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Come potrebbe crescere Miart

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Jenny Dogliani

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La partecipazione di gallerie straniere, il 44%, l’affluenza di oltre 45mila visitatori, l’offerta variegata di artisti italiani ed esteri moderni e contemporanei con opere (quasi esclusivamente dipinti e sculture) da mille a 5 milioni di euro e un bilancio di vendite concluse perlopiù nella fascia medio bassa, ma comunque soddisfacenti, hanno contrassegnato la 22ma edizione di Miart, svoltasi dal 31 marzo al 2 aprile.


«È una fiera di contenuto e di qualità, che lascia ben sperare per le prossime edizioni», spiegava il napoletano Alfonso Artiaco, contento delle vendite in uno stand con opere di Lawrence Weiner e Veronica Janssens da 15mila a 200mila euro. Anche Roman Plutschow, della Plutschow Gallery di Zurigo, era soddisfatto della fiera e degli affari, portati a termine con una monografica di Riccardo Beretta con lavori da mille a 45mila euro, e come lui si dichiarava la salernitana Paola Verrengia: «Ottima edizione, il livello è molto alto. Noi proponiamo opere di Mainolfi, Uncini e Gilardi da 15mila a 100mila euro.


Le vendite sono andate bene e Gilardi è stato il più richiesto». Insomma, «finalmente a Milano c’è la presenza di gallerie straniere importanti, soprattutto nel contemporaneo, utile a tutti perché porta dei clienti stranieri, dichiarava il milanese Matteo Lampertico. Abbiamo fatto qualche vendita sotto i centomila euro». Nel suo stand, opere di Burri, Birolli, Santomaso, Consagra e Leoncillo sino a oltre un milione di euro. Tra le gallerie straniere importanti c’era la parigina Lelong: «Abbiamo due stand, uno con Henri Michaux in dialogo con Riccardo Baruzzi della Galleria P420 di Bologna, l’altro con sei artiste donne, Rebecca Horn, Nancy Spero, Etel Adnan, Jane Hammond, Nalini Malani, con opere fino a 130mila euro vendute, però, solo sotto i 50mila euro, spiegava il direttore Patrice Contesin. La fiera è molto bella, speriamo di avere la possibilità di tornare».


Tuttavia, le prospettive cambiano quando la fiera, diretta da Alessandro Rabottini, viene commisurata alla scena internazionale. «Miart secondo me è la prima fiera in Italia, affermava Renato Cardi della Cardi Gallery. Purtroppo pare ci siano dei vincoli che impediscono una selezione adeguata per attirare ancora più gallerie internazionali. Ci vorrebbe maggiore attenzione alla qualità delle gallerie italiane. Ci sono stand con troppe opere, il che fa cadere l’interesse dei collezionisti. Se gli organizzatori desiderano che questa fiera si possa paragonare a quelle di Parigi, Colonia o Madrid, bisogna stare un po’ più attenti. Abbiamo venduto Kounellis, Canevari e Paolini ma non con quotazioni importanti».


E che calassero le vendite con il salire dei prezzi lo confermava anche Saverio Repetto della Repetto Gallery di Londra: «È la più bella fiera che ci sia in Italia, però deve crescere ancora un po’ per attrarre il collezionismo estero importante. Le vendite sono molto calme, pochissime e sulla fascia bassa, mancano i compratori stranieri delle Italian sales». Nello stand, opere di Kounellis, Calzolari, Anselmo, Paolini, Melotti, Merz e Zorio da 5mila a 500mila euro. La sezione «Emergent», riservata alle giovani gallerie, infine, non sembra invece aver convinto i compratori. Angels Miralda Tena della House of Egorn di Berlino, tra opere di Viven Zhang da 5mila a 13mila euro spiegava: «È un’ottima fiera, con buone gallerie e molti collezionisti, abbiamo avuto molti contatti ma direttamente in fiera non abbiamo venduto nulla».

Jenny Dogliani, 06 maggio 2017 | © Riproduzione riservata

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