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Di un catalogo ragionato dell’opera pittorica di Mario Schifano (Homs, Libia, 1934-Roma, 1998) c’era un gran bisogno: per fare ordine nella sua vastissima produzione; per mettere in chiaro che i soli arbitri della partita sono gli eredi (la moglie Monica De Bei Schifano e il figlio Marco Giuseppe) con l’Archivio a lui intitolato, ma anche per raccontare attraverso lo sguardo di uno studioso autorevole come Marco Meneguzzo e attraverso le immagini, pubbliche e private di quegli anni, la sua arte e la sua storia personale, insieme alla stagione culturale irripetibile che lo vide esordire a Roma. Infatti, con Monica De Bei Schifano, è Meneguzzo il curatore del volume in due tomi «Mario Schifano. Catalogo ragionato dell’opera pittorica 1960-1969» appena pubblicato da Skira, che sarà presentato per la prima volta a fine giugno nella Sala Fontana del Museo del Novecento.
Ce n’era un gran bisogno perché il volume giunge dopo il contenzioso che per quasi 15 anni ha opposto l’Archivio Mario Schifano e la Fondazione M.S. (all’inizio, spudoratamente, Fondazione Mario Schifano, poi, dopo un’azione legale durata tre anni, con il nome dell’artista occultato sotto le sole iniziali), promossa da Telemarket, la società di televendite presieduta da Giorgio Corbelli che ha chiuso le trasmissioni nel 2013. Furono loro in passato a pubblicare i cinque volumi (senza data) «Mario Schifano. Catalogo delle opere presso Fondazione M.S. Multistudio», in cui erano schedati ben 24 mila lavori dell’artista: «sono oltre 20 anni che, al fianco degli eredi dell’artista, faccio parte dell’Archivio Schifano e ben 15 di essi, si rammarica con «Il Giornale dell’Arte» Marco Meneguzzo, sono stati necessari per dirimere questa faccenda. Noi però, nel frattempo, da oltre 14 anni stavamo lavorando al catalogo ragionato degli anni 1960-1969, che ora è finalmente uscito con Skira».
Intanto, nel 2022 la Cassazione ha censurato la «Fondazione M.S.» per la pubblicazione dei cataloghi («in cui c’erano, tra l’altro, numerose opere davvero dubbie» puntualizza Meneguzzo), pur non potendo impedire loro di rilasciare autentiche, poiché in Italia, ci rammenta il curatore, «chiunque può rilasciarne, sebbene sia poi il mercato a fare la differenza: le grandi case d’asta, infatti, riconoscono solo le nostre». Con lui parliamo del catalogo appena uscito e del lavoro che l’ha accompagnato.
Professor Meneguzzo, quanti volumi prevede il vostro piano editoriale? E quando usciranno gli altri?
Ci siamo concentrati per il momento sui soli anni Sessanta perché quel decennio, che è il più alto del suo percorso, è anche il più «controllabile» nella produzione, l’unico che possa essere pubblicato su carta senza il rischio di vedere aggiungersi sempre nuove opere, il che lo renderebbe obsoleto in poco tempo. Ci stiamo ancora riflettendo, ma è probabile che il catalogo degli anni dal 1970 al 1998 uscirà solo online. Posso anticipare però che se oggi il volume degli anni Sessanta esce in italiano, in autunno uscirà anche l’edizione inglese.
Come l’avete articolato? E perché due tomi?
Due tomi perché uno, il più sottile, è il vero e proprio catalogo ragionato. Comprende 650 opere di Schifano di quel decennio: opere solo pittoriche, su tela o anche su carta, ma previste da lui per essere messe su tela. L’altro invece è uno spaccato di quel momento artistico, di quella Roma che era allora un crocevia di cultura internazionale, e della vita di Schifano. Qui, dopo l’introduzione di Monica De Bei Schifano, ci sono il mio testo sul ruolo centrale di Schifano nell’arte del dopoguerra e quello di Luca Massimo Barbero sugli anni Sessanta, seguiti dalle immagini delle sue opere, pubblicate in grandi dimensioni e affiancate dalle fotografie di Ugo Mulas che le riprendono quando ancora erano nello studio o dalle fotografie dei suoi compagni d’avventura di quegli anni: la compagna Anita Pallenberg, modella e attrice; l’amico pittore Tano Festa; la cantante e attrice Marianne Faithfull; il regista Jean-Luc Godard, e poi Alberto Moravia, Dacia Maraini, il poeta Sandro Penna e altre personalità della Roma magnifica di quegli anni, oltre a Warhol e al poeta Frank O’Hara, incontrati a New York. Perché Schifano è sì un artista romano ma non ha nulla a che vedere con la Roma macchiettistica e stereotipata di «er Monnezza» o, all’opposto, del «generone» (se mai, più tardi, ci saranno anche le principesse e le dive): la sua era la Roma capitale culturale internazionale, che attirava personalità da tutto il mondo. Ecco allora che ci imbattiamo in Mick Jagger che canticchia mentre Schifano lo fotografa o in Godard impegnato in una discussione con lui. In seguito si sarebbe chiuso in casa, ma sarebbe stata Roma ad andare nel suo studio, che era sempre aperto a tutti.
Nel Catalogo ragionato avete optato per un ordinamento cronologico delle opere?
Cronologico e tematico, per cicli che, del resto, nella sua produzione si susseguivano. Ci sono tutte le principali serie degli anni Sessanta, i «Monocromi» e gli «Esso» e i «Coca Cola», i «Paesaggi anemici» e il «Futurismo rivisitato», fino ai «Vero amore», «Tuttestelle», «Oasi» e «Compagni Compagni», accompagnate da «didascalie raccontate» (in tutto, un centinaio di cartelle scritte da Marco Meneguzzo, Ndr) e da sue dichiarazioni che chiariscono ragioni e retroscena di ogni opera presa in esame.
Un commento sul mercato di Schifano: nel 2022 passò da Sotheby’s a Parigi il suo grande dipinto «Tempo moderno», 1962. Spuntò 2,3 milioni di euro e segnò il picco, mai più raggiunto, delle sue quotazioni.
Si trattava di un capolavoro ed era appartenuto a Ileana Sonnabend, il che esercita un richiamo fortissimo sul mercato americano, che è assai meno sensibile al nome di collezionisti italiani anche importanti. Ma se il record non si è ripetuto è perché il mercato nel frattempo è sceso per tutti gli artisti: c’è una forte crisi, inutile negarlo.
Parlava delle opere dubbie presenti nel catalogo della «Fondazione M.S.». In Archivio ve ne arrivano tuttora molte?
Purtroppo c’è una casistica vastissima di opere non archiviabili, il che danneggia evidentemente le quotazioni, come è accaduto per esempio anche a De Pisis o Sironi. Tuttavia, come sempre accade, non si tratta di opere importanti ma di lavori di produzione corrente: in Archivio vediamo arrivare cose improponibili, in cui ormai riconosciamo persino la mano dei diversi falsari. Noi del resto possiamo fare confronti ravvicinati, vedere il vero accanto al falso, poiché tutto, qui, è informatizzato. Anche le sue firme lo sono: le abbiamo tutte, lungo i 40 anni del suo lavoro, il che rappresenta un’ulteriore garanzia, che solo l’Archivio Mario Schifano è in grado di offrire.
Mario Schifano. Catalogo ragionato dell’opera pittorica 1960-1969
a cura di Monica De Bei Schifano e Marco Meneguzzo, 2 tomi, cartonato con cofanetto, 928 pp., 1130 immagini a colori e in bianco e nero, Skira Editore, Milano 2025, € 350

La copertina del volume
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