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Stefano Luppi
Leggi i suoi articoli«L’industria è la maniera del XX secolo, è il suo modo di creare. Nel binomio arte e industria, l’arte è la specie, l’industria la condizione», scriveva Gio Ponti in relazione all’Exposition Internationale des Arts Décoratifs di Parigi del 1925, quando ottenne il Grand Prix per la ceramica. Pensiero particolarmente significativo, legato com’è al rapporto inscindibile tra mondo della produzione e creatività ai massimi livelli, in relazione alla nuova sezione permanente «Ceramiche popolari, design e rivestimenti, tra passato e futuro» del Mic, il Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza diretto da Claudia Casali.
Dal 22 maggio raccoglie oltre 200 preziosi oggetti, perlopiù provenienti dai depositi del Mic, di uso «quotidiano» perché legati, fin dall’antichità, a forme d’uso e a stili di vita in tutto il mondo. Le curatrici (oltre alla direttrice anche Valentina Mazzotti, Daniela Lotta, Federica Fanti e Elena Dal Prato) espongono pentole, piatti, anfore, tazze, servizi da tè e cioccolata, vasi, lucerne, salsiere, set da tavola, rivestimenti per pareti e pavimenti di molti grandi nomi del XX e XXI secolo, tra cui lo stesso Ponti, Enzo Mari, Ettore Sottsass, Alessandro Mendini, Alfonso Leoni, Patricia Urquiola, Christina Hamel, Simon Zsolt, Diego Dutto, FormaFantasma, Diego Grandi, Philippe Nigro. L’allestimento grafico è dello studio AzzoliniTinuper di Milano.
Servizio da tè di Guido Andlovitz, Società Ceramica Italiana, Laveno, 1941
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