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Una veduta dello spazio di Cloud Seven © Hugard & Vanoverschelde Photography

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Una veduta dello spazio di Cloud Seven © Hugard & Vanoverschelde Photography

Cloud Seven, incontriamoci senza pretese

Frédéric de Goldschmidt ha aperto un centro d'arte a Bruxelles, uno spazio «ibrido», al tempo stesso galleria d’arte, residenza per artisti, spazio di coworking e studio di registrazione

Luana De Micco

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L’indirizzo è il 7 quai du Commerce a Dansaert, ex zona portuale, ora quartiere della moda e del design della capitale belga. È qui, in un bell’edificio del 1820, ristrutturato negli ultimi cinque anni, che il collezionista francese Frédéric de Goldschmidt ha aperto il suo centro d’arte, Cloud Seven, uno spazio «ibrido», al tempo stesso galleria d’arte, residenza per artisti, spazio di coworking e studio di registrazione.

Cloud Seven, ha spiegato Goldschmidt, «vuole essere un luogo in cui pubblici diversi si possono incontrare in un’atmosfera solidale e per nulla pretenziosa per condividere le idee, stimolare gli scambi e sentirsi a casa». L’idea è di «creare un ponte tra l’arte e la vita e rendere l’arte più accessibile». Frédéric de Goldschmidt, 63 anni, viene da un’importante famiglia di banchieri tedeschi, imparentata con i Rothschild. È produttore cinematografico e televisivo e dal 2008 collezionista d’arte.

Ha più volte raccontato di aver cominciato ad acquistare opere d’arte dopo aver venduto un dipinto di Édouard Manet ereditato dalla nonna, grande collezionista e donatrice del Musée d’Orsay. Un quadro troppo prezioso per essere conservato. La collezione di Goldschmidt è composta soprattutto di opere di artisti contemporanei internazionali, emergenti o già affermati, come Joël Andrianomearisoa, Tom Burr, Cabrita, Oscar Tuazon, Neïl Beloufa, Katinka Bock, oltre che Kader Attia, Shilpa Gupta, Claudio Parmiggiani, Tomás Saraceno, Anne Imhof.

Presenta anche opere di importanti artisti della metà del ’900, esponenti del Gruppo Zero, dell’Arte Povera, concettuale e minimalista. Vi figurano Duchamp, Lucio Fontana, Cy Twombly, Dadamaino, Jannis Kounellis, Sol LeWitt e 11 opere di Alighiero Boetti, per il quale Goldschmidt ha una vera passione. È del resto il titolo di un’opera di Boetti, «Inaspettatamente», del 1987, che ha dato il nome a una grande mostra (gratuita) che Goldschmidt ha organizzato lo scorso novembre per inaugurare il suo centro d’arte, prima dell’apertura ufficiale del Cloud Seven ora a marzo, e che si è chiusa a gennaio.

Sui sette piani del palazzo, 1.500 metri quadrati, sono state esposte circa 350 opere della sua vasta collezione. Il centro organizzerà regolarmente delle mostre temporanee con le opere attinte dalla collezione. Ma alcune sono presentate in modo permanente nei vari spazi del centro, tra cui, all’ingresso, un «wall text» di Lawrence Weiner, l’artista statunitense morto lo scorso dicembre, «The End of a Dream», la fontana a forma di wc di Laure Prouvost presentata alla Biennale di Venezia del 2019, allestita nella palestra, e un’installazione del tedesco Gregor Hildebrandt, che utilizza vinili e audiocassette come supporto delle sue opere.
 

Una veduta dello spazio di Cloud Seven © Hugard & Vanoverschelde Photography

Luana De Micco, 31 marzo 2022 | © Riproduzione riservata

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