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Dopo 50 anni la «grande Brera»

Nel 2018 dovrebbe aprire Palazzo Citterio con le collezioni Jesi, Vitali e, speriamo, Jucker

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Il 2018 sarà, per Milano, l’«anno del ’900». A quasi cinquant’anni dalla formulazione del progetto della «grande Brera», il sogno dell’allora soprintendente Franco Russoli (cfr. articolo a p. 32) si avvererà: Palazzo Citterio aprirà i battenti, esponendo finalmente in modo adeguato le collezioni Jesi e Vitali, oggi sacrificate nei locali insufficienti del palazzo storico di Brera. Delle due, la prima, con opere cardine di Medardo Rosso, Boccioni, Severini, nuclei magnifici di Morandi, Carrà, De Pisis, e poi Sironi, Arturo Martini, Marini e Picasso, è a Brera dal 1977, quando fu donata da Emilio e Maria Jesi; la seconda, con i dipinti di Morandi, Fattori, Lega e il Modigliani (ma anche l’archeologia dell’Egitto protodinastico), è lì dal 2001, lasciata da Lamberto Vitali.
 
Ma, novità assoluta, a esse si aggiungerà la sezione della collezione di Gianni Mattioli notificata in blocco da Russoli nel 1973, con l’intento di esporla proprio a Palazzo Citterio: 26 capolavori delle avanguardie italiane, opera di Boccioni, Carrà, Russolo, Severini, Balla (nell’ordine in cui i cinque «padri fondatori» firmarono i manifesti pittorici del Futurismo del 1910), cui si aggiungono Depero e Sironi, i futuristi fiorentini Rosai e Soffici, e Giorgio Morandi, che di Mattioli era amico, con rarissime opere giovanili. Di Boccioni la collezione Mattioli conserva l’unico studio a olio della «Città che sale» (1910), «Materia» (1912) e «Dinamismo di un ciclista» (1913). Carrà figura con capolavori futuristi come «La Galleria di Milano» (1912) e il collage «Manifestazione interventista» (1914), e con il metafisico «L’amante dell’ingegnere» (1921). Russolo è presente con «Solidità della nebbia» (1912); Severini con «Ballerina blu» e Balla con «Linee andamentali+successioni dinamiche», tutte opere del 1912. 


La figlia del collezionista, Laura Mattioli (che nel 2013 ha aperto a New York il Cima-Center for Italian Modern Art) ha depositato per due anni le opere alla Pinacoteca di Brera, dopo averle ritirate dalla Guggenheim Collection di Venezia, dove sono state esposte dal 1997 al 2015. Ma il direttore James Bradburne spera di poter accostare a esse, per qualche tempo almeno, una parte dei 40 capolavori della collezione di Riccardo e Magda Jucker, ora nel Museo del Novecento ma, prima dell’acquisizione da parte del Comune di Milano nel 1992 (per 47 miliardi di lire), depositata in Pinacoteca perché anch’essa, allora, qui destinata. Il Comune di Milano aderirà al progetto «2018 anno ’900» e, come scrive Bradburne nella prefazione agli scritti di Russoli, «con un po’ di ottimismo e un pizzico di fortuna Palazzo Citterio aprirà nel 2018 con le collezioni Jesi, Vitali, Mattioli e con opere della collezione Jucker […]: gran parte della visione di Russoli di una “grande Brera” sarà finalmente fruibile».

Ada Masoero, 07 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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