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«Balilla» (1934), di Renato Di Bosso (particolare). Venduto a 125mila euro, record per l’artista, da una stima di 8-12mila, nel maggio 2022 dalla casa d’aste Il Ponte. Cortesia Il Ponte Casa d’Aste

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«Balilla» (1934), di Renato Di Bosso (particolare). Venduto a 125mila euro, record per l’artista, da una stima di 8-12mila, nel maggio 2022 dalla casa d’aste Il Ponte. Cortesia Il Ponte Casa d’Aste

Il mercato del Futurismo: un interesse storico, non politico

INCHIESTA SUL FUTURISMO 2. | Cresce il mercato non solo per Balla, Boccioni e Severini, ma anche per figure meno note e per la seconda generazione come Prampolini, Fillia e Crali. Anche all’estero è apprezzata l’aeropittura, mentre su Sironi (non solo futurista) pesa ancora lo stigma del fascismo e il timore dei falsi

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Elena Correggia

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Tutti pazzi per il Futurismo. Lungo la Penisola, e non solo, si stanno moltiplicando da mesi le mostre dedicate a questa avanguardia e i suoi esponenti compaiono ripetutamente nelle fiere di settore, mentre nelle aste si registrano ottime vendite, anche per figure fino a oggi di comprimari o del Secondo Futurismo. Ma quali le ragioni più profonde di questo revival? «Non si tratta di una moda ma è in atto una valorizzazione della storia della pittura italiana fra le due guerre mondiali, in linea anche con un ritorno dell’apprezzamento generale per il linguaggio figurativo, afferma Enzo Savoia, titolare della galleria Bottegantica di Milano. Se già più di 15 anni fa Balla fece da apripista, seguito ad esempio da Boccioni e Severini, ora i musei internazionali stanno riscoprendo ulteriori tasselli della storia dell’arte italiana fra gli anni Venti e gli anni Quaranta del secolo scorso e acquistano anche la seconda generazione di futuristi come Prampolini, Fillia e Crali, solo per citarne alcuni».
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Fino al 2 dicembre Bottegantica ha presentato una mostra sull’aeropittura futurista, con una trentina di lavori fra pitture e sculture, quasi tutte presentate alle esposizioni ufficiali del periodo, le Biennali di Venezia (1926-42) e le Quadriennali di Roma (1931-43). «I riscontri che abbiamo ottenuto negli ultimi 4-5 anni per il Futurismo alle fiere internazionali sono molto buoni, continua Savoia. Abbiamo venduto opere a istituzioni come il Dallas Museum of Art, il museo olandese Kröller-Müller è stato nostro cliente per un Balla e nel marzo scorso al Tefaf di Maastricht abbiamo venduto una grande tela di Prampolini a una fondazione belga».

Secondo il gallerista i collezionisti amano le sperimentazioni compiute da questi artisti su velocità e dinamismo, e per l’aeropittura c’è interesse non solo alle visioni più realistiche ma anche a quelle dove emerge una significativa componente fantastica. «Fra chi ha visitato la mostra in galleria nessuno ha storto il naso per il fatto che fossero rappresentati anche soggetti bellici e tematiche coloniali: è finito l’accostamento fra questi artisti e l’epoca in cui hanno vissuto. Non ho mai avuto collezionisti nostalgici di quel periodo, ma chi cerca i futuristi ne riconosce la portata artistica innovativa. Peraltro l’aeropittura ha ancora prezzi abbordabili, con valori intorno ai 40-50mila euro per tele significative per il pregio artistico e per le dimensioni, ma si può partire anche solo da 10-20mila per lavori completi su carta, molto ben documentati», conclude Savoia.
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La crescita d’interesse per il Futurismo da parte del mercato trova conferma anche in asta e non solo per le personalità più note del movimento. A titolo di esempio, una rara scultura in legno dipinto di Renato Di Bosso, «Balilla» del 1934, è stata acquistata da una fondazione inglese per 125mila euro, decuplicando la stima iniziale di 8-12mila, un record per l’artista registrato dalla casa d’aste milanese Il Ponte nel maggio 2022. «Senza dubbio si sta verificando uno sdoganamento per questi artisti che hanno vissuto negli anni del regime fascista, anche perché quello che si acquista è un’opera d’arte, non certo un manifesto politico, commenta Freddy Battino, capodipartimento di arte moderna e contemporanea di Il Ponte. Negli ultimi anni abbiamo visto la partecipazione crescente alle nostre aste di gallerie straniere che comprano opere futuriste e anche quelle divisioniste, attratte dall’importanza storica e dalla qualità delle nostre proposte. Seguono a ruota gli acquirenti italiani e fra i collezionisti ci sono anche banche e fondi di investimento. Da tre anni offriamo l’Aeropittura con buoni risultati, non ci sono ritrosie sui soggetti raffigurati: anche un aviatore in volo durante una battaglia, se l’opera possiede il giusto pedigree, può diventare un oggetto del desiderio. In generale non mi piace parlare infatti di nomi giusti, bensì di opere giuste. Come per tutti i generi in ascesa anche per il Futurismo prospera un mercato dei falsi, consiglio sempre di puntare sui lavori di grande rilevanza storica, con un’ottima provenienza, importanti pubblicazioni ed esposizioni alle spalle».
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Un futurista che successivamente si è distaccato dal movimento di Marinetti per attraversare diverse esperienze artistiche è stato Mario Sironi, dalla Metafisica a Novecento per approdare poi al titanismo della pittura murale amata dal regime. «Sironi non ha un mercato internazionale perché su di lui pesa ancora lo stigma del fascismo, benché non abbia mai disegnato da illustratore vignette antisemite e la sua grandezza artistica fosse riconosciuta anche da artisti come Picasso, afferma Marco Fabio Apolloni, direttore con la moglie Monica Cardarelli delle gallerie Apolloni-del Laocoonte di Roma. Della sua produzione apprezzo molto quella grafica, le copertine, le illustrazioni pubblicitarie, ciò che racconta una storia in apparenza minore ma in realtà in grado di registrare i cambiamenti in corso nella società. Una vendita molto interessante per Sironi la feci già nel 2016, quando un ragazzino di 12 anni, figlio di colleghi galleristi, volle acquistare un bozzetto del manifesto di una mostra sulla rivoluzione fascista allestita al Palazzo delle Esposizioni per il decennale della marcia su Roma. Quel dodicenne non era certo un fascista, ma conosceva già bene la storia. D’altra parte anche il Ventennio, nel bene e nel male, ha fatto parte della nostra storia, non possiamo eliminarlo. Ma i fanatici del duce non collezionano Sironi, piuttosto vanno in cerca di memorabilia come aquile e gagliardetti o, al limite, si fanno abbindolare dai falsi Sironi, una produzione molto cospicua che ha condizionato il suo mercato fin dall’immediato dopoguerra».

Fra i soggetti più ricercati di Sironi ci sono le «periferie», non solo dipinti su tela ma anche tempere e disegni su carta, mentre il mercato si restringe maggiormente per le opere dall’esplicita valenza politica. L’8 novembre, ad esempio, da Pandolfini a Milano un «Paesaggio urbano» del 1920, realizzato a tempera, matita e collage su carta applicata su cartone, ha cambiato proprietario per oltre 90mila euro (da una valutazione iniziale di 25-40mila). Nello stesso incanto, in cui sono state esitate opere tutte provenienti da una storica collezione milanese, si è accesa una lunga gara per una sua rara «Composizione con manichino» del 1919 di chiara matrice metafisica, che è approdata a un’aggiudicazione per più di 132mila euro, polverizzando la stima pari a 3-5mila.

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Elena Correggia, 04 dicembre 2023 | © Riproduzione riservata

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