hong

Il ritorno di Art Basel Hong Kong

Nel giorno dell’inaugurazione della fiera si è registrato un flusso costante di vendite a collezionisti privati e a istituzioni della Regione

Gareth Harris

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L’attesa nella sala era palpabile quando Noah Horowitz, il nuovo direttore globale di Art Basel Hong Kong, ha dato il benvenuto ai giornalisti internazionali e ai VIP l’altro ieri alla fiera, inaugurando la prima edizione, che si tiene al Convention Centre, da quando la Cina e Hong Kong hanno eliminato tutte le restrizioni dovute alla pandemia da Covid-19.

Le statistiche dell’edizione di quest’anno, che si svolge dal 23 al 25 marzo, sono piuttosto «in salute»: 177 gallerie partecipano, un balzo in avanti rispetto ai 130 espositori del 2022, con 22 nuove gallerie tra cui la Gallery Vacancy di Shanghai e Whistle di Seoul. Tuttavia, questo numero è notevolmente inferiore al picco di 242 espositori raggiunto dall’edizione 2019 della fiera, l’ultima che si è svolta prima della pandemia.

Nonostante i chiari venti contrari che la città si trova ad affrontare, Horowitz ha sottolineato come la scena delle gallerie sia rimasta «vibrante» a Hong Kong e come tutte e tre le case d’asta stiano raddoppiando il loro impegno nei confronti della città (all’inizio di questa settimana Phillips ha inaugurato la sua nuova e sontuosa sede asiatica nel distretto culturale di West Kowloon).
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Il discorso di Horowitz alla stampa, chiaramente soddisfatto di essere tornato in una città che ha imposto alcune delle misure pandemiche più draconiane al mondo, ha evidenziato un punto chiave, ovvero che Hong Kong rimane «una porta d’accesso al mercato asiatico».

Questo sembra essere confermato dal grandissimo numero di visitatori alla preview e dalla presenza di dealer come Sadie Coles, Jay Jopling (White Cube) e David Zwirner che si sono presentati di persona. «È importante che siano visibili e presenti in fiera, dopo che negli ultimi anni il personale è stato assunto a distanza per presidiare gli stand», ha commentato un anonimo di Hong Kong.

Erano presenti anche figure di alto profilo come Maria Balshaw, direttrice della Tate, Amy Cappellazzo dell’Art Intelligence Global art advisory e la coppia di collezionisti del Bangladesh, Rajeeb e Nadia Samdani, insieme all’artista degli NFT Beeple.

I resoconti di vendita pubblicati dalla stampa hanno iniziato a circolare quasi immediatamente, riflettendo il potere d’acquisto dei collezionisti asiatici, soprattutto con una serie di acquisizioni da parte di collezionisti privati e istituzioni della regione, tra cui «Truffaut» (2005) di Elizabeth Peyton, venduto per 2,2 milioni di dollari dalla galleria David Zwirner a un «importante museo asiatico».
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Hauser & Wirth ha venduto «On Being Blue» (2023) di Angel Otero per 225mila dollari al Long Museum di Shanghai, mentre «The Wine Dark Sea» (2022-23) dell’artista ucraina Stanislava Pinchuk, nella sezione di arte pubblica Encounters, è stato acquistato dall’HE Art Museum di Shunde, nella provincia di Guangdong, per 240mila dollari (Yavuz Gallery).

Anche la galleria Thaddaeus Ropac, una delle 42 che sono tornate dopo la pausa dovuta al Covid, ha registrato una serie di vendite ad acquirenti asiatici, tra cui il dipinto «Ohne Titel» di Martha Jungwirth, 2022 (350mila euro) e «À partir de zero» di Miquel Barceló, 2021 (220mila euro).

«Preferisco che le opere rimangano qui, invece di essere acquistate e rispedite indietro, e mi piace che le fiere diventino un po’ più regionali» ha dichiarato Ropac. «Non c’è modo che Singapore possa sostituire Hong Kong, mentre Seul è più creativa [riferendosi all’ondata coreana nella musica e nell’arte]. Hong Kong è un hub di mercato».

Leo Xu, direttore senior della galleria Zwirner, ha dichiarato che i collezionisti in visita sono «prevalentemente asiatici», aggiungendo che «la qualità dei collezionisti provenienti dalla Cina continentale, che non hanno potuto viaggiare per tre anni, è eccezionale».
I proprietari della fiera, il gruppo MCH, si sono abilmente orientati verso i loro vicini asiatici, collaborando con altri eventi e progetti in Asia nel tentativo di consolidare lo status di Art Basel Hong Kong come hub di mercato «ponte» (delle gallerie partecipanti di quest’anno, due terzi hanno spazi in Asia).

L’anno scorso MCH ha investito il 15% nella nuova fiera d’arte internazionale di Singapore, Art SG, e ha inoltre sostenuto l’Art Week Tokyo, grazie alla quale 350 VIP hanno curiosato da una galleria all’altra lo scorso novembre. «Le ultime mosse verso progetti alternativi da parte di Art Basel e del suo proprietario MCH Group sembrano far parte di una più ampia strategia di diversificazione, accelerata da quando Lupa System, la società di investimento di James Murdoch, è diventata azionista di riferimento di MCH Group alla fine del 2020», scrive Melanie Gerlis, art market editor-at-large di The Art Newspaper sul Financial Times.
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Questa promozione di collaborazioni panasiatiche sembra dare i suoi frutti. «Ci sono molti collezionisti giapponesi qui, soprattutto giovani», ha affermato Taka Ishii dell’omonima galleria di Tokyo (quest’anno ci sono 28 espositori giapponesi, rispetto ai 19 del 2022). Nel frattempo, ha venduto una scultura di Goro Kakei («Blow», 1987) per 28mila dollari a un collezionista statunitense.

Più vicini a casa, i dealer cinesi sono stati particolarmente soddisfatti di essere tornati in fiera. Yang Shuqing, della galleria White Space di Pechino, ha dichiarato che è stato facile ottenere il visto. «È importante essere qui per incontrare le persone. Siamo fiduciosi che Art Basel Hong Kong porterà di nuovo una nuova energia alla scena artistica», ha dichiarato. Nella prima ora, la galleria ha venduto a un collezionista cinese un’opera a olio e matita di He Xiangyu per 160mila dollari («Lizard and Cigarette», 2022).

Ma a far da sfondo ai party e alle eccezionali vendite c’è una città cambiata. La legge sulla sicurezza nazionale, attuata a metà del 2020 dal governo cinese, criminalizza qualsiasi atto di sovversione, secessione o terrorismo, con disposizioni chiave volte a limitare la protesta e la libertà di parola, come la celebrazione di alcuni processi a porte chiuse.

«Questa non è la Hong Kong del 2018», ha dichiarato un giornalista cinese che ha preferito rimanere anonimo.
Angelle Siyang-Le, il nuovo direttore della fiera, ha dichiarato a The Art Newspaper: «Il nostro modo di operare nel settore dell’arte non è stato finora influenzato [dalla legge]. Stiamo cercando di monitorare costantemente la situazione. Il mercato si sta ancora sviluppando e siamo fiduciosi che saremo in grado di fare le nostre mostre come prima».

Nel clima politico postpandemia, i nuovi musei, come M+ e l’Hong Kong Palace Museum, sono un balsamo culturale e un’attrazione importante (M+ è un elemento chiave nella metamorfosi di Hong Kong in una destinazione culturale, portando un «momento Tate Modern» alla metropoli).

In particolare, il collezionista svizzero Uli Sigg, la cui collezione d’arte contemporanea cinese di 1.500 opere è esposta al museo M+, ha appoggiato la posizione di Hong Kong all’interno della gerarchia del mercato globale, affermando di «essere convinto che le altre fiere regionali non siano in grado di fornire la profondità per quanto riguarda l’arte proposta e l’ecosistema, almeno non nel prossimo futuro».

Sul fronte dei collezionisti, Lu Jingjing della galleria Beijing Commune ha dichiarato di essere stata sommersa di richieste di pass VIP e ha manifestato una grande gioia per essere tornata su questa piazza.

Lo stand della galleria giapponese Kosaku Kanechika ad Art Basel Hong Kong con opere in mostra di Kakuro Kuwata. Cortesia di Art Basel

Gravity (2018-23) di Awol Erizku, una gigantesca scultura gonfiabile di Tutankhamon per la sezione Encounters di Art Basel Hong Kong. Cortesia di Art Basel. Foto di Isaac Lawrence

Stanley Wong nello stand di Lucie Chang Fine Arts. Cortesia di Art Basel

Gareth Harris, 23 marzo 2023 | © Riproduzione riservata

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