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Il «Manifesto del Futurismo», pubblicato sul quotidiano francese «Le Figaro» il 20 febbraio 1909

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Il «Manifesto del Futurismo», pubblicato sul quotidiano francese «Le Figaro» il 20 febbraio 1909

Futurismo: le opinioni degli esperti | Fabrizio Russo

INCHIESTA SUL FUTURISMO 5. | «Quello futurista è l’unico grande movimento d’avanguardia italiano riconosciuto nel mondo»

Guglielmo Gigliotti

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Torniamo a parlare del «revival futurista», che nell’anno appena concluso ha visto numerose mostre pubbliche e private dedicate al movimento marinettiano e che troverà la sua acme nella grande esposizione «Il tempo del Futurismo»da ottobre 2024 nella Galleria Nazionale d’Arte moderna e contemporanea di Roma a cura di Gabriele Simongini (in collaborazione con Alberto Dambruoso).

Il progetto è straordinariamente ambizioso e il curatore sarebbe felice di discorrerne, ma per disposizione del ministro nulla potremo saperne finché non sarà lui stesso, Sangiulianoprimo e dichiarato promotore dell’evento, a parlarne per primo avendo deciso di identificare il suo mandato governativo con questa mostra memorabile che intende restituire i meriti del principale, più longevo e più cosmopolita movimento italiano d’avanguardia. C’è anche un significato politico: la mostra romana dovrebbe dissolvere definitivamente ombre e pregiudizi riguardo alla discussa quaestio dell’adesione ideologica dei futuristi al fascismo. Ma quanto sarà davvero nuova questa mostra, quanto inedita nell’affollato orizzonte di studi e mostre sul Futurismo degli ultimi cinquant’anni? E riconsiderare i rapporti tra l’avanguardia artistica e il regime mussoliniano farà veramente bene all’immagine dei cantori della velocità e della modernità, già da tempo sdoganati dal retaggio politico presente in talune opere, per una ricontestualizzazione puramente storica e culturale (promossa peraltro da studiosi «di sinistra»)?

Ne hanno parlato nel numero del «Giornale dell’Arte» di dicembre, oltre a Flaminio Gualdoni, due tra i maggiori tra i maggiori studiosi del Futurismo: Fabio Benzi e Claudia Salaris. Ora diamo la parola ad altri loro colleghi: Giovanni Lista, Massimo Duranti, Daniela Fonti, Ada Masoero e Luigi Sansone. Oltre al gallerista Fabrizio Russo.

Fabrizio Russo è tra i maggiori galleristi di arte futurista. La sua galleria, fondata a Roma da un avo nel 1898, è la più longeva d’Italia. Tra i tanti artisti del ’900 trattati, figurano ora futuristi della prima ora (Boccioni, Balla, Severini, Russolo) e della seconda (Prampolini, Dottori, Tato, Thayaht, Peruzzi, Delle Site, Marchi ecc).

Quanto ha inciso il programma politico del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano nella rivalutazione recente del movimento marinettiano?
C’è da dire che semmai è successo il contrario: la rivalutazione del movimento marinettiano, che si radica nel tempo, incontra ora anche un programma politico favorevole. Quello futurista è l’unico grande movimento d’avanguardia italiano riconosciuto nel mondo. È naturale che vi siano nuovi focus e approfondimenti non interpretabili politicamente ma culturalmente. Ed è bene che tutto ciò avvenga sorpassando vecchie barriere e pregiudizi ideologici, che hanno boicottato il Futurismo per decenni, ciò che spiega la facilità con cui, per esempio, lo Stato italiano concesse (nella persona di Giulio Carlo Argan) la vendita della «Città che sale» di Umberto Boccioni al MoMA di New York. Insistere sulla prerogativa fascista è un errore storico, il Futurismo nasce nel 1909, i Fasci di combattimento dieci anni dopo. Caso mai si dovrà dire dei costruttivisti russi, organici da subito all’Unione Sovietica. E Mario Sironi, che fu futurista e dopo anche fascista: è un grande della pittura o no? Picasso lo riteneva un gigante…

Quanto giova al mercato l’interesse culturale per il Futurismo?
Anche qui c’è un problema all’incontrario: se si trova un’opera di quelle che io definisco «gemmata», ovvero corredata di ricca bibliografia in perfetto stato di conservazione e con le indispensabili archiviazioni, il nodo da risolvere è a chi venderla.

Perché?
Perché c’è la fila.

Niente ombre su questa ascesa?
Ombre ci sono. È il rovescio della medaglia di tutti i successi in arte: la circolazione di flussi eccessivi di opere e la presenza di operatori del mercato fin troppo elastici nell’interpretazione delle stesse. Vari anni fa promossi un convegno all’Accademia di San Luca a Roma, attraverso l’aiuto dell’avvocato Fabrizio Lemme, sul tema dell’assenza in Italia di una normativa che regoli gli archivi di artisti. Un archivio di un artista morto da decenni e del quale già è uscito un catalogo generale, per esempio, che promuove 50 o 100 opere in un anno, non dovrebbe essere credibile per semplici considerazioni statistiche. Gli archivi dovrebbero per legge essere tutelati ma al contempo essere tenuti a dare alle stampe, in un arco temporale definito, il repertorio delle opere archiviate in quel periodo. Statistica, semplice statistica.

Il prossimo ottobre si aprirà alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma una grande mostra sul Futurismo, voluta dal ministro Sangiuliano e curata da Gabriele Simongini assieme ad Alberto Dambruoso.
È un’opportunità bellissima che si offre al Paese, che vede in prima linea un ottimo professionista come Gabriele Simongini, dotato di grande onestà intellettuale e di rara armonia interiore. Mi auguro molto che il risultato possa essere un successo a livello internazionale, anziché rappresentare un’opportunità di strascichi polemici inutili e pericolosi per l’immagine dell’Italia nel mondo.

Leggi anche:
Il mercato del Futurismo: un interesse storico, non politico 
Futurismo: le opinioni degli esperti | Giovanni Lista 
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Fabrizio Russo

Guglielmo Gigliotti, 11 marzo 2024 | © Riproduzione riservata

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